I colori del NERO
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E a ricevere il diniego è stato il ministro della pubblica istruzione delle Fiandre. “Avere più partner è una prerogativa dei gay, e questo è un comportamento a rischio”, secondo il ministro socialista della Salute
Al nuovo ministro della Pubblica Istruzione delle Fiandre, il socialista Pascal Smet, è stata negata la possibilità di donare il sangue. A far scattare il divieto non sarebbe stata, però, una particolare patologia o un’incompatibilità dovuta all’uso di sostanze stupefacenti o all’alcolismo, bensì il solo e semplice fatto di essere omosessuale: avrebbe dichiarato di esserlo in una recente intervista ad una rivista olandese. Strani scherzi del destino: addirittura quando l’ala fiamminga della Croce Rossa in Belgio questa estate aveva lanciato una campagna di sponsorizzazione per aumentare il numero dei donatori di sangue, Smet non si era affatto sottratto e aveva deciso di parteciparvi in prima persona, impegnandosi a sollecitare tutti gli insegnati a seguirlo nel gesto. Come giustificano ora la scelta di impedirgli la donazione? Il Ministro della Salute, il socialista francofono Laurette Onkelinx, ha fatto sapere in un intervento alla radio che “le pratiche a rischio, come il fatto di avere più partner, creano problemi”, e che tali pratiche sono molto più diffuse nella comunità gay che nella popolazione eterosessuale. Dichiarazioni poco convincenti che, tra l’altro, non poggiano su alcun fondamento scientifico.
E IN ITALIA? – In Italia si discute proprio in questo periodo dell’eventualità di introdurre il reato di omofobia. In seguito ai recenti fatti di cronaca, la proposta di legge sul tema, targata Pd, di cui è prima firmataria Paola Concia, già in corso d’esame in commissione, ha ripreso quota ed ha ricevuto l’approvazione del ministro Mara Carfagna: “La linea del governo e del ministero è di prevedere delle aggravanti per reati con finalità di discriminare la vittima per l’orientamento sessuale”. Ma, che il legislatore lo faccia o meno, può anche rivelarsi irrilevante. La vicenda di cui sopra ci invita a riflettere: non è detto che basti qualche piccola seppur inequivocabile norma del codice penale per arginare una pericolosa tendenza, figlia del populismo, di cui spesso sono gli autorevoli sponsor seduti sui gradini più alti della piramide politica ad i maggiori responsabili, e con loro i media. Se la deriva omofobica giunge dagli uomini alla guida di un paese o dai personaggi più in vista, diventa molto impegnativo prendersela poi con le teste matte che comincerebbero a mettere a segno gravissimi episodi di violenza ingiustificata. A quel punto potrebbe non trattarsi più di un fenomeno di nicchia che interessa pochi scalmanati in cerca di un qualsiasi irragionevole ideale che possa dare un senso ad insignificanti e noiose giornate. Ben vengano i nuovi provvedimenti, quindi, ma la storia del Belgio non vada dimenticata. E ripetuta
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