Tutto sommato neanche troppo male i controlli al San Camillo. La disfunzione cardiologica c'è, e non è che mi aspettassi cambiasse nel giro di un anno, ma non va operata. Ottimo, direi. So' gli ormoni che me causano problemi! (e come disse giustamente una cara amica, non c'era bisogno di andarci fino all'ospedale per comprenderlo). Solo che adesso l'esito di tutto questo non mi sfiora, perchè purtroppo mi sono affacciata mio malgrado in una nuova realtà, o forse sarebbe meglio definirla La Realtà, quella vera, quella che fino ad ora non mi aveva mai toccata. E affiorano le domande, ci si comincia a chiedere se davvero tutto ha da finire così. "Una vita finisce qua, un'altra vita presto comincerà" per citare Manuel e soci. E' solo che è difficile ripartire da zero, con la consapevolezza che ciò che andrai a costruire sarà inevitabilmente diverso da quello che c'era. E al momento non puoi far altro che vedere il peggio, e convincerti che tutto sarà negativo. Costruirai qualcosa con qualcuno, che non sarà lui, che non sarà ciò che avevate a lungo pensato per voi. Senza illusioni. Senza più quella luce negli occhi che ti contraddistingueva. A volte ci vuole veramente "tanto, troppo coraggio" (F.D.A.), a volte ci vuole una forza, una spinta che viene solo dall'interno. Per quanto le persone che ti circondano si manifestino sempre presenti ed attente, e sei convinta non ti abbandoneranno mai, sai che è tutto inutile. Perchè nessuno può strapparti via dallo stomaco le ansie, le paure, le angosce ed i dolori, se non sei tu stessa ad incidere per prima la superifice. E ti senti vuota, arida, priva di qualsiasi passione, incapace di provare sentimenti ed emozioni; nè odio, nè felicità, nè la lacrima è pienamente sincera, nè il sorriso brilla di te. Tutto sembra vacuo, abbandonato in un presente continuo, del quale non riesci a scorgere la fine. Ed il tempo ti spaventa più d'ogni altra cosa, perchè sai ce ne vorrà tanto, e probabilmente non basterà. Perchè in un singolo attimo è concentrata una vita intensamente vissuta, in un millesimo di secondo si riflette l'esistenza e ciò che ancora dovrà venire. E se quest'attimo venisse interminabilmente bloccato? Cosa verrebbe, cosa si realizzerebbe? Chi, mi chiedo, chi ha la forza di vivere un eterno presente? Sempre proiettati nei nostri futuri, angosciati dal nostro avvenire, preoccupati che nulla sarà come vorremmo, quando la domanda reale che ci dovremmo porre è: sarà? Siamo troppo sicuri di ciò che abbiamo, e spazziamo via dalla nostra quotidianità la vita, convinti che viverla, in fondo, sia un gioco da ragazzi. Per me lo è, l'ho capito da poco tempo. Per me è fin troppo semplice ("Per chi ha la vita facile, morire non è una difficoltà" Wedekind). Ma per gli altri, per voi? Ringrazierei un Signore, se solo ci credessi, se solo le stesse esperienze non mi dimostrassero il contrario di quanto si professa, perchè io la vita, ce l'ho perfetta. E forse non riuscirò mai veramente a condividere le sensazioni altrui, forse davvero la mia maturazione è rimandata a data da destinarsi. Ma sento di crescere ogni giorno di più attraverso le prove che altri affrontano al posto mio. E come quando avevo 13 anni e ricevevo le lettere di mia cugina Ilaria, succhio dagli altri tutto ciò che posso, assimilo informazioni, supplisco, somatizzo. E mattoncino su mattoncino costruisco il rifugio che mi porterò sempre appresso, nel quale mi rifugerò per trovare sicurezza. C'è chi insinua che questo non è vivere, sulla mia pelle nessuna cicatrice che testimoni questo processo. Ma dentro sento un'esplosione di vitalità, nel senso puro, perchè non mi sono mai fatta affondare dalle insignificanti controversie che ho affrontato, perchè (forse) ho imparato a dare il giusto peso alle cose, alle parole, ai comportamenti; ho deciso che svetterò qui, intrepida e tenace fin tanto che resisterò, fin tanto che non sarò scossa io in prima persona dalle turbative del vivere, pronta ad affrire quel sostegno che in tanti, implicitamente o apertamente, richiedono. Senza rancore. Senza pudicizia (chè tanto non ne ho mai avuta!). Al momento ciò di cui sento di avere bisogno è accanto a me sempre, altrimenti non sarei qui a scrivere. Ho l'affetto di una famiglia, con gli scazzi del caso e le incomprensioni dovute. Ho l'amore tenace e ardente delle Imperturbabili, delle quali un solo sguardo basta a rinfrancarmi, sia esso di tacito rimprovero o di segreta accondiscendenza. Ho la consapevolezza di avere qualche tarlo, qualche errore di fabbricazione, una falla nel progetto, e me lo tengo, a muso duro rivendico la mia peculiarità, la mia dipendenza ormai sempre meno celata, gli ormoni sfasati, il cuore bucato, la schiena tritata, gli occhi velati, il bipolarismo. Perchè so che quella che sono mi ha concesso di arrivare sin qui, perchè, per citare Wedekind, "quello che si pensa di me mi è affatto indifferente. Mai e poi mai vorrei essere migliore di quello che sono. Io sto bene così".
