La chambre des amis

Concludo l'argomento laurea!


Gli inconvenienti che hanno funestato il giorno della mia laurea rappresentano la punta d’un iceberg faticosamente scalato nel corso degli anni, poiché, fin da quando abbia mosso i primi passi, il mio percorso formativo s’è rivelato tutt’altro che agevole: conseguita, col massimo dei voti, la maturità linguistica, avrei voluto proseguire con lo studio delle lingue presso la scuola per interpreti e traduttori di Trieste, oppure, inseguire il vecchio sogno di studiare veterinaria e dedicarmi alla cura degli animali, che ho sempre amato moltissimo ed hanno spesso costituito l’unica compagnia di cui potessi godere, tuttavia, ho infine optato per un corso di studi che non avevo mai preso in considerazione e che, agli inizi, non ho nemmeno particolarmente amato!Ancora adolescente, fantasticavo su come avrei condotto la mia vita a Torino, poiché avevo deciso che mi sarei iscritto alla facoltà di veterinaria del capoluogo piemontese: all’epoca, leggevo tutti i mesi un’importante rivista specializzata che ospitava gli articoli di molti docenti di quell’ateneo e dovevo essermi convinto si trattasse della sede migliore, inoltre, ero portato a considerare quella città più accogliente ed elegante di molte altre del nord, ove tendevo ad escludere, quindi, che avrei potuto sentirmi mai completamente a mio agio; qualche anno più tardi, la scelta ricadde, invece, su Parma e fu lì che sostenni l’esame d’ammissione nell’ormai lontana estate del ’94.Ricordo d’essermi impegnato a fondo nello studio delle materie sulle quali vertesse il test d’ingresso, consapevole del fatto non potessi paragonare le mie conoscenze di matematica e, soprattutto, chimica, biologia e fisica a quelle di coloro ch’avessero conseguito la maturità scientifica o presso un istituto tecnico; purtroppo, l’esame non andò bene, benché il mio piazzamento in centotrentasettesima posizione potesse ancora consentirmi d’iscrivermi in caso di rinuncia di qualche altro candidato: quell’anno, erano a disposizione centoquindici posti, quindi, poteva anche darsi che riuscissi a risalire in classifica quel tanto che bastasse per cominciare a vivere un sogno!Col senno di poi, riconosco abbia avuto un senso quell’esclusione all’epoca così dolorosa: il progressivo peggioramento delle condizioni economiche della mia famiglia, infatti, avrebbe reso ardua la permanenza in un posto tanto lontano da casa e conciliare studio e lavoro, pertanto, è stato meglio adattarsi a studiare autodidatticamente ed optare per una facoltà che desse modo di farlo, contemporaneamente offrendo degli stimoli notevoli e, ancora una volta, la prospettiva d’un lavoro utile per sé e gli altri.Ciò detto, capita ancora che qualcuno mi senta dire meritino maggiore considerazione gli animali, anziché gli uomini!Senza esserne del tutto convinto, ma intenzionato a non sprecare un anno, nell’autunno del ’94, però, m’iscrissi intanto alla facoltà di lingue e letterature straniere a Bari: l’idea era di cominciare a preparare qualche esame e verificarne gli esiti, per poi chiederne eventualmente la convalida altrove; avrei potuto preparare qualche esame dell’area filosofica o pedagogica, ad esempio, e poi ottenerne la convalida quali complementari del biennio a Roma, tuttavia, i mesi trascorsero senza che riuscissi ad organizzarmi, poiché, continuavo ad essere richiamato in ospedale militare per delle visite che confermassero, o meno, la mia idoneità a svolgere il servizio militare.Credo che un giorno racconterò dettagliatamente anche questa vicenda: per il momento, è sufficiente che anticipi si sia conclusa solo qualche anno più tardi e con una dichiarazione d’idoneità allo svolgimento della leva, ma con dispensa dal compierla; altrimenti detto, fui riconosciuto come omosessuale egosintonico e dispensato dall’essere arruolato, salvo che in caso di necessità, fino al compimento del quarantacinquesimo compleanno!Così raccontata, può sembrare che abbia vissuto un’esperienza noiosa ed ostativa nel raggiungimento di più importanti obiettivi, ma non traumatica: la verità è ben diversa e coincide con una lunga serie d’episodi umilianti succedutisi nel tempo e circostanze in cui abbia dovuto perfino temere per la mia incolumità fisica; in quegli stessi anni, sono entrato in contatto con tanti psicologi che prestassero la propria opera in caserma, piuttosto che in ospedale militare, ed ho potuto rendermi conto fino a qual punto potessero spingersi nel formulare le proprie valutazioni con superficialità e totale mancanza d’empatia nei riguardi