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Sabato scorso gli era stata notificata una diffida del questore di ReggioGli altri potrebbero essere stati colpiti solo perché in sua compagniaDuisburg: un bersaglio, sei vittimeEra Marmo che doveva morire
I fratelli Pergola lavoravano nel ristorante della strage, erano figli di un ex appuntatoSebastiano Strangio era il proprietario del locale, Tommaso Venturi studiava all'istituto alberghieroDUISBURG - Era Marco Marmo l'obiettivo dei killer della strage di Duisburg. E' questa l'ipotesi su cui stanno lavorando gli investigatori. Contro di lui si sarebbe abbattuta la vendetta del gruppo Strangio-Nirta che lo considerava uno dei due membri del commando che nel giorno di Natale del 2006, con il volto coperto da un passamontagna, uccise Maria Strangio: il marito, presunto capo della cosca, Giovanni Luca Nirta restò illeso. Nell'agguato fu ferito anche un bimbo di cinque anni. Un fatto eclatante (nelle faide della 'ndrangheta donne e bambini erano sempre rimaste fuori), che doveva essere vendicato. Il bersaglio dei killer. Marco Marmo ha lasciato in fretta San Luca. Era lì, infatti, che si trovava fino a sabato scorso; si era recato alla questura di Reggio dove gli era stata notificata una diffida del questore dal frequentare pregiudicati e dall'allontanarsi da casa nelle ore notturne. Le altre vittime. Avrebbero avuto la sola 'colpa' di trovarsi al posto sbagliato nel momento sbagliato, le altre cinque vittime dei killer. Tommaso Francesco Venturi, veniva dalla vicina Muelheim, dove aveva frequentato l'istituto alberghiero, e aveva iniziato da poco un tirocinio nel locale. I suoi compagni di scuola lo descrivono come un bravo ragazzo studioso. "Conoscevo il ragazzo, che aveva cominciato a lavorare da poco Da Bruno, ma al ristornate non c'ero mai stata", dice una signora friulana, titolare di una gelateria a Muelheim. Sul luogo della strage la donna ha deposto un mazzo di fiori bianchi con un biglietto con su scritto 'Ciao Tommaso, forza Bologna'. "Una cosa orrenda e incredibile", aggiunge piangendo. I figli di un agente. I fratelli Francesco e Mario Pergola, di 20 e 22 anni, lavoravano nel ristorante "da Bruno". I due ragazzi erano figli di un appuntato della Polizia in pensione, per anni aveva prestato servizio nel commissariato di Siderno. I due fratelli avevano lasciato da alcuni anni la cittadina della Locride e si erano trasferiti a Duisburg.
Sebastiano Strangio era lo chef-proprietario del ristorante, da vent'anni lavorava nella cittadina tedesca. Per lui un biglietto davanti al locale: "Ciao, Sebastiano mi mancherai, sono veramente sotto choc incredulo di ciò che è successo. La cosa più brutta che mi ha sconvolto da quando vivo. Mi mancano le parole, in questo momento non ricordo nulla. Cinque Frondi". Quanto al sedicenne Francesco si sa che era arrivato da poco dalla Calabria ed era stato ospite di uno dei quattro. Il suo cognome, Giorgi, rimanda all'ultima vittima della faida di San Luca: Antonio Giorgi, (l'eventuale grado di parentela è da verificare), era stato ucciso a colpi di fucile mentre si trovava in un terreno di sua proprietà. Altre piste. Ma forse c'è dell'altro. Il ristorante "Da Bruno", davanti al quale è avvenuta la strage, avrebbe in passato attirato l'attenzione degli investigatori tedeschi per un giro di riciclaggio di denaro sporco. Secondo "Der Spiegel online", inoltre, una delle sei vittime era già nota alle autorità per falsificazione di denaro. Ma nella conferenza stampa, seguita alla strage, il capo della commissione omicidi di Duisburg, ha evitato di soffermarsi su questo particolare. La roccaforte dei clan. Le connessioni tra la 'ndrangheta di San Luca e Duisburg, è rilanciata oggi con forza dal quotidiano tedesco Bild, secondo il quale "molti capi dei clan ed i loro familiari sono emigrati da molti anni in Germania, gestiscono pizzerie ed impiegano quasi esclusivamente parenti di San Luca. A Duisburg vivono centinaia di famiglie provenienti dal paese calabrese". Il giornale sottolinea anche che "gli inquirenti tenevano d'occhio da anni il ristorante 'Da Bruno' e la famiglia dei proprietari. La famiglia è stata ripetutamente collegata ad attività relative a pizzo, armi e droga". L'addio. "Vengono in Germania per lavorare - dice oggi un messaggio tra i fiori lasciati sul luogo della strage - dimostrando a tutti che sono persone per bene. Si allontanano dalla Calabria e dalla gente cattiva. Io ricorderò tutti loro come bravi e grandi lavoratori. Sarete nei miei pensieri. Un abbraccio e condoglianze alle famiglie".