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Una (mia) storia di vita vera...

 

...Cera una volta....

Bhè, magari non proprio così distante nel tempo, ma quando avevo qualche annetto di meno, e ancora non era nata la Lella che vive in me, io di travestitismo, di transgenderismo, non ne sapevo proprio nulla.

Tant'è vero che per me una persona travestita, o trans, erano la stessa medesima cosa, solo con termini differenti e valeva la regola fissa Trav (o Trans) = Gay. Dove per me il termine "gay" era assolutamente un termine per un qualcosa di sporco, di degenere etc etc....

Poi un giorno bazzicando in internet senza uno scopo ben preciso, mi ritrovai su un sito ove cera un messaggio di una "donna" molto carina che cercava amicizia.
Quasi senza intendere e volere, le risposi.

Dopo qualche giorno era nata una buona corrispondenza tra noi.
Fu lei ad invitarmi a trovarmi un nome femminile in quanto aveva inteso che cera in me questa voglia latente. 
Lei lo aveva capito, io no!

Così mi suggerì un sito, ove avrei potuto trovare tante altre persone come me.

Quindi io cominciavo a pensare di non essere l'unica persona al mondo ad essere "malata" di questa strana malattia...

Ovviamente, iniziai subito a leggere delle varie imprese delle future amiche in bacheca, ma io ancora non capivo esattamente.

Nel frattempo, cominciavo a passare sempre più tempo nel cercare di capirci qualcosa di me, la mia morosa aveva notato un certo "distacco" o quantomeno una mia "assenza".

Così cercando di capirci qualcosa, ed avendo paura che mi fossi infatuata di qualche altra donna, cercò di trovare degli indizi nel mio pc, nella mia posta....

Qualche sera dopo, mi arriva un suo messaggio che mi chiede letteralmente se stavo diventando gay, e la mia prima risposta fu un semplice "non lo sò, non ne ho la minima idea".

In effetti non lo sapevo, cercavo anch'io di capirci qualcosa.
Anche se l'idea di vedermi con un uomo accanto non mi affascinava di sicuro, ma non ci capivo più niente, anche per me, come per lei, un uomo che si traveste era (e quì devo ringraziare solo l'ignoranza della società) per forza di cose, un gay!

Poco dopo, leggendo e rileggendo, incominciai a capire che poteva esistere anche uno che si traveste senza essere gay.

Da lì, iniziai a crederci e mi ponevo questo dubbio: "Ma allora anch'io potrei essere uno che si traveste senza essere necessariamente un gay" per'altro senza aver quasi mai (a mia memoria fino ad allora) fatto un vero travestimento.

Nel frattempo cercavo di spiegare via sms alla mia lei, che forse non ero gay, ma semplicemente che probabilmente mi piaceva il travestimento fine a se stesso, cioè senza altri secondi fini.

Incredula, lei, non mi parlò più per qualche giorno, fino a che (quasi per sfida) mi arriva un suo messaggio che mi annuncia che sarebbe venuta da me con dei suoi vestiti e che me li voleva vedere indossati.

E sì, proprio una bella sfida, così facendo avrebbe capito se ero in grado di indossarli e vedere nei miei occhi se ero o no a mio agio.
Certo che se non mi vedeva a mio agio, sicuramente le stavo nascondendo qualcosa... A... la gelosia...!!!

Ecco che venne il giorno suddetto, e lei mi portò ciò che aveva promesso.

Io quasi speravo che se ne fosse dimenticata ma macchè...........!!

Ok, mi dissi e così mentre me lo dicevo, in men che non si dica, avevo già indossato la maglietta e la gonna che portò.
Lo feci così rapidamente e senza difficoltà, che ne rimasi stupita anch'io!

Lei rimase senza parole, poi dopo un pò di silenzio, accentuò la sua sfida dicendomi che ora DOVEVO provare ad uscire così combinata!

E' ovvio che lei sperava che non ne avessi il coraggio o quantomeno che dopo l'uscita, me ne fossi così vergognata che sarei tornata subito sui miei passi!

Invece, purtroppo per lei, la cosa mi piacque anche troppo...

Agli inizi delle mie uscite, lei mi aiutava nella scelta dei vestiti, ma non mi seguiva perchè era convinta di non trovarsi a suo agio in mezzo ad una manica di travestiti! Chissà che porcheria, diceva!

Poi a forza di sentirmi raccontare delle belle serate, delle belle persone conosciute, una sera finalmente decise di provare a seguirmi.

NON L'AVESSE MAI FATTO!

Ora è anche lei innamorata come me del mio gruppo, di queste bellissime persone! Tanto che spesso è proprio lei a chiedermi quando ci sarà la prossima uscita.

Anche nella nostra intimità, spesso c'è anche Lella, ma anche lei ha i suoi spazi, non sempre è compresa, ovviamente, per non turbare il nostro equilibrio.