altrui e, sebbene sia difficile spiegare quali pensieri formulassi, ho cominciato ad avere l’impressione che gli appartenenti a quella categoria professionale costituissero alcuni tra i peggiori nemici degli omosessuali e che, se avessi voluto combatterli efficacemente, avrei dovuto farlo ad armi pari e ciò volesse dire infiltrarmi tra le loro file!L’idea d’iscriversi a psicologia, quindi, ha inizialmente assunto il tono d’una rivalsa nei riguardi di singoli professionisti ch’avessi conosciuto, i quali, però, erano riusciti a suscitare il mio disprezzo verso un’intera categoria professionale: per alcuni anni, ho vissuto la mia formazione universitaria come il mezzo che potesse consentirmi di sconfiggere un nemico e risollevare le sorti degli oppressi omosessuali, per poi riappacificarmi coi primi, almeno in una certa misura, e divenire altrettanto critico nei riguardi di coloro che, pur vivendo una situazione oggettivamente difficile, indulgano nel vittimismo e consentano, col proprio lassismo, che offese e discriminazioni continuino ad esistere! Conclusasi, almeno temporaneamente, l’esperienza universitaria e divenuto meno pungente il dolore cagionato da una valutazione superficiale ed iniqua della mia tesi, posso affermare d’essere contento d’aver studiato psicologia, ma, soprattutto, d’aver interiorizzato quei concetti che potessero rendermi un uomo equilibrato interiormente e libero dai pregiudizi: chiunque si laurei in questa materia dovrebbe poterlo asserire, tuttavia, conosco decine di colleghi incapaci di spingersi oltre una comprensione razionale delle proprie difficoltà esistenziali, fissi nei ruoli preordinati che la società, le convenzioni e le aspettative familiari assegnino a ciascuno di noi ed ossessionati dall’urgenza di guarire gli altri, non essendo in grado d’accettare, anzitutto, la propria natura ed assecondare le proprie più intime pulsioni.Mi rendo conto che la gran parte dei miei colleghi continuerà anche ad affannarsi nell’acquisizione di sempre nuove qualifiche, rimpinguando le casse delle scuole di specializzazione private, il cui numero aumenta inarrestabilmente, ma non si fermerà mai a riflettere se ciò renda davvero qualcuno di noi empatico nei riguardi altrui, aggiornato professionalmente, ma, soprattutto, disponibile a cogliere la complessità, la ricchezza ed unicità di cui i clienti sarebbero portatori, i quali, più che l’incasellamento in sterili categorie nosografiche, desidererebbero incontrare qualcuno che li considerasse delle persone che valesse la pena ascoltare e non dei lavoratori da rendere più produttivi, piuttosto che uomini e donne capaci d’adeguarsi celermente ed irriflessivamente alle più disparate richieste societarie (ancora una volta, non mi riferisco esclusivamente a coloro che non accettino il proprio orientamento sessuale).Per quel che mi riguardi, ho definitivamente abbandonato l’idea di sprecare quattro anni della mia vita studiando psicoterapia in uno dei predetti esamifici: mi rendo conto che lo farei solo per adempiere a quello che gli addetti ai lavori vogliano farmi credere essere l’ineluttabile destino di quanti si laureino in psicologia!Anzitutto, credo che mi servirebbe maggiormente frequentare un corso di psicodiagnosi, poiché, prima di curare un disturbo, vorrei sentirmi sufficientemente sicuro d’averlo individuato correttamente ed all’università non ce l’insegnano; secondariamente, oltre che per il motivo predetto, ho sempre meno fiducia nella bontà degli interventi riabilitativi realizzati da gente che, per il solo fatto d’iscriversi ai corsi privati di scuole costantemente alla ricerca di nuovi adepti, non verrà mai bocciata, od almeno esortata a riflettere sull’opportunità di svolgere qualsiasi altra professione, fuorché quella di curatori d’anime! Personalmente, non m’affiderei più ad un terapeuta per affrontare una mia difficoltà esistenziale, meno che mai ad un counselor!Per anni, ho alternativamente progettato d’iscrivermi ad un master in counseling, sinceramente convinto della validità degli interventi che tali facilitatori nelle relazioni d’aiuto potessero realizzare nei riguardi altrui, ma, peggio ancora che nel caso delle scuole di psicoterapia, mi sono accorto gl’istituti di preparazione, ormai, raccattino ovunque gli studenti, fuorché tra coloro che sarebbero in grado di svolgere la professione con la serietà che sarebbe necessaria e, soprattutto, la consapevolezza dei limiti insiti nel loro ruolo!Non vengono quasi mai selezionati gli accessi in base alle motivazioni ed agli studi pregressi compiuti