PIERLUIGI LUPO

Ieri notte


Solo ieri notte lei piangeva, si disperava. La voce stridula. Gridava all’uomo, rabbiosa, insistente, di andare via! Che non sopportava di vederlo un minuto di più, che doveva sparire, per sempre! Non si facesse più vedere. Mentre lui sbraitava, dava i pugni al muro, bestemmiava, con voce grossa, da caverna. Ma ora sono lì, sulla porta, è mattina, lei domanda quando tornerà, e si contorce nella sua maglietta lunga, bianca, che arriva alle ginocchia, e aderisce al seno. Lo guarda, addolorata, vinta, gli manda baci… e lui, grosso come una montagna l’abbraccia. Poi le lancia baci dall’ascensore, tenero come un cagnolino da salotto. “Quando torni?” fa lei, con quel tono ansioso e come a dire: mi stai lasciando sola, brutto stronzo! “Beh, lo sai” “Tra quanto?” “Stasera, verso le sei, sei e mezzo…” risponde con voce dimessa, quasi colpevole. “Così tardi?” fa lei. E lui intenerito torna indietro, il tempo risicato di un altro bacio, e via di corsa, con forza sovrumana a staccarsi da lei, che intanto non lo molla e si riallacciano furiosamente, tra le porte dell’ascensore. Qualcuno sta battendo dal piano di sotto e grida: “Ascensore! Ascensore!!” E ancora un bacio, stavolta l’ultimo, dolce, appassionato, focoso, sull’orlo del desiderio irrefrenabile e la tentazione di mandare tutto al diavolo, gettarsi sul pavimento del pianerottolo… lasciare l’ascensore a quello del piano di sotto, ma non c’è tempo. Lui la spinge fuori, come farebbe con un nemico in battaglia, preme il pulsante T e fugge via… al lavoro, tristemente. Lei rientra in casa, strascicando i piedi, senza quasi più forze, disfa il letto, le mani nelle lenzuola, l’odore del sesso nell’aria, si mette a piangere come una bambina. In una dolce stanchezza si getta di traverso nel letto e non si muove più. Sembra dormire, ma pensa a lui. Alle cose loro. Alle sei tutto potrà ricominciare, e anche se bisticceranno sarà meglio che stare da sola, ad aspettare.