Kuzcotopia

MACHU PICCHU: LA MONTAGNA MISTERIOSA COMPIE 100 ANNI


La scoperta scientifica di Machu Picchu (“montagna vecchia” nell’antica lingua quechua), massima attrazione del Perù e “patrimonio dell’umanità” Unesco, sta per compiere un secolo: fu nel 1911 che lo statunitense Hiram Bingham, raccogliendo le indicazioni del peruviano Augustín Lizárraga, avviò in questo stupendo avamposto di Foresta Amazzonica, 192 km a nord di Cusco, nella parte meridionale del Paese, l’esplorazione della “città perduta degli Incas”.Se si può anticipare la celebrazione, è per buoni motivi: dopo la disastrosa piena dello scorso gennaio, in cui il fiume Urubamba aveva investito la ferrovia che conduce ad Aguas Calientes (base per le escursioni nel sito), la linea è stata almeno in parte ripristinata, e la meraviglia è di nuovo accessibile; il Perù inoltre, attraversa (pur fra cataclismi e mille problemi) una fase di sviluppo economico, e sta potenziando lo studio e la valorizzazione del suo immenso patrimonio culturale, con il contributo di altri Paesi, fra cui l’Italia.La società Inca è, nell’area delle Ande, quella che ha lasciato più tracce: si chiamava “Tahuantinsuyu” (civiltà del Sole) ed era governata da re detti anch’essi “Inca”, generati dal lago Titicaca, a sud del Paese. Il primo storicamente accertabile è Pachacutec (1438-1471), che ha la meglio sui nemici Chancas; Tupac (1471-1493) arriva a conquistare l’Ecuador; con Huayna Capac (1493-1527) si forma un impero di 5000 kmq e di 10 milioni di abitanti, con un’architettura e un’urbanistica evolute, una vasta rete di strade (anche se gli Incas non usano la ruota), un altissimo artigianato artistico (ceramica, ori, argenti), risorse minerarie e agricole (efficaci i sistemi di irrigazione, con cui si porta anche l’acqua dalle Ande all’arida fascia costiera). Ma Atahualpa, attestandosi a Cajamarca nel Nord, contenderà il potere al fratello Huarasc, insediato a Cuzco: nel 1533, fra errori, orrori, tradimenti, efferatezze soccomberà ai Conquistadores spagnoli di Francisco Pizarro. Dopo altri sussulti, l’ultimo Inca, Tupac Amaru, sarà sconfitto e ucciso nel 1572. I Conquistadores, con i loro cronisti, ci danno notizie su una società che era priva di scrittura: ma quella società fanno di tutto per annientarla, imponendo credenze, usi, architetture (anche se l’urbanistica “coloniale” non è priva di fascino: città dalla pianta a scacchiera, piazze, cattedrali). Machu Picchu sopravvive, nascosta nella foresta: solo la scoperta di inizio Novecento la sottrae all’oblio.La visita è stupefacente. Quando il bus che parte da Aguas Calientes ci scarica all’ingresso del sito, c’è da fare una prima serie di gradini (alla fine saranno 3000, a 2400 metri di altitudine…): ma d’improvviso, da un costone, appare la città, mirabilmente adattata a un ripido pendio che è sovrastato da alte montagne (il ghiacciaio di Salkantay è a 6271 metri) e che a sua volta si affaccia sulle anse dell’Urubamba. Si visitano un settore agricolo, costituito da grandi gradoni terrazzati (terra coltivabile “conquistata” alle Ande), e un settore urbano, fortificato, con un impianto a “U” che lascia al centro una piazza aperta e si dispone, dall’alto in basso, con due serie di edifici costruiti in blocchi poderosi e accuratamente squadrati, spesso dotati di finestre trapezoidali. Il Tempio del Sole (“El Torreon”), la Grande Meridiana, la Tomba Reale, il Tempio del Condor… Per una volta l’archeologo non approfondisce interpretazioni e ipotesi, si gode la pura bellezza. Segnala solo che sono stati trovati scheletri in prevalenza femminili: si è parlato di “dimora delle vergini del Sole”, una specie di grande convento femminile sull’antico “Cammino Inca”, impervia strada d’altura.Questa città, che doveva contenere circa 1000 abitanti, è solo un esempio della enorme varietà delle scelte architettoniche adottate. Sachsayhuaman è un enorme tempio presso Cusco, su tre livelli chiusi da possenti mura costruite in grandi blocchi anche più perfetti di quelli di Machu Picchu: irregolari ma perfettamente combacianti gli uni con gli altri. Non dissimile la tecnica edilizia adottata a Ollantaytambo, fortezza, o forse meglio città-alloggio, che domina la Valle Sacra degli Incas: fontane, gradoni lungo un ripido pendio, “adoratorio” sulla sommità.Impressionanti, nella stessa Valle, i grandi terrazzamenti concentrici di Moray, certo destinati ad uso agricolo, ma forse non privi di qualche implicazione misteriosa o magica. A Cantayo troviamo acquedotti sotterranei con grandi pozzi per la manutenzione. A Raqchi è il “Partenone delle Americhe”, un grande edificio a quattro navate dedicato al dio Wiracocha: resta il muraglione centrale in mattoni crudi. Accanto erano un quartiere destinato alle “donne prescelte” (fabbricavano vasi e tessuti) e una serie di magazzini a pianta circolare.Già prima degli Incas, altre civiltà andine avevano avuto grande sviluppo: ricordiamo quelle di Caral, di Chavín, di Paracas, di Nazca e soprattutto, a nord-ovest, quella dei Moche (o Mochica) e di Chimù. I Moche ebbero monarchi ricchi e potenti fa 200 a.C. e 600 d.C.; il regno di Chimù ne raccolse l’eredità, trasmettendola infine agli Incas. Proprio sui centri principali di queste civiltà si sta lavorando con progetti internazionali: Huaca del Sole e della Luna, Huaca di Cao, Sipan, Chan Chan.( http://www.rivistasitiunesco.it )