dagli aspiranti discenti, semmai, è sufficiente che dimostrino d’essere in condizione, anche loro, di poter regolarmente pagare la retta e le tasse d’esame; quanto alle motivazioni, quella principale mi sembra che sia riuscire a svolgere un lavoro che assicuri sempre nuovi clienti - letteralmente intesi come risorsa economica esclusivamente - e, più spesso di quanto si possa pensare, ovviare alla propria incapacità di portare a termine un corso di studi universitario.Conosco counselors che parlano di sé come fossero i migliori terapeuti che il fato benevolo possa consentire d’incontrare, trascurando quello che non sarebbe un dettaglio infinitesimale: il counselor non può essere un bravo terapeuta, poiché non è proprio un terapeuta!Nella quasi esclusività dei casi, le scuole di formazione non richiedono nemmeno che gl’iscritti siano laureati, figuriamoci se possano competere con quanti, specificamente, abbiano studiato per cinque anni psicologia all’università, che, come io per primo sostengo, rivelino sovente dei limiti sul piano umano e morale, ma conoscano almeno i principali modelli teorici che possano orientare la pratica clinica ed i principi del metodo scientifico!In futuro, purtroppo, ci saranno sempre più persone culturalmente, professionalmente ed umanamente impreparate per affrontare i delicati compiti loro assegnati nel rapporto coi clienti e sempre più utenti ansiosi di delegare a figure esterne la risoluzione dei propri problemi e ciò creerà una combinazione deleteria e difficilmente contrastabile: sarò ripetitivo, ma l’unico fine cui mirino professionisti ed enti di formazione è il profitto, molto più che alla qualità dei servizi erogati e, sempre più irrevocabilmente, stiamo importando il modus operandi straniero, che prevede l’accesso agli interventi riabilitativi e la loro copertura assicurativa solo nel caso si prefigurino di breve durata e necessariamente economici.Stando così le cose, riterrei quanto meno squalificante ritrovarmi assiso tra i banchi insieme a gente ansiosa di riciclarsi nella veste di ‘terapeuta’ o moderno sciamano, ma incapace di riconoscere, concretamente, nelle modalità di rapporto con l’esterno i presupposti, o meno, per la guarigione e la propria funzione di soli intermediari tra sé e gli altri, o, meglio ancora, aspetti consci ed inconsci della propria personalità che fosse opportuno riuscire ad integrare!Naturalmente, non posso trascurare il fatto di vivere in Italia e che si tratti d’un luogo strano, ove la meritocrazia temo non esisterà mai: fermo restando i limiti che riconosca a tanti colleghi, ad una persona che si laurei in psicologia è richiesto di svolgere un lungo periodo di tirocinio e sostenere i relativi esami di stato solo perché possa cominciare a pagare la quota annuale all’ordine professionale; d’iscriversi ad una scuola di specializzazione di durata almeno quadriennale e sostenere i relativi esami, per poi provare a partecipare ad un concorso pubblico, le rare volte in cui ci si ricordi come bandirli; alternativamente, di rassegnarsi a lavorare nel sociale per un tozzo di pane e riciclandosi nel ruolo d’educatore, bene che vada; poi ci sono gli “eletti”, quelli che, per aver stiracchiato un sessanta alla maturità tecnica o professionale, possono decidere di chiedere ai danarosi genitori che, anziché l’ennesimo viaggio all’estero, finanzino il master in counseling, i quali, appena ventunenni, potranno fregiarsi del titolo di ‘terapeuti’ e ridere dei colleghi più maturi ed ‘ingenui’!Nondimeno, ripeto il fatto, oggi, stia scagliandomi contro di loro, non significa sia più disponibile a parlar bene degli psicologi, se non in termini generali; i miei ultimi contatti con rappresentanti della categoria risalgono ad un paio di mesi fa, allorché cercavo un posto dove poter fare tirocinio ed ho dovuto imbattermi sia in quelli che lavorino presso gli ospedali cittadini, che associazioni private, non riuscendo a stabilire quali fossero i peggiori!In ospedale, ho potuto constatare la dottoressa assegnasse, ed il tono sarà assolutamente ironico, inestimabile importanza alla riservatezza, poiché, presumendo d’aver capito tutto di me dopo soli dieci minuti che chiacchieravamo - tant’è che io, al suo posto, mi riciclerei come medium e sensitiva! - ha provveduto a spiegarmi, con evidente riferimento alla mia omosessualità, il mio problema sia rappresentato dal fatto l’ostenti; presumendo, forse, che non mi fosse del tutto chiaro il concetto, ha voluto farmi un esempio pratico, citando – giuro! – l’uomo ed il collega per riprendermi dal