I'M LOST IN A HOSPITAL...
Tutto sommato neanche troppo male i controlli al San Camillo. La disfunzione cardiologica c'è, e non è che mi aspettassi cambiasse nel giro di un anno, ma non va operata. Ottimo, direi. So' gli ormoni che me causano problemi! (e come disse giustamente una cara amica, non c'era bisogno di andarci fino all'ospedale per comprenderlo). Solo che adesso l'esito di tutto questo non mi sfiora, perchè purtroppo mi sono affacciata mio malgrado in una nuova realtà, o forse sarebbe meglio definirla La Realtà, quella vera, quella che fino ad ora non mi aveva mai toccata. E affiorano le domande, ci si comincia a chiedere se davvero tutto ha da finire così. "Una vita finisce qua, un'altra vita presto comincerà" per citare Manuel e soci. E' solo che è difficile ripartire da zero, con la consapevolezza che ciò che andrai a costruire sarà inevitabilmente diverso da quello che c'era. E al momento non puoi far altro che vedere il peggio, e convincerti che tutto sarà negativo. Costruirai qualcosa con qualcuno, che non sarà lui, che non sarà ciò che avevate a lungo pensato per voi. Senza illusioni. Senza più quella luce negli occhi che ti contraddistingueva. A volte ci vuole veramente "tanto, troppo coraggio" (F.D.A.), a volte ci vuole una forza, una spinta che viene solo dall'interno. Per quanto le persone che ti circondano si manifestino sempre presenti ed attente, e sei convinta non ti abbandoneranno mai, sai che è tutto inutile. Perchè nessuno può strapparti via dallo stomaco le ansie, le paure, le angosce ed i dolori, se non sei tu stessa ad incidere per prima la superifice. E ti senti vuota, arida, priva di qualsiasi passione, incapace di provare sentimenti ed emozioni; nè odio, nè felicità, nè la lacrima è pienamente sincera, nè il sorriso brilla di te. Tutto sembra vacuo, abbandonato in un presente continuo, del quale non riesci a scorgere la fine. Ed il tempo ti spaventa più d'ogni altra cosa, perchè sai ce ne vorrà tanto, e probabilmente non basterà. Perchè in un singolo attimo è concentrata una vita intensamente vissuta, in un millesimo di secondo si riflette l'esistenza e ciò che ancora dovrà venire. E se quest'attimo venisse interminabilmente bloccato? Cosa verrebbe, cosa si realizzerebbe? Chi, mi chiedo, chi ha la forza di vivere un eterno presente? Sempre proiettati nei nostri futuri, angosciati dal nostro avvenire, preoccupati che nulla sarà come vorremmo, quando la domanda reale che ci dovremmo porre è: sarà? Siamo troppo sicuri di ciò che abbiamo, e spazziamo via dalla nostra quotidianità la vita, convinti che viverla, in fondo, sia un gioco da ragazzi. Per me lo è, l'ho capito da poco tempo. Per me è fin troppo semplice ("Per chi ha la vita facile, morire non è una difficoltà" Wedekind). Ma per gli altri, per voi? Ringrazierei un Signore, se solo ci credessi, se solo le stesse esperienze non mi dimostrassero il contrario di quanto si professa, perchè io la vita, ce l'ho perfetta. E forse non riuscirò mai veramente a condividere le sensazioni altrui, forse davvero la mia maturazione è rimandata a data da destinarsi. Ma sento di crescere ogni giorno di più attraverso le prove che altri affrontano al posto mio. E come quando avevo 13 anni e ricevevo le lettere di mia cugina Ilaria, succhio dagli altri tutto ciò che posso, assimilo informazioni, supplisco, somatizzo. E mattoncino su mattoncino costruisco il rifugio che mi porterò sempre appresso, nel quale mi rifugerò per trovare sicurezza. C'è chi insinua che questo non è vivere, sulla mia pelle nessuna cicatrice che testimoni questo processo. Ma dentro sento un'esplosione di vitalità, nel senso puro, perchè non mi sono mai fatta affondare dalle insignificanti controversie che ho affrontato, perchè (forse) ho imparato a dare il giusto peso alle cose, alle parole, ai comportamenti; ho deciso che svetterò qui, intrepida e tenace fin tanto che resisterò, fin tanto che non sarò scossa io in prima persona dalle turbative del vivere, pronta ad affrire quel sostegno che in tanti, implicitamente o apertamente, richiedono. Senza rancore. Senza pudicizia (chè tanto non ne ho mai avuta!). Al momento ciò di cui sento di avere bisogno è accanto a me sempre, altrimenti non sarei qui a scrivere. Ho l'affetto di una famiglia, con gli scazzi del caso e le incomprensioni dovute. Ho l'amore tenace e ardente delle Imperturbabili, delle quali un solo sguardo basta a rinfrancarmi, sia esso di tacito rimprovero o di segreta accondiscendenza. Ho la consapevolezza di avere qualche tarlo, qualche errore di fabbricazione, una falla nel progetto, e me lo tengo, a muso duro rivendico la mia peculiarità, la mia dipendenza ormai sempre meno celata, gli ormoni sfasati, il cuore bucato, la schiena tritata, gli occhi velati, il bipolarismo. Perchè so che quella che sono mi ha concesso di arrivare sin qui, perchè, per citare Wedekind, "quello che si pensa di me mi è affatto indifferente. Mai e poi mai vorrei essere migliore di quello che sono. Io sto bene così".