ISTANTANEE EMOTIVE

UNA NUOVA ISOLA VIENE AL MONDO


E’notizia di questi giorni la nascita di una nuova isola generata dalla spettacolare eruzione di un vulcano sottomarino nell’Oceano Atlantico, al largo delle Canarie. La forza esplosiva di questo vulcano sottomarino è tale da lanciare polvere e detriti ad un’altezza di più di 20 metri sul livello del mare e i geologi sono certi che nel giro di poco tempo si formerà una nuova isoletta nell’arcipelago delle Canarie. Assistere ad un’eruzione, ma soprattutto assistere in diretta alla nascita di una nuova isola è uno spettacolo davvero unico. Un’esperienza indimenticabile per chi può viverla. Certo, per chi vive lì la situazione è meno spettacolare e più preoccupante non solo per le continue scosse di terremoto, ma anche per il rischio di tsunami che la combinazione dei due fenomeni, eruzione e scosse telluriche, può generare.
Due diversi punti di osservazione: il turista, o lo scienziato, e l’abitante del posto. Leggere questa notizia mi ha fatto ripensare ad una esperienza personale indimenticabile che anch’io ho vissuto. Si tratta pur sempre di una nascita in diretta, in un certo senso di un’isola perché, in fondo, ciascuno di noi è un’isola. Quante volte abbiamo sentito questa frase così inflazionata ma che rende così perfettamente l’idea. La nascita alla quale ho assistito io, però, è stata quella di mia figlia.
E’ stata un’esperienza indimenticabile quella di assistere la persona amata durante il parto, con quei dolori così lancinanti che lo precedono, quei dolori così intimi, profondi, la cui condivisione a mio avviso cementa ancora di più una coppia. Poi quegli attimi di silenzio che sembravano eterni prima del pianto liberatorio e rassicurante di questa nuova isola. Sono momenti indimenticabili. La più bella poesia. Anche in questo caso ci sono due diversi punti di osservazione: chi partorisce e chi assiste al parto. Un figlio ti cambia la vita. Un terremoto ed un’eruzione insieme, proprio come al largo delle Canarie, e lo tsunami è certo: ti sommerge, ti avvolge e coinvolge. Sposta i tuoi punti di riferimento. Quando avevo vent’anni scrissi questi versi che vi ripropongo ora. Usai genericamente l’espressione figlio non intendendo uno specifico genere sessuale. Un figlio è un figlio. Io non ero ancora diventato genitore, né avevo intenzione di farlo a breve. Però mi chiesi: cosa vorrei lasciare scritto ad un mio figlio ipotetico? Così scrissi questi pochi versi… A mio figlio Amerai il ventoquando sarai velache fa andare le barche
e l'odieraiquando sarai foglia seccasul ramo.
 …e pensai che potessero bastare.  BUONA SETTIMANA A TUTTI.