Io son convinta che oramai la mia morosa ama Lella almeno quanto ama me. E questo mi sembra davvero bellissimo.

Scusate se sono stata logorroica, ma avevo piacere di raccontare questa mia strana esperienza.

Baci & Abbracci,

Lella

 
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La Storia dei Collant

Post n°13 pubblicato il 31 Gennaio 2015 da LellaB59
 

 

Storia dei Collant

16 settembre 2014 alle ore 19.51

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La storia dei collant

  • ScrittodaAdmin
  • Sabato, 06Ottobre 2012 19:36
  • 1

Per quanto incredibile possa sembrare i collant, percome li conosciamo adesso, hanno appena una cinquantina d'anni. Il primo paiouscì dalle linee di produzione della Glen Raven Mills nel 1959 ma per renderegiustizia a questo grandioso capo d'abbigliamento e capirne le origini bisognatornare indietro fino al 1938 quando si verificò un evento cruciale in mancanzadel quale i collant non potrebbero esistere. Questo eccezionale evento siverificò esattamente il 27 ottobre 1938, nel corso dell'ottavo Forum Annualeorganizzato a New York dall'Herald Tribune: in una conferenza stampa ilpresidente della du Pont de Nemours Inc. annunciò l'invenzione di una nuovafibra, la prima fibra sintetica al mondo, chiamata Nylon. Non èchiaro se per miopia o lungimiranza ma la du Pont decise di non registrare ilnome "nylon", sembra che sia stata una scelta strategica e infatti il terminesi diffuse rapidamente nel vocabolario quotidiano della gente. La conseguentediffusione delle calze di nylon si abbatté sulla femminile come una tempesta. Inseguito all'annuncio dell'invenzione la produzione già nel 1940 procedeva apieno regime, spinta dall'enorme richiesta di pubblico (le donne facevanoletteralmente la fila davanti ai negozi di calze, altro che i-phone) e già neiprimi giorni vennero venduti 4 milioni di paia di calze di nylon.

 
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La storia dei Collant

Post n°12 pubblicato il 31 Gennaio 2015 da LellaB59
 

 

 

La calzanella storia

Generalmentesi tende a pensare che le origini della calza siano piuttosto recenti. Inrealtଠnel momento in cui il corpo ha iniziatoad essere vestito anche legambe sono state coperte: nelle tombe dei faraoni egizi sono stati ritrovatiframmenti di calze lavorate a maglia, ad esempio, mentre degli antichi Romanisi sa che avvolgevano le gambe con fasce di tela o lana. Certo 蠣he lanascita della calza - cos젣ome viene intesa nell'eccezione moderna -risale al Medioevo, quando la seta cominci�essere lavorata proprio perrealizzare questo tipo di indumento. A indossarle per젣ome nei secoliprecedenti, erano esclusivamente gli uomini, ma nel momento in cui alle donnefu concesso di mostrare le gambe, le calze iniziarono a trovarsi un posticinofra i loro capi di vestiario, sino a diventare - nelle versioni velate in seta- simbolo del lusso. Un lusso destinato ovviamente a poche donne. Sino a quandonegli Anni Venti, con l'invenzione del rayon - ribattezzato "setaartificiale" - le calze relativamente velate diventarono accessibili aduna piu larga fascia della popolazione. Si trattava di calze prodotte colsistema della maglia sagomata e cucita.

1938E' la rivoluzione

Mabisogna aspettare la fine degli Anni Trenta per assistere ad una vera e propriarivoluzione. Rivoluzione alla quale certo non pensava il francese studioso dichimica Eleuth�Ir讨e DuPont de Nemours, quando - immigrato nello statoamericano del Delaware - nel 1802 apr젵n impianto per la produzione dipolvere nera. Proprio da quella piccola azienda di tipo familiare nel 1938usc젩l nylon inventato da Wallace H. Carothers, la prima fibra sinteticache veniva definita "resistente come l'acciaio e delicata come unaragnatela". L'anno successivo le calze di nylon iniziarono ad esserevendute in pochi negozi di Wilmington, il centro in cui aveva sede la DuPont deNemours. Ma dal momento che per acquistarle donne e uomini arrivavano persinoda New York, la distribuzione fu avviata subito in tutto il Paese americano,sino a raggiungere - dopo il primo anno - la quota di 64.000.000 di paiavendute. Nel 1940 con l'inizio della seconda guerra mondiale, la produzione dicalze in nylon nei titoli pi橮i venne interrotta e le donne finivano coldisegnarsi sulle gambe quella cucitura posteriore che caratterizzava le loroamatissime compagne quotidiane.Terminato il conflitto, riapparvero in tutta laloro desiderabilit஠E fu subito un delirio: davanti ai negozi si formavanolunghe code di donne (come pure di uomini "incaricati" all'acquisto)e, fra di esse, non manc஥mmeno qualche lite furiosa per I'accaparramento.

