LA ROSA NERA

Post N° 32


Il suo liberatore sussurrò qualche cosa; Simona sussultò quando una forte esplosione seguita da urla concitate ruppe il relativo silenzio della sua prigione; guardando in direzione della scala vide che il suo “amico” non c’era più e notò degli intensi lampi seguiti da forti esplosioni ed il susseguirsi di molti colpi attutiti. Tutto finì all’improvviso, come era cominciato, dopo circa un minuto, ma continuava a sentire almeno 10 voci che scandivano urlando la parola “LIBERO”. Poi si accesero le luci; Simona ebbe difficoltà a tenere gli occhi, ormai abituati all’oscurità, aperti; nonostante ciò vide tornare quello che pensava essere il suo “amico”. Adesso che era tutto illuminato notava molti più particolari: era alto e atletico, indossava la mimetica e quello che assomigliava molto a quei giubbetti che indossano i pescatori ma con le tasche molto più ampie, aveva un’auricolare, un berretto di lana nera ed un fucile; notò che lo strano aggeggio che l’uomo aveva sugli occhi altro non era che una specie di piccolo cannocchiale “forse per vedere di notte” pensò. L’uomo le fu accanto in un baleno e le tolse subito il bavaglio: “tutto bene signorina?” disse; mentre le toglieva le manette usando un attrezzo che Simona non poteva vedere, l’uomo continuò “sono un incursore dell’esercito…..eravamo appostati da due giorni ad osservare questi trafficanti d’armi; aspettavamo l’arrivo del loro contatto quando abbiamo visto che l’avevano portata qui…..dove la tenevano prigioniera?” chiese; “prima qui e poi mi hanno trasferita in una casa che non saprei dire dove si trovasse” rispose Simona che cominciò a tremare leggermente “i miei rapitori?”. Mentre le slegava i piedi l’uomo rispose “sono di sotto, uno è ferito, hanno fatto poca resistenza per loro fortuna”; quando ebbe finito di slegare i piedi di Simona l’uomo l’aiutò ad alzarsi e, presala in braccio l’accompagnò al piano di sotto. La ragazza si guardò attorno: la stanza era ancora piena di fumo e di un’acre odore che non riuscì a riconoscere; c’erano una decina di uomini vestiti come il suo amico ma che indossavano dei passamontagna. Uno di essi era chino su uno dei suoi carcerieri che ferito riceveva le prime cure. Gli altri appartenenti alla banda erano distesi per terra ammanettati “adesso tocca a voi “ pensò. Chiese al suo liberatore di poter camminare, e per prima cosa recuperò la sua borsa che vide su una cassa; arrivarono dei paramedici che cominciarono a prendersi cura di lei cominciando ad interessarsi della pelle che si era gonfiata leggermente in corrispondenza delle legature…………..per tutto il periodo Simona non smise di tremare e di ringraziare il suo liberatore che non la lasciò sola neanche per un istante. Il ritorno a casa di Simona fu trionfale; c’erano tutti, il suo fidanzato, i suoi genitori e tutti i suoi amici che non avevano smesso per un secondo di cercarla. L’avevano cercata nei luoghi sbagliati; infatti i trafficanti, avendo scoperto la sua macchina l’avevano parcheggiata in un luogo molto lontano rispetto al capannone dove la tenevano prigioniera. I giorni successivi si susseguirono con visite di conoscenti che continuavano a chiedere le stesse cose :”come ti hanno trattata”, “hai avuto paura”, ecc. Simona continuava a pensare alla sua avventura e non riusciva a liberarsi di una certa sensazione di disagio, aveva si fatto lo scoop della sua vita, ma non si sentiva completamente a posto con se stessa. Si stupì molto quando rivelò alla sua migliore amica di quanto eccitante fosse stato essere tenuta segregata, legata e imbavagliata in balia di pericolosi trafficanti d’armi, che comunque non l’avevano trattata male, e di come l’adrenalina l’avesse pervasa. Ma Simona si stupì ancora di più quando, dopo un po’ di tempo, chiese al suo ragazzo di comperare un paio di manette…………………..FINE