L'ISOLA CHE C'E

Prodi non ha perso il Governo perchè non l'ha mai avuto!


La politica mostra il suo vero volto nei momenti cruciali. È innanzitutto battaglia per il potere, sfida infernale, mors tua vita mea. Da noi è diventata anche un’altra cosa, ancor meno nobile: fronte anti- Berlusconi contro fronte anti-comunisti. Una guerra in negativo, con i due eserciti che hanno bisogno l’uno dell’altro, se no si perdono. È questa l’incredibile ma verissima spiegazione del harakiri che abbiamo visto negli ultimi giorni. Già, perché la maggioranza che sosteneva il governo Prodi ha fatto tutto da sola. Meno di due mesi fa l’opposizione era in frantumi, dopo il fallimento della spallata promessa da Berlusconi, l’attacco al Cavaliere di Fini e l’annuncio della nascita del nuovo partito berlusconiano, sulle macerie della Casa delle Libertà. Ecco, il centrosinistra è riuscito a essere più debole di un’opposizione a pezzi, crollando sulle proprie contraddizioni originali. Non per caso: lasciati a loro stessi, senza la mobilitazione continua contro l’assedio del solito Berlusconi, gli alleati hanno cominciato una volta di più a scannarsi. A conferma del dato più sconsolante di questa stagione: che a tenere insieme le varie anime della coalizione non c’era un comune disegno riformatore, o comunque di buon overno. No, c’era soprattutto l’antiberlusconismo. Peggio: per la seconda volta, dieci anni dopo, i partiti del centrosinistra si sono comportati come se il pericolo della destra fosse stato definitivamente scongiurato col successo elettorale. Insom ma, come se la storia avesse cominciato a girare per il verso giusto, e l’anomalia cancellata. Come se un nuovo ritorno del Cavaliere fosse impossibile. Infatti, subito dopo aver vinto le elezioni con soli 24 mila voti di vantaggio, si sono spartiti tutte le cariche istituzionali, perché tanto con «gli altri» non c’era più da dialogare… E, come fa chi crede di essere al riparo da ogni sconfitta, hanno cominciato a litigare in pubblico, insomma a segare, ciascuno con i propri attrezzi, l’albero su cui tutti avevano trovato posto. Il governo balbettava, i ministri si delegittimavano l’un l’altro, l’impopolarità cresceva. Ma loro se ne fregavano, o quasi: i sondaggi? Colpa di Berlusconi! Le critiche dei giornali? Sono tutti in mano a Berlusconi! La debolezza al Senato? Colpa della legge elettorale, trappola di Berlusconi! Il tempo si incaricherà di darci ragione, dicevano tutti, un minuto dopo l’ennesima lite. Così per un anno e mezzo. Prodi serafico sorrideva… e che altro poteva fare? Nonostante le primarie, e tutte le rassicurazioni, aveva capito di non essere neanche stavolta il capo della coalizione, ma solo il mediatore tra gli azionisti del centrosinistra. Su tutti i problemi concreti le ricette erano le più disparate: per gli immigrati si andava dall’accoglienza indi scriminata all’espulsione di massa, per il conflitto di interessi dall’esproprio al non far nulla, per la riforma elettorale dal proporzionale puro al maggioritario assoluto; e così via. Quando poi è nato il Partito democratico, anche questo equilibrio autolesionistico e paralizzante è saltato. Veltroni, per il fatto stesso di aver assunto la guida del neonato partito, diventava il vero numero uno. Proponendo una legge elettorale in virtù della quale i partiti più grandi avrebbero potuto governare senza ricatti dei piccoli (questa la sostanza), mandava in fibrillazione tutti i cespugli. Annunciando che comunque il Pd si sarebbe presentato da solo alle prossime elezioni, metteva già in archivio il baraccone dell’Unione. Che puntualmente è esploso. Il resto è storia, e psicodramma, di questi giorni. Eppure l’idea guida di Veltroni – comunque la pensiate – riporta la politica al suo senso: aggregare solo quelli che davvero hanno idee in comune su come agire, su come cambiare, su come riformare il Paese. Un partito e n’alleanza che non rischino di cadere a ogni passo sotto il peso delle contraddizioni. Un’identità netta, delineata, frutto di un’elaborazione condivisa e non di un fronte di difesa. Insomma un movimento del quale si sappia che cosa farà al governo, se vincerà, e come farà l’opposizione, se perderà. Così da smitizzare anche l’avversario: non più un demone onnipotente, contro il quale è necessario mettere tutti insieme, come in un fronte contro l’invasore; ma semplicemente il portatore di un’altra idea di governo e di Italia. Una grande svolta? Un’illusione? Lo sapremo presto…Enrico MentanaNon amo molto Veltroni, ma questa analisi di Enrico Mentana, mi sembra molto corretta.