Con laminigonna arriva il collant

GliAnni Cinquanta portano con sé una nuova rivoluzione che si espande subito negliStati Uniti e in Europa, quella delle calze senza cucitura, le quali siarricchiscono di altre velature e nuovi colori, mentre i progressi tecnologicirendono il nylon meno costoso e, dunque, più accessibile. Con gli anni Sessantaarriva la seconda rivoluzione nei mondo della calzetteria: è ancora una voltafirmata DuPont. Il colosso americano lancia sul mercato il suo elastam Lycra.Inizialmente la fibra viene utilizzata nelle calze medicali, ma quando nellaprima metà del'65 André Courrèges e Mary Quant lanciano la minigonna, ilcollant si fà strada, portando con se una migliore vestibilità. E il collantcoprente s'impone come nuovo argomento di moda, frutto dell'incontro fra latecnologia della maglia su circolare con i nuovi filati di nylon testurizzato.Nei periodi successivi tecnica e moda continuano a procedere di pari passo,ravvivando la scena del mercato con l' avvento di calze e collant in pizzonegli Anni Settanta, imponendo i velati eleganti dall' aspetto setoso negliAnni Ottanta e culminando nella ricerca deI massimo comfort degli Anni Novanta.Ai posteri, ma anche a noi, la storia del Terzo Millennio.

 

Undistretto per le calze

Strumentodi seduzione, accessorio raffinato, elemento moda: sono molte le definizioniadatte a calze e collant. Come per molto di cio' che è "made inItaly", i collant prodotti nel nostro paese hanno conquistato il mondograzie a un mix esemplare di gusto, innovazione tecnologica, scelta accuratadelle materie prime e lavorazioni di qualità. Come per molto di ciò che e'"made in Italy", alle spalle del successo c'è un distretto. Perchè laproduzione di calzetteria femminile si concentra nei pochi chilometri quadratiintorno a Castel Goffredo, in provincia di Mantova. In quell'area, definita nontroppo scherzosamente "la capitale della calza", troviamo fianco afianco i grandi marchi e le realtà più piccole, che condividono così quellaconoscenza diffusa "che traduce il sapere scientico in ciò che la gente safare e cresce e si rinnova grazie all'intreccio di relazioni familiari eamicali" - come teorizzano gli economisti. Oggi, quell'area è riconosciutaufficialmente come Distretto industriaie n.12 della calzetteria femminile ecomprende quindici paesi. Tutto questo vale un fatturato d! 2.200 miliardi l'annoe un export pari a 1.135 miliardi. Elementi fondanti della crescita sono ancoraoggi la conoscenza diffusa del "saper fare" in calzetteria, unita auna forte dedizione al lavoro e a un continuo scambio d'informazioni su piccolee grandi innovazioni tecniche - il leader mondiale dei macchinari percalzetteria, Lonati, ha sede a Brescia. Né bisogna dimenticare l'attività delCentro Servizi Calze che mette a disposizione delle imprese un ampio ventagliodi servizi: tecnici, come le analisi di laboratorio o la certificazione diqualità, ma anche formativi o commerciali, come i corsi di formazione ol'assistenza nel marketing. Il "modello Castel Goffredo" racchiude insé, dunque, tutti gli elementi di vitalità della migliore industria italiana:dimensione medio-piccola, flessibilità, spirito d'inventiva, utilizzo ditecnologie avanzate. Problemi? Molte aziende denunciano già la difficoltà ditrovare mano d'opera, in particolare quella specializzata. Inoltre, lascolarizzazione dei giovani è piuttosto bassa: le piccole e medie aziende dioggi avranno forse qualche difficoità a reclutare i manager nel prossimofuturo. Intanto, nelle pagine seguenti, esaminiamo gli aspetti essenziali del"modello" Castel Goffredo.

 

 

CastelGoffredo, la capitale delle calze

L'industriaitaliana della calzetteria femminile si compone di circa 340 aziende; è ilrisultato di un processo di concentrazione,National Team Italy BlueSoccer Jerseys National Team ItalyWhite Soccer Jerseys Italy World Cup Home SoccerJerseys AndreaPirlo #21 2014 World Cup Soccer JerseysMuller #13 2014 World CupSoccer Jerseys BrazilWorld Cup Soccer Jerseys 2014 cheapoakley sunglasses cheap oakley sunglasses comune ad altri settori, che ha visto ridursi nel tempoil numero delle aziende a beneficio delle imprese che operano attualmente. Percapire I'importanza del settore in Italia, ma soprattutto quello cherappresenta nel mondo, è necessario ricordarne le origini. Nata negli anniTrenta in dimensioni modestissime, l'industria della calzetteria nel nostroPaese ha avuto uno sviluppo eccezionale dopo i primi anni post bellici,attraverso un percorso sempre all'insegna dello sviluppo, tanto da raggiungerein trenta anni la soglia produttiva di due miliardi di paia. II fatturatodell'industria di calze e collant, che si attesta su 2.200 miliardi di lire, èrealizzato al 67% dalle prime dieci imprese.

Lastruttura produttiva

Lastruttura produttiva è, infatti, caratterizzata da un gran numero di piccoleimprese e laboratori a gestione familiare, in genere specializzate solo inalcune fasi del ciclo produttivo: quasi la metà delle aziende ha meno di 10addetti, la stessa proporzione fattura meno di 1 miliardo, e I'80% non supera10 miliardi. Infine, quasi I'80% si occupa solo di una o due fasi dellalavorazione. L'esportazione si e orientata negli ultimi anni verso i paesiextra comunitari, est europei, nord americani e del sud est asiatico: per molteragioni, i consumi della vecchia Europa da tempo non attraversano più fasid'espansione e molti mercati segnano pericolosamente il passo. La scoperta dinuovi mercati è la dimostrazione della capacità delle imprese italiane diaffrontare nuove sfide e nuove forme d'internazionalizzazione.

IIdistretto

Inquest'ambiente, per altro molto vitale e complesso, ha avuto e ha tuttora unpeso decisivo il Distretto Industriale n° 12 della calzetteria femminile, conosciutoai più come la zona di Castel Goffredo. Questo straordinario fenomenocollettivo, modello economico-produttivo unico in Europa e senz'altro nelmondo, ha interessato anche studiosi di altre discipline per i risvolti e leimplicazioni sociali che ne hanno caratterizzato la nascita e lo sviluppo. Sisa che la struttura produttiva del distretto di Castel Goffredo s'identificanell'integrazione orizzontale o territoriale, dove una rete fitta e minuta dipiccole imprese, specializzate per fasi di lavorazione, contribuisce allarealizzazione del prodotto finito. D'altra parte, la complessità del comparto el'affermazione di imprese dell'area divenute le più importanti del settore(Golden Lady, San Pellegrino, Filodoro, Levante, per citare solo alcuni nomi)hanno prodotto, negli ultimi anni, una tendenza alla verticalizzazionedell'impresa, cioè all'assorbimento all'interno di fasi in precedenza esterne.Se nel 1990 le imprese di Castel Goffredo che si occupavano al massimo di duefasi di lavorazione erano il 93% del totale, nel 1996 sono diminuite all'85%.Ma è comunque prevedibile che questo processo non raggiunga le estremeconseguenze, e che il "sistema" mantenga le doti di flessibilità einnovazione, connesse alle relazioni fra imprese specializzate. I cambiamentiintervenuti fra i due censimenti delle imprese di Castel Goffredo realizzatidal Centro Servizi Calza (1990 e 1996) riguardano la struttura delle aziende,il prodotto, la presenza diretta sul mercato e le scelte gestionali realizzateaccanto a quelle auspicate. sensibile calo delle ditte individuali e dellesocietà di fatto, a favore delle società di capitali, segna il cambiamentostrutturale che investe anche le realtà distrettuali; dello stesso segno è lariduzione delle fasce di fatturato minori, il consolidamento della fascia mediae la concentrazione delle aziende più grandi. Anche la dimensione aziendalemedia si accresce leggermente, ma non altera il tradizionale tessuto produttivoimpostato sull'impresa familiare e sul piccolo laboratorio. Il segnodell'evoluzione del distretto trova una conferma nell'aumento del numero diimprese che accedono direttamente al mercato finale, che, dunque,devono dotarsidi strutture commerciali proprie. Questa decisiva scelta è stata adottata dal26% delle aziende, mentre il 74% lavora ancora esclusivamente per terzi. Sono,dunque, circa 70 (rispetto alle 250 del distretto) le imprese che in tutto o inparte si propongono sul mercato: poche commercializzano un marchio altrui,mentre la maggioranza si presenta con un marchio proprio, con un'offertaoriginale e conseguenti scelte distributive.

Ladistribuzione

Quantoalla distribuzione, l'ingrosso è ancora il canale privilegiato, spesso, però,in combinazione con altri: quasi tutte le aziende (89%) utilizzano il grossistae il dato non sorprende, perché questo canale distribuisce il 52% dellaproduzione nazionale. Ma altre forme di distribuzione sono importanti perqueste imprese: la grande distribuzione con il 45%, il dettaglio con il 36%,oltre ad altre combinazioni. In ogni caso, la situazione distributiva mostrasegni di evoluzione: rispetto alla rilevazione del '90, quando il 26% delleimprese utilizzava solo il grossista, la diversificazione dei canali utilizzatié molto più articolata. Anche il quadro dei rapporti internazionali mostra lavivacità delle imprese del comprensorio. E se Francia, Spagna, Polonia,Germania e Grecia sono i mercati frequentati in varia misura dalla maggioranzadelle aziende, la vocazione all'esportazione sembra occupare una posizioneprioritaria nelle opzioni strategiche degli imprenditori: tra quantiattualmente esportano, in larga misura l'obiettivo è il potenziamento deimercati acquisiti o la penetrazione di nuovi mercati. Altro elemento dispecificità del distretto è la tipologia di prodotto, anzi di monoprodotto,solo donna. E' vero che la percentuale di chi opera sul monoprodotto è scesadal 92% al 65%, ma la diversificazione avviene con una scelta sinergica, ovverolo sviluppo di articoli per bambina. Sul piano del livello di qualificazionedel prodotto, il dato più rilevante è il sensibile aumento delle aziende chefanno esclusivamente prodotto moda, coerentemente con il trend di mercato e conil vissuto attuale della calzetteria da parte delle donne. Le imprese piùattente al mercato si collocano nelle fasce medio fine, fine e moda, vale adire segmenti idonei a coperture distributive ampie, fuori dalla bagarre delprimo prezzo, e più ricettivi rispetto all'evolversi del gusto. Gliinvestimenti tecnologici hanno sensibilmente influenzato l'evoluzionestrutturale delle imprese, accentuandone !e caratteristiche di flessibilità equalità, che tanto hanno contribuito alla crescita dell'intero distretto. Lemacchine circolari, per fare un esempio, in pochi anni sono aumentate del 40%,e oggi quasi la metà degli impianti è di tipo evoluto. Anche la confezione,fase delicata per l'immagine e per i servizi alla distribuzione organizzata, epassata dalla soluzione manuale a quella automatizzata, ed è stata assorbitanel processo di integrazione aziendale. E veniamo al futuro. Le opzionistrategiche che porteranno il distretto nel nuovo millennio privilegiano trecampi: investimenti produttivi sugli impianti tesi alla razionalizzazione delciclo; investimenti commerciali per favorire l'esportazione; investimenti sulprodotto per ampliare la gamma dell'offerta. Senza dimenticare che il processodi integrazione verticale continua senza soste. E' un processo che va nelladirezione contraria alla matrice originaria del distretto, ma risponde alleesigenze dei grandi gruppi, ormai obbligati dalle vicende di mercato acontrollare direttamente quante più fasi possibili della lavorazione.

 

 

 
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La Storia dei Collant

Post n°11 pubblicato il 31 Gennaio 2015 da LellaB59
 

 

 

Altomilanese,le calze prima di Castel Goffredo

L'Altomilanesevanta un'antica tradizione industriale, anche e soprattutto in campo tessile,ed oggi è ancora al centro di una delle più significative esperienze, in Italiae a livello mondiale, diimprenditoria diffusa. E lo era già negli anni Venti. Un'osservazione organicadello sviluppo industriale che si è verificato nel periodo della prima guerramondiale e in quello immediatamente successivo nei mandamenti di Gallarate e SommaLombardo è possibile grazie all'indagine statistica compiuta dalla Federazioneindustriali del Gallaratese e resa pubblica nel l924. Le persone occupate eranoin totale 20.618.Il settore tessile era in testa sia per numero complessivo diditte (123), sia per impianti di grosse proporzioni. Su questo sviluppoindustriale travolgente e ben definito agirono due fattori. Il primo era legatoalla copiosa disponibilità di energia elettrica, prodotta a pochi chilometri didistanza dagli impianti di Vizzola Ticino; il secondo era in relazione allecaratteristiche del conflitto. Si formarono negli anni della guerra moltepiccole o medie aziende di complemento e supporto ai grossi opifici, speciecotonieri, costituitisi nei decenni precedenti. Quando poi l'Altomilanese fuaccorpato alla provincia di Varese vennero realizzate molte altre imprese, cheandarono ad affiancarsi ai "pionieri" del secolo precedente. Nelsettore delle confezioni un posto di un certo rilievo era occupato dallamaglieria. Si trattava di una tradizione piuttosto recente, ma che aveva saputoconquistarsi un ruolo di prestigio nel mercato interno ed estero. A prezzimodesti proponeva un prodotto apprezzato per praticità ed elasticità. Molti diquesti maglifici in un secondo tempo arricchirono o sostituirono la loroproduzione originaria con quella di calze e prodotti affini, dato che latecnologia industriale impiegata per la maglieria poteva con minimo sforzo ecosto essere adattata alle nuove esigenze produttive. Quanto ai calzifici verie propri il loro numero cresceva in modo impressionante, dotati di macchinari"dell'ultima generazione", dai quali si poteva ricavare tutto quelloche la moda del tempo richiedeva. Grazie alla fantasia dei produttori, la calzaitaliana aveva invaso il mercato mondiale. Molto richieste erano le calze dasignora di qualità medio bassa e quelle per uomo di tutti i tipi. Sembra, però,che fossero le calze da ragazzo l'articolo più richiesto "perché moderatonel prezzo e ben studiato nella perfezione della sua confezione e nellaindovinata combinazione dei suoi elastici".La calza per signora tipo finefabbricata su macchina "Cotton" veniva smerciata e interamenteassorbita sul mercato nazionale. A introdurre in Italia i macchinari Cotton erastata la ditta Calzificio Nazionale Sonnico, sorto nel 1926 a Caronno Milanese.Oltre a questa azienda, molti altri erano i calzifici degni di esserericordati: la Manifattura Bustese calze, con stabilimento a Busto Arsizio,costituitasi nel 1921 con 100 operai. Fratelli Ferrero con stabilimento a SommaLombardo, fondata nel 1922, con 80 operai. Calzificio di Vedano Olona, sortonel 1929, noto soprattutto per la produzione di calze di qualità fine in seta erayon per signora. Calzificio Varesino con stabilimento a Varese, sorto nel 1924,specializzato in calze per ragazzo e molto apprezzato all'estero. CalzificioMalerba con sede a Varese, costituito nel 1926, apprezzato per calze da donna ebambino e la "perfezione dei prodotti in relazione al prezzo veramentemodico". Carabelli Giuseppe con sede a Solbiate Arno, avviata nel 1924,con vendita all'ingrosso e dettaglio, specializzato in calze per uomo e donna.Calzificio Bustese Mondini a Busto Arsizio. Fratelli Albertalli con sedeGavirate, produttrice di maglieria intima di media qualità su macchinecircolari, ma anche calzetteria e tintoria. La crisi economica iniziata nel1927 unitamente all'eccesso di produzione, al calo dei prezzi e allerestrizioni sull'esportazione iniziò a minare le fondamenta di alcune di questeimprese; la produzione si ridusse in quantità in media del 35%. Con l'avventodel governo fascista, lo Stato venne abilitato a intervenire anche nella piùgenerale vicenda produttiva di industrie che avevano rilievo non solo militare.A questo passaggio e alle successive evoluzioni contribuì in modo decisivo ladepressione, che aveva colpito tutti i paesi industriali. Il governo con lalegge del 12 gennaio 1932 n° 41 fissò i criteri relativi all'impianto dei nuovistabilimenti e all'ampliamento di quelli esistenti. L'evoluzione dei nuoviimpianti per calzifici della provincia può essere seguita per un certo periodograzie ai verbali della Sezione Industria (1938-40), deputata dalla legge adesprimere uno dei tanti pareri che dovevano condurre allo svolgimento dellesingole pratiche. La sezione in linea di massima puntava alla tutela delleattività già esistenti e permetteva di incrementare solo i macchinariesistenti. Emerge così un ulteriore elenco di ditte del polo Altomilanesededite alla produzione di calze: Calzificio di Cislago; Ditta Donzelli Antoniodi Caronno Milanese; Manifattura Bustese Calze di Busto Arsizio; CalzificioCaronnese di Rondi Eligio e Donizelli Giovanni (Caronno Milanese); Calzificiodi Cavaria di Eligio e Ruggero Mazzucchelli di Cavaria; Calzificio Fulvio Fossadi Cavaria; Calzificio Molinari di Gavirate; Calzificio Cattaneo e C. di Jeragocon Orago; Calzificio italiano Pavia di Busto Arsizio; F.lli Carabelli diSolbiate Arno; Calzificio Valle Olona di Somma Lombardo; Calzificio AntonioFerrero di Somma Lombardo; Calzificio Cervini di Orago. Sono poche le aziendecitate che hanno mantenuto fino a oggi un ruolo importante sul mercato. Chi èrimasto, ha saputo organizzarsi per superare le difficoltà postbelliche e leincertezze del declino seguente al cosiddetto boom dei primi anni sessanta:essenzialmente sono Calzificio F.lli Carabelli, Calze Malerba e IndustrieBustesi Calze. Oggi, il polo Altomilanese nella calzetteria ha ceduto ilprimato per numero di imprese e addetti al polo mantovano di Castel Goffredoper la calzetteria femminile, e al polo bresciano di Botticino. Ciò nonostante,la presenza di aziende di grande prestigio e professionalità come quelle cheabbiamo citato sopra, confermano l'Altomilanese quale punto di riferimentoobbligato per chi opera nel settore.

