VIPERA AEMME

VIPERA AEMME - GRAFFITI FUORILEGGE


“Quando un muro racconta una storia”. Tempo fa intitolai così la recensione del libro di Kouloubis Panagiote, Graffiti, che parla della storia di due ragazzi –writers – di quelli che amano manifestare la loro arte, ma anche il loro pensiero, il loro silenzioso urlo di protesta, attraverso dipinti sui muri. MoltI sono gli scarabocchi, veri e propri scempi di imbrattatori, che sporcano per il solo gusto di farlo. Altri – i writers, appunto – sono talvolta grandi  artisti. E’ di questi giorni la notizia di una sentenza del Tribunale di Milano su un giovanemolto noto fra i writers della “Street Art”. Daniele Bros Nicolosi ha 29 anni ed era accusato di aver imbrattato diversi muri della città (carcere di San Vittore ed una pensilina della metropolitana). L’accusa era di avere illecitamente “disegnato” su muri di cui non era proprietario, per cui non aveva né chiesto, tantomeno avuto il permesso di dipingere. Perché la discussione sta proprio qua, fra la questione culturale e quella giuridica: imporre la propria arte, sia pure la più sublime, pitturando su pareti di rilevanza storica, ma anche  solo di proprietà di privati che per la loro casa preferirebbero magari una “tinta unita”, è reato. Così com’era reato per i due protagonisti di “Writers” che furono condannati entrambi, nel romanzo, per lo stesso motivo e si erano trovati a condividere la stessa cella per l’espiazione di questo reato, appunto. Gli artisti, per definizione, sono un po’ anarchici, nel senso che osano accostamenti, colori e tecniche più svariati e particolari che noi non saremmo neanche in grado di immaginare. Anche loro osano, ma lo fanno in maniera diversa rischiando tutte le volte che di notte, armati di bombolette spray e fantasia, vanno a raccontare una storia su un muro qualsiasi, riuscendo a rappresentare con la vernice anche le più minute sensazioni. Sono sempre stata dalla parte dei ragazzi, delle rivoluzioni culturali che la storia ci ha lasciato in eredità, dalla parte di chi ha qualcosa da dire e sa farlo non con la violenza, ma addirittura sotto forma di arte. Ma questi ragazzi esagerano spesso annullando la loro bravura, vanificando le loro capacità artistiche per lasciare posto ad un reato. Rischiano senza considerare che questa passione potrebbero tramutarla in un lavoro lecito, apprezzato e retribuito, cercando i permessi che li renderebbero artisti a tutti gli effetti e non delinquenti comuni. Dura lex sed lex, e lo è anche se fosse la più superlativa forma d’ arte.chevipera@libero.it