La Donna Camel

Fumetti a scrocco


Non sono mai stata una grande appassionata di fumetti. Non in prima persona: c'è sempre stato qualcun altro in casa che lo era al posto mio. Leggevo (e leggo) i fumetti a scrocco. Mio padre comprava Topolino (Mi fai vedere la copertina? no, prima lo leggo io. Solo la copertina, dai, ti prego. Vabbè, ma da lontano.) e poi negli anni Il Mago, ne aveva una raccolta introvabile e Linus, come ripiego quando avevano smesso di pubblicarlo.Mio fratello leggeva Dylan Dog e ce li aveva tutti dal primo all'ultimo, era un collezionista. L'altro fratello, molto più giovane, era un fan di Andrea Pazienza, ci si faceva le magliette con le tavole che gli piacevano di più.E i miei figli i manga. Ogni generazione un fumetto, è ovvio, anche se adesso manco si chiamano più così: graphic novel. Avevo pensato di scrivere due parole su Sergio Bonelli che è morto oggi e mi dispiace molto. In un primo momento mi sono trattenuta, mi sembrava di non averne il diritto. Che c'entro io, scroccona dei fumetti?Non c'entro, difatti. E nemmeno questa storia che mi è venuta in mente. Una storia senza morale.Eravamo andati in gita a Palau durante una vacanza con qualche amico e tutta una serie di bambini, tra cui i miei. Eravamo entrati in un grande negozio di libri e giornali e ci eravamo dispersi come sempre succede in questi casi, ciascuno attratto dai suoi centri di interesse, chi libri, chi giocattoli, penne, giornalini, bigiotteria, c'era di tutto. Mio figlio dal passeggino mi aveva mostrato col ditino un bell'album: c'era scritto sopra Dylan Dog e in basso, in stampatello, IL MALE. Gli accarezzai la testolina bionda, no caro, non va bene per te. Perché non prendiamo la Pimpa? Mi rimisi a sfogliare una rivista di vela che aveva attirato la mia attenzione. Dopo un po' vidi che il piccolino, aveva due anni e mezzo,  allungandosi quanto gli consentiva la cinghia di sicurezza aveva preso in mano quel fumetto. Cercai di distrarlo facendogli vedere un fascicolo dei puffi incellofanato con un gioco d'acqua, ai tempi andavano di moda. Niente, non mollava la presa, dovetti  strapparglielo di mano, sorda alle di lui rimostranze. Cercai di spiegargli che quel fumetto faceva paura ma lui piangeva e lo indicava col ditino: non sapