Soliloqui.

Soliloqui di un guscio di Niente.


      Flusso di pensieri di una notte di dormiveglia.lunghe ore in attesa,lunghe ore solo nel buio...snervante scandire dei secondi,aspetto che il sonno mi porti via con seaspetto che l'uomo della sabbia si ricordidi spargere la sua polvere magica su di me...incubi ad occhi aperti,realtà e frammenti di sognimischiati insieme nella mente confusa.rimpianto,ricordo,disperazione,sudore freddo che non lascia scampo.maledico il giorno ed insulto la notte.la paura mi stringe il petto,mi offusca il pensiero,banchetta con l'anima e ne trae nuovo vigore.per colpire,ancora e ancora.aspetto il riposo ma egli non arriva..lunge giornate,uguali l'un l'altra..infinite angosce tradimenti continui epugnali nel cuore.aspetto che l'ora sia giunta aspetto che il tempo finisca..ma il tempo non vede e non vuole vedere,la rabbia e il dolore di un guscio di niente.pochi passi a dir giustomi separano dalla nuova morteil limbo è davvero, tra un piantoed un lamento,il solo che guarda a mecome suo servofedele,attento e ormai vinto.pochi passi a dir giustomi separano dalla nuova nascita.ma l'abisso è pesante,la forza che serve è altrove.talmente lontano che non mi appartiene.    speravo soltanto nella quietedel sonno, che mi portasse a riavere la fede.anch'essa latitante dall'alba dei tempi,rifiuta di tendere la mano al credente.quindi nel folto di questo trambusto, vedo le cosedel colore del sangue..versato da moltiversato da tutticoloro che aspirano adun'ultima morte.quella più viva, presentee costante, che arrivi sicura e plachi ogni dubbio.che serbi rancore per quello che è stato,che strazi la vita per chi non è mai stato.già molte volte la vita è scappata,già troppe volte beffarda,è tornata quasi a dire che l'unica legge che vige è la sua.per quanto mi affanni,per quanto mi abbatta,flebile è la mia voce in confrontoa quella di colui che è riuscito a gabbarla.in questo turbine di cose non miequante volte,ancora,dovrò morire per capire.aspetto nel lettodi nuovo l'oblioaspetto e non vedo niente per me. Daniele, una mattina di ottobre 2010