 

Il"cosa" e il "come" delle denarature

Denario, più semplicemente, den. E' attraverso questi termini che si dà l'idea dellavelatezza di calze e collant e, per velatezza, s'intende generalmente latrasparenza apparente del collant, ossia l'aspetto che assume una volta sullagamba. "Denaro" è dunque il termine usato per esprimere lo spessoredi un filato e rappresenta il peso in grammi di 9.000 metri di filo, filo dicui - in un collant standard - c'è qualcosa come un chilometro... Venendosottoposto a tensione, il filo a mano a mano che si lavora si assottiglia,passando ad esempio da 10 a 5 denari. Sulle confezioni, accanto all'indicazionedei den si trovano anche i valori numerici in "decitex", vale a direil peso - sempre in grammi - di 10.000 metri di filato. Più i denari o decitexsono bassi, più la calza e velata, ma anche maggiormente delicata.

§  8 den - Sono le "extra" velatissime. Hanno iniziato a diventare familiari con l'avvento delle calze estive: una denaratura cosi bassa permette infatti di realizzare prodotti leggerissimi.

§  10 den - Ecco le calze velatissime. Si tratta della denatura ideale per modelli eleganti, dedicati ad occasioni particolari.

§  15 den - Pur trattandosi di calze velate hanno comunque una maggiore resistenza rispetto alle precedenti. Possono dunque essere indossate tutti i giorni.

§  20 den - Quelle a cui danno vita sono calze relativamente velate, ma comunque non trasparenti. Nella gamma dei velati, pero, la loro resistenza è la massima.

§  30 den40 den - Si tratta di calze semicoprenti, che, seppure poco, lasciano ancora intravedere la pelle. La "via di mezzo", insomma, fra le velate e le coprenti.

§  50 den e oltre - Queste calze sono decisamente coprenti, dunque particolarmente spesse e, pertanto, con maggiori resistenza e durata. La moda le propone anche come complemento degli abiti da sera, magari indossate con sandali eleganti.

 

 

Ilfilato

Ilnylon è largamente il filato piùutilizzato nella produzione attuale di calze e collant. Il nylon vienesintetizzato dal petrolio. Le molecole di petrolio vengono spezzettate e poiricostruite in lunghissime catene molecolari, attraverso una serie di processi:si ottiene cosi il polimero di nylon. II polimero viene fuso a alta pressione eelevata temperatura (300°C); questa sostanza fluida viene filtrata ed estrusaad alta velocità. II processo di estrusione serve a ottenere un allineamentodelle molecole, formando cosi la bava. Un filo di nylon è costituito da uncerto numero di bave (anche una sola nel nylon monobava). Le bave vengonoraffreddate a aria umida e lubrificate; un getto d'aria le interlaccia prima divenire spolate sulla bobina ad una velocità di circa 300 chilometri all'ora(nel 1940 le macchine per filatura raggiungevano la velocità massima di 1chilometro all'ora). Si ottiene cosi il filato greggio di nylon, tanto piùmorbido e confortevole quanto più numerose e fini saranno le bave. Così com'è,però, il filato non è elastico e, dunque, per essere utilizzato in calzetteriadeve essere sottoposto a ulteriori lavorazioni.

Stiratura

E'il processo che tende sulle bobine il filo greggio di nylon. Si ottiene cosi unfilo piatto parallelo, dall'aspetto sottile, ma ancora privo di elasticità.Inoltre, il filo è molto sensibile ed è facile smagliare la calza.

Testurizzazione

E'il processo che serve a dare volume e elasticità al filo: il filo teso siallunga e recupera la forma originale quando la tensione scompare. Per lacalzetteria, vengono utilizzati due metodi di testurizzazione: falsa torsione oair jet o torsione completa. Con la falsa torsione si ottiene un prodotto dielevato volume ed elasticità, ma dalla scarsa trasparenza, è utilizzata perciònei collant tipo filanca. La testurizzazione mediante torsione da' un volumeridotto e una minore elasticità, ma un'elevata trasparenza; trova dunqueimpiego nei collant e nelle calze voile o stretch. La formazione della spiraleè irregolare. Le bave sono sporgenti, ed è dunque facile tirare i fili delcollant.

Elastam

L'aggiuntadi elastam nel corso della lavorazione del collant assicura elasticità,aderenza, comfort e vestibilità al capo finito. Può essere immesso nella gamba,nella mutandina o nel cinturino del collant, ovviamente in titoli diversi.L'elastam può essere utilizzato nudo o ricoperto. La ricopertura può esseresemplice, doppia, ad aria o core-spun, a seconda dell'impiego finale in collantvelati o coprenti e della maggiore o minore qualità del prodotto. L'elastamviene inserito nel collant attraverso due sistemi. Tramato: l'elastam nudo èinserito ogni due ranghi senza formare il punto maglia; in questo modo migliorala vestibilità del collant in senso radiale senza però influire su quella in lunghezza.Generalmente, viene perciò unito a nylon testurizzato. Immagliato: l'elastam,nudo o ricoperto, forma una maglia parallela a quella del nylon. Se è nudo deveessere immagliato insieme a un filo di nylon secondo la cosiddetta tecnica delvanisé. L'elastam e' generalmente usato a ranghi alterni, cioè ogni due file dimaglia.

