VIPERA AEMME

LA VIPERA - HO PERSO LE PAROLE


di Alga MadìaNiente è inutile e niente passerà invano. Fellini ne “La strada” dava importanza ad un sasso, un semplice sasso apparentemente inutile, che però immaginava avesse un senso, una logica se stava lì dove stava. La nostra esperienza di vita si compone di tutti i colori, dal bianco al nero passando per i pastelli più delicati: celeste, glicine, rosa, grigio, senza però dimenticare quelli forti, decisi che non lasciano dubbi sulla loro definizione che è sempre netta: rosso, marrone, verde scuro, blu. Non guardiamo mai indietro soprattutto quando il passato è pieno di errori che avremmo volentieri evitato di commettere, ma la nostra vita si compone anche di quelli:  prende e a volte ruba, per essere vera, anche da quegli errori. Si costruisce con la bellezza che abbiamo incontrato, coi colori, le sfumature impercettibili che i nostri occhi sono stati capaci di vedere; si arricchisce della grazia che, osando, siamo riusciti a toccare con le mani, con le dita, coi polpastrelli, si arricchisce del piacere, delle emozioni. Anche quanto ci sarà parso “errore”, che avremmo potuto e forse dovuto evitare, darà completezza al nostro pensare che inevitabilmente, proprio come l’apparente inutile sasso, si sarà forgiato tenendo conto pure di quello. Ci sentiremo gratificati da quei superlativi – bellissimo, grandissimo, bravissimo, che tanto non ci piacevano – e  li accoglieremo sorridendo; prenderemo le difese di un pensiero che abbiamo da sempre considerato lontano da noi, utilizzeremo, non volendo, espressioni di altri senza neanche virgolettarle, perché le sentiamo talmente nostre e perché nel nostro modo di essere si sono piazzate, col loro significato, rendendoci pure un po’. . . romantici? Calpesteremo quello che non serve più. La vita, il nostro modo di viverla si andrà plasmando tutti i giorni, trattenendo con se tutte le parole, senza mai rilasciarle. Io “ho perso le parole” – diceva Ligabue – ma sono sicura che qualcun altro le aveva già lette ed ascoltate e se ne era stupito, emozionato; le avrà trovate casualmente nella memoria, raccolte in maniera indifferente, ma poi le avrà utilizzate con cura, riuscendo a sua volta ad emozionare. Così il nostro “essere” è un canestro ricco di frutta – come quello famosissimo del Caravaggio -  tanta frutta pure quella che ci piace meno, che non ci piace affatto. Ogni frutto un’esperienza, un viso, e tante parole. Senza accorgercene affonderemo dentro quel canestro la mano e non ci stupirà, quale frutto ci scopriremo a mangiare di gusto, né di quando a nostra volta lo offriremo ad altri.chevipera@libero.it