Creato da liomax1 il 17/04/2009
un vecchio che non molla
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A V V I S O I M P O R T A N T E
Ringrazio dal profondo del cuore l'amica STENIVI che per qualche tempo ha gestito il mio blog, permettendomi di riacquistare il mio giusto equilibrio (non troppo ringhioso).
Lio
IL MIO QUINTO LIBRO
LIOMAX ... all'università
ISBN 978-88-591-0002-7
Il mio primo libro
UNA GRANDE GUERRA (la seconda) VISTA CON GLI OCCHI DI UN BIMBO
Codice ISBN 978-88-7680-875-3
IL MIO SECONDO LIBRO
TRATTO DAI POST DELL'ALTRO MIO BLOG
"PRIMA E DOPO ... UNA GRANDE GUERRA ..."
Codice ISBN 978-88-6498-042-3
IL MIO QUARTO LIBRO
Dai post è nato il quarto libro:
PENSIERINI ... ovvero aforismi
di Liomax
ISBN 978-88-6498-159-8
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E Liomax ... continuò a pensare
INTRODUZIONE
Di
Carlo ALLEGRI
Devo ammettere che Liomax mi fa pensare a Nicola. Per quanto diversissimi hanno la stessa età e, come Liomax, anche Nicola è un bel personaggio. Questo Nicola fa il falegname in Abruzzo, lungo la valle del Liri punteggiata dai paesi e coperta dalle faggete. Cammina un po’ curvo per l’artrosi, ma cammina. Barba lunga e grigia, qualche dente in meno, troppi pochi soldi per disapparire, mani grosse con le giunture rovinate. Con quei polpastrelli figli del più puro espressionismo regge a tempo perso, vale a dire la notte, delicati pennelli con i quali dipinge a memoria fiori delicati, strani e addirittura femminei, che cava soddisfatto e con una certa sorpresa da sue personali stratificazioni. Esempio vivente di come, dentro la realtà che individualmente abbiamo immaginato per noi, che ci siamo cucita addosso, nessuno di noi è precisamente come gli altri credono che sia e neppure come lui stesso crede di essere. Quel giorno andavamo per sottoboschi tappezzati dalle foglie dell’ultimo autunno, nei valloni e nelle forre tra Capistrello e Pereto, lungo pendici ansimanti che ti strappavano l’orizzonte dal petto. Poche parole ogni tanto a scandire lunghi intervalli di saggio silenzio. Il mio cestino era vuoto ed il suo quasi pieno. Ma il senso di frustrazione delle prime ore aveva lasciato il posto ad un sentimento di stupefatta meraviglia. Nicola vedeva dove io guardavo e non c’era niente da fare. Era un genere di sapienza a me sconosciuta, cogliere esattamente i piccoli segni della terra, eliminare le sovraimpressioni percettive e focalizzare perfettamente il punto dove una variazione, incomprensibile a chi non fosse come lui era, indicava l’esistere di un porcino vellutato, oggetto della ricerca e cuore, in quelle ore perfette, dell’intero universo. Se avessi chiesto a Nicola (ma non l’ho mai fatto perché, non so perché, mi sarebbe sembrata una profanazione) quali fossero i suoi segreti, dubito che avrebbe saputo rispondermi.
Leggo gli aforismi di Liomax, con l’identico felice sbalordimento con cui ammiravo i funghi di Nicola, apparentemente fuoriusciti dal nulla. Ma Liomax sbaglia quando ritiene che tutto scaturisca in modo spontaneo dalla libertà di mente quando è capace di rifuggire da stereotipi condizionanti e, per ciò soltanto, in grado di cogliere gli aspetti reconditi delle cose. Queste son robe che si acquistano vivendo e spesso si pagano a caro prezzo. Nulla esiste senza lavoro, senza una sistemazione coerente della realtà oggettiva all’interno della propria soggettività, del proprio vissuto, dei propri amori, dei propri dolori. Un lavorio continuo, faticoso e volontario, che la mente esercita per tutta la vita, nello sforzo di apprendere, di capire, di conoscere. Di definire ciò che forse definibile non è, il senso dell’esistenza.
La mette giù troppo facile, Liomax, quando chiama il suo lavoro pensierini in libertà. Rivendica troppo poco a se stesso, quando dichiara il suo diritto di ribellarsi all’imposizione di pensare ciò che è già stabilito essere corretto, invece di pensare a ciò che è come è. Finge di non sapere che il pensiero, quando esamina un fenomeno ed è alla ricerca di una risposta, deve liberarsi innanzi tutto del proprio ego e poi, nudo, immergersi nel fiume. Sembra facile, ma non lo è per niente. C’è stato un certo Socrate, un tempo, che già cercava di spiegarlo agli amati discepoli: “… in ciò che chiamiamo sensazione non la cercheremo (la conoscenza) più in nessun modo, bensì la cercheremo in quell’altro processo, qualunque nome esso abbia, quando l’anima si affatica da sé sola essa stessa intorno a ciò che è.” (Platone: Il Teeteto).
Questo modo di non glorificarsi, di parlare senza spocchia, di sussurrare quasi, fa parte dell’essere schivo gentile e cortese di Liomax. Ma i suoi aforismi sono olio di prima spremitura. Uno sguardo arguto sulla umana commedia. Un’intelligenza trasversale, capace di scorgere insieme l’avanti e il retro di una medaglia, il motivo nascosto di un comportamento, la sottigliezza di un proverbio, l’amenità di un paradosso, un’assurdità semantica, uno sproloquio emotivo, la relatività di un costume, i travestimenti dell’etica e il soffio della storia su coloro che la storia sembrano più che altro subire. La polvere degli umili. Debolezze e vanità. Qualche risata amara nel generale divertissement. Nessuna cattiveria, non satira scorticante, non odio, non apologia. La leggerezza come somma virtù. La vita dell’uomo come fenomeno da indagare soprattutto nella identità psichica della sua vita di relazione e nella sua complessità sociale, dalle quali sembrano scaturire la maggior parte delle sue incompletezze, delle sue screpolature, delle sue incongruenze. Credo che il miglior insegnamento che ho ricavato dalla lettura del primo e di questo secondo volume di aforismi di Liomax sia proprio il prendere atto di questa generale fragilità, della quale tutti noi, per un verso o per l’altro, partecipiamo; direi che a questo ne siamo proprio costretti.
Non dirmi, Liomax, che è stato facile. Per quanto manifesti un’abilità da giocoliere e una formidabile dovizia, per così dire, di gesti atletici. L’anglosassone skill di acchiappare in corsa topolini e uccelletti che appena nati scappano dalla mente e si disperdono per sempre. L’attitudine non basta per questo. Il saper osservare lo si impara per amore ma lo si impara lavorando assai e purtroppo, come diceva il grande Cesare Pavese : “Lavorare stanca”. Così è per questo che mi hai fatto pensare a Nicola. Anche lui, come te, fa cose che continuano a sembrarmi impossibili. Tira fuori funghi belli grassi da sotto un tappeto di foglie morte tutte uguali. Una cosa che prima non c’era e dopo c’è. Aforisma è appunto questo: descrivere ma anche determinare. Ah, che bella forza hanno le parole! Comunque non stare lì a guardarmi troppo da vicino, Liomax. Mi fai sentire a disagio.
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Inviato da: luce78_2
il 17/10/2015 alle 02:20
Inviato da: luce78_2
il 20/06/2015 alle 04:28
Inviato da: luce78_2
il 18/06/2015 alle 04:22
Inviato da: ingridmessina
il 16/06/2015 alle 00:20
Inviato da: nuvolabianca_1968
il 13/06/2015 alle 00:49