La Donna Camel

Le avventure di Nonugo 2/n


Nonugo era laureato in agraria. Aveva potuto studiare grazie a una zia facoltosa perché il babbo era morto quando lui era bambino e la mamma riusciva a malapena a sfamarli. Era il minore di sette fratelli e sorelle, lo chiamavano poleciut. Quando era piccolo assomigliava davvero a un pulcino, con tutti quei capelli biondi fini fini che d’estate, a correre tutto il giorno per i campi, diventavano ancora più chiari, quasi bianchi come la scorza delle pannocchie.La sua carriera di scaricatore era già bella e finita in un ufficio a riempire i moduli e i registri della Compagnia. Numeri su numeri da far venire il mal di testa. Non che Nonugo fosse dispiaciuto, non subiva per niente il fascino romantico della dura vita del porto, era un tipo concreto che badava al sodo. Per questo aveva deciso di scrivere al parroco del suo paese in Italia.Lavorava senza concedersi tregua, senza una distrazione. Alla sera studiava lo spagnolo per migliorarsi.Abitava in una stanza a pensione da una vecchina, una signora curva come un giunco sull’acqua, con le mani nodose da strega ma gli occhi gentili che nella sua andatura stortignaccola portava una certa aristocratica fierezza. Era una bella casetta pitturata di azzurro, tutta su un piano con intorno un piccolo giardino polveroso. Nonugo le tagliava l’erba e le potava le siepi - uno sforzo di Sisifo arginare la giungla che a dicembre cercava di avere la meglio sull’ordine pretenzioso e già piccolo borghese a cui aspirava la padrona di casa. In cambio di questo extra in natura alla pigione aveva il permesso di consultare qualsiasi volume della biblioteca che era stata del marito di dona Angelica Ocampo Aguirre.La stanza era sempre in penombra, mai gli scuri venivano aperti per non rovinare i tappeti e la grande poltrona di cuoio, unico mobilio oltre agli scaffali che ricoprivano due pareti intere, dal pavimento al soffitto.Nonugo si prendeva un libro a caso ogni sera, lo sceglieva nel buio come una sorpresa o una promessa, se lo portava in camera da letto e leggeva qualsiasi cosa per metà della notte. Dopo due o tre ore di sonno si alzava, faceva la sua ginnastica mattutina, il bagno nella vasca di zinco, la barba davanti allo specchio a tre ante, riponeva il libro nel punto preciso dello scaffale da dove l’aveva preso e andava al lavoro profumato di vetiver.(Continua, forse)