VIPERA AEMME

VIPERA AEMME - LA LEALTA' DI UN IMPEGNO


  ALGA MADIA Un mio caro amico ha fatto per tanti anni l’inviato di guerra per il Tg1 e da questo suo lavoro ne ha tratto pure un bel libro, di episodi e storie che hanno segnato questa sua lunga esperienza. Ha sempre rivendicato l’importanza per un inviato di essere sul posto, in prima linea, embedded (ingaggiato dal Pentagono e aggregato alle unità militari nel conflitto in Iraq), come si dice in gergo militare. “La guerra puzza, ti sporca, ti costringe alla freddezza pure quando hai una paura fottuta”mi disse un giorno. Lui era là, in Afghanistan, nella striscia di Gaza, a Bassora in Iraq. Affascinante come può affascinare un uomo che sfida il mondo perché vive per la passione del suo lavoro e racconta quello che i suoi occhi vedono. Spesso mi ha raccontato di colleghi che mandavano il loro bel servizio, ben confezionato, a Roma senza essersi mai spostati dall’albergo in cui erano ospiti. Ecco, questa è la differenza. Chi rischia la vita e rinuncia alle comodità per onestà intellettuale e chi “finge” di fare lo stesso mestiere rimanendo comodamente seduto sulle poltrone di una confortevole hall. Chi và, racconta ciò che vede, ciò che sente, che percepisce e chi invece raccoglie notizie, più o meno vere, come può, raccontando una verità diversa da quella reale, perché i suoi occhi non l’hanno incontrata. Mi capita a volte di trovare delle discordanze con alcune cose che leggo o che sento in televisione o che raccontano i nostri politici, per cui è facile capire l’approssimazione di quello che affermano. Fatti diversi dalla realtà che spesso sono palesi. Chi scrive, ad esempio,  spesso non era sul posto, non ha visto, non ha sentito, non ha guardato, però in qualche maniera ha avuto l’ardire di raccontare un fatto - non un’opinione - come fosse una favola. Andare in fabbrica tra gli operai se si vuole diventare un grande manager; fare il turista, con tanto di pinne, fucile ed occhiali, se si vogliono capire le esigenze e le mancanze di una città “turistica”. Come fa ogni tanto Re Abdullah di Giordania, che si traveste da comune cittadino, con tanto di kefiah in testa per non essere riconosciuto e si informa di cosa pensano i suoi sudditi del suo stesso operato, del suo modo di governare. Solo così si può avere il termometro della situazione e ciascuno farà sicuramente meglio il suo lavoro. Amministrare la propria città e poi non viverla insieme ai cittadini tutti i giorni ha già sapore di fallimento, di una politica disattenta e strafottente, di cui noi non sentiamo ulteriore bisogno;  raccontare di ipotetici viaggi, piuttosto che della sagra della polenta offre la possibilità di leggere qualsiasi avvenimento con una propria interpretazione ma obbliga a descrivere con lealtà i fatti oggettivi che si affermano. Piove se piove. Ambiente triste e desolato, ma solo se lo è. Altrimenti è un bluff, una mancanza vera di rispetto per chi sarà il destinatario di quel raccontare, di chi crede perché non ha altri mezzi per sincerarsi di quanto, politici, scrittori, amministratori, vanno demagogicamente e falsamente affermando. chevipera@libero.it