LA ROSA NERA

Post N° 30


Era libera finalmente, ma quando si avvicinò alla finestra si accorse con terrore che la finestra era chiusa con delle inferriate che non aveva notato; si rivolse allora alla porta che aprì lentamente. La casa era buia ma la luce che filtrava dall’esterno le permise di orientarsi abbastanza bene per poter trovare la porta d’uscita. Non sentì la presenza dell’uomo che si era mosso silenziosamente nell’oscurità e che l’afferrò da dietro mettendole una mano sulla bocca. Simona fu aggredita dal terrore e cercò di urlare e divincolarsi, ma l’uomo era troppo forte e per quanti sforzi facesse dovette soccombere; improvvisamente si accese una luce e comparve il capo della banda che fissandola con sguardo truce pronunciò una frase accompagnata da un gesto della testa. Subito venne riportata nella stanza, ma questa volta invece di legarla con una corda, le legarono le mani dietro la schiena con un paio di manette, venne imbavagliata, e le caviglie le vennero legate con la stessa stoffa con cui erano state legate in precedenza; adesso si trovava in una posizione peggiore della precedente “dalla padella nella brace, come mi libererò dalle manette?”pensò. Passò così la notte ed il giorno successivo sempre sotto controllo di uno degli uomini che ogni ora andava a controllare se i polsi e le caviglie fossero ben legati e a darle un sorso d’acqua o farle mangiare qualche cosa senza mai liberarla del tutto La ragazza perse ogni speranza di essere liberata quando fu riportata nello stesso capannone dove era stata rapita; venne tenuta sullo stesso lercio materasso sul soppalco “sempre peggio” pensò; le manette cominciavano a farle male ai polsi così come i lacci alle caviglie, ma aveva cominciato ad abituarsi al bavaglio che a forza di essere tolto e rimesso si era molto assottigliato permettendole di serrare le labbra; la lunga prigionia le aveva fornito una certa “esperienza” sulla posizione meno stressante da mantenere, e cioè a pancia sotto. Tale posizione le permetteva di muovere leggermente i polsi legati e di sollevare le gambe anch’esse legate per non fare intorpidire troppo i muscoli ormai indolenziti.