quale abbia avuto bisogno, fin dall’estate scorsa, di condividere con gli internauti i miei sfoghi: a quanto pare, io non farò mai carriera poiché sono ‘dichiarato’, mentre lui c’è riuscito poiché ha adottato l’opportuno accorgimento di sposarsi e mettere al mondo un figlio, che, incontrato una sola volta, m’auguro di non rivedere mai più per quant’è brutto!Sono anch’io convinto che non farò mai carriera, ma mi consolo pensando che potrò spendere per me quei pochi soldi che riuscirò a guadagnare, anziché farmeli continuamente estorcere dalla mia sposa e, almeno fino a quarant’anni, da una così orrida creatura!Scherzi a parte, considerato si trattasse d’una terapeuta familiare, continuo a chiedermi quale aiuto sarebbe in grado d’offrire ad un ragazzo che volesse essere rassicurato circa la naturalità del proprio comportamento, piuttosto che ad una coppia di genitori che non riuscissero ad accettarne l’omosessualità e l’aspirazione a vivere dignitosamente, in accordo con la propria natura!In un altro caso, e mi limiterò a citarne un paio, la dottoressa ha obiettato non potessi essere accolto come tirocinante presso la comunità di recupero per tossicomani in cui lavora, poiché ospiterebbe, almeno quella convenzionata con la mia università, esclusivamente donne: al contrario della prima, a lei non consiglierei la carriera di chiaroveggente, in quanto non occorrerebbe possedere doti di particolare sensibilità per accorgersi io preferisca di gran lunga i maschi!Nuovamente, m’è sembrato di vivere una situazione assurda, poiché, indipendentemente da quale sia il mio orientamento sessuale, e quale potesse eventualmente essere quello di qualsiasi altra persona che chiedesse di poter essere supervisionata, esso non avrebbe dovuto condizionare la scelta d’un candidato al posto d’un altro, tuttavia, è accaduto; ancor più grottesco il fatto che, con riserva, potessero provare a farmi svolgere quest’esperienza formativa presso la comunità maschile, ove è probabile che qualcuno con un occhio più clinico della collega si sarebbe presto accorto di qualche sguardo languido rivolto agli ospiti più carini!Non ho accettato la seconda proposta, comunque, poiché avrei dovuto raggiungere quotidianamente un paese d’un’altra provincia e, considerato odi guidare e i tirocini non vengano retribuiti, non era il caso di sprecare pure soldi per la benzina!In compenso, la mia amica Valentina, che, per sua fortuna, abita altrove, è stata ammessa come tirocinante presso l’ospedale militare, ove, nonostante le forze armate adesso accolgano anche le donne, credo continui ad essere preponderante la presenza maschile: nessuno s’è scandalizzato e sono convinto anch’io che non si guadagnerà fama di donna di malaffare!Fatto sta che il tirocinio m’è slittato d’un semestre: inizialmente, sono stato male anche a causa di ciò, poi, abituato a pensare che i drammi della vita siano altri e avendone sempre avuto il presentimento, ho voltato pagina e deciso d’approfittarne per dedicarmi ad altre attività che mi stanno a cuore; non pago del titolo recentemente conseguito, anzi, forse coltivando un nuovo desiderio di riscatto, sto seriamente prendendo in considerazione la possibilità di tornare ad iscrivermi all’università, senza contare continui cercare lavoro.Fortunatamente, e me lo ripeterò sempre, non sono ossessionato dal pensiero di svolgere ESATTAMENTE la professione per la quale abbia studiato finora, non rincorro sogni di gloria in ambito lavorativo, m’interessa guadagnare quel tanto che basti a vivere dignitosamente: non desidero un’auto di grossa cilindrata, né abiti firmati, ma solo continuare a trovare il tempo per immergermi nella lettura, coltivare i miei interessi e stare insieme alle persone che mi rendano sereno.Prenderò una seconda laurea non perché desideri che mi vengano riconosciute una grande intelligenza e cultura, ma per approfondire degli argomenti che reputi essenziali ad una maggiore comprensione di me stesso e della realtà che mi circondi: desidero fortemente conservare la capacità di migliorarmi costantemente e divertirmi con poco, nonché quella d’agire, per quanto possibile, disinteressatamente nei confronti del prossimo, poiché ho continue riprove del fatto la gente, a tutti i livelli, si stia pericolosamente disabituando a farlo, sebbene, prima ancora, basterebbe dire non sia educata e rispettosa delle più elementari norme del vivere civile, si crogioli nel lassismo e quella paranoicità che consenta d’imputare sempre ad altri le cause del proprio malessere e, purtroppo, impedisca pure di rimediarvi!