Ilprocesso di lavorazione del collant

IIfilato destinato a diventare collant viene lavorato su macchine circolari percalzetteria. La tecnologia attuale permette di combinare vari tipi di filato,anche di denarature diverse; inoltre è possibile inserire disegni, cinturini,rinforzi. Ogni operazione - dalla progettazione del disegno al movimento degliaghi sulla macchina - è gestita attraverso un computer. Le macchine cilindrichead alta velocità, generalmente a 400 aghi, producono da due a sei ranghi dimaglie e riescono a realizzare fino a 1,6 milioni di punti al minuto. Inoltre,le macchine più attuali consentono di memorizzare tre articoli differenti conotto taglie ciascuno. In un modello semplice di collant, la gamba e metà dellamutandina vengono realizzati in circa due minuti. La lavorazione a ranghicircolari con tipi diversi di filato produce righe orizzontali più o menovisibili. Ovviamente, a una elevata qualità del filato e a una lavorazioneaccurata corrisponde una minore visibilità delle righe. Un collant normale èprodotto con due tipi di maglia: maglia liscia per la gamba e maglia"micromesh" per la mutandina. La lavorazione micromesh consente diottenere un tessuto molto resistente che si smaglia solo verso l'alto. Ha peròun aspetto a nido d'ape, con scarso "appeal" estetico e, dunque, èspesso riservata alla mutandina o alle punte. Nella gamba viene prevalentementeutilizzata la maglia liscia. Sviluppi più recenti nella lavorazione di calze ecollant, tendono a anticipare il processo di tessitura della calza, prima dellatesturizzazione o dello stiro del filato. Con particolari filati bicomponenti éinfatti possibile ottenere una calza greggia che viene poi esposta al calore eal vapore in autoclave, donando cosi alla calza l'elasticità voluta. E' unprocesso di lavorazione usato in particolare per le calze estive perché laformazione della spirale è molto regolare cosicché le bave sono compatte emolto protette, rendendo più difficile le smagliature.

Taglioe cucito

Dallemacchine circolari escono "tubi" informi che devono esseretrasformati in collant. La parte superiore del tubo corrisponde a metà circadella mutandina, che viene perciò aperta e cucita automaticamente a un altrotubo aperto. L'operazione può includere anche l'inserimento di un tassello. Neicollant più pregiati, l'operazione di cucitura non è interamente automatica:questo permette di ottenere una cucitura piatta, talvolta con una banda dirinforzo e il tassello è romboidale, per migliorarne l'aspetto e il comfort. Dilivello altissimo sono i collant senza cucitura nella mutandina. II secondopasso è la cucitura, sempre automatica, delle punte. Anche in questo caso, a uncollant di pregio corrisponde un filo di cucitura estremamente sottile, ilrinforzo della punta con filo ritorto ad alta resistenza. Nei collant acompressione graduata, è un segno di qualità la presenza di un tallonerinforzato che permette il corretto ritorno venoso nella zona.

Tinturae finissaggio

Latintura aggiunge il colore al collant, tanto più il collant è pregiato tantopiù il colore deve essere uniforme e senza strisce. Vengono utilizzaticoloranti in dispersione per tonalità chiare; coloranti acidi per tonalità damedie a scure; coloranti di complesso metallico per tonalità molto scure, comeil nero. Possono essere utilizzate macchine di tintura a palette, impaccatricio macchine da tintura a tamburo a basso movimento rotatorio. Il finissaggioserve invece a stabilizzare il filato: è un passaggio determinante perl'aspetto e le caratteristiche di elasticità e recupero del collant. E' inquesta fase che vengono aggiunti additivi e trattamenti speciali caratteristicidi alcuni collant, dal trattamento Sanitized ai più recenti trattamentiantizanzara.

Fissaggio

IIfissaggio è l'operazione che consiste nel distendere il collant su un supportometallico a forma di gamba e nel sottoporlo a brevi vampate di calore in unacamera di vaporizzazione o in un forno a secco. I collant semi-fissati sonolisci e appiattiti, ma senza la conformazione della gamba e del piede. Icollant non fissati hanno invece un aspetto informe e raggrinzito: l'elasticitàe la durata del collant è la stessa, ma l'aspetto è decisamente meno attraente.I collant non fissati coprono perciò le fasce più basse del mercato e i grossivolumi del mercato.

Ilcontrollo qualità

Primadi essere inserito nella busta o nelle scatolette di confezione, il collantviene esaminato su un tavolo luminoso per rivelarne le eventuali imperfezioni.

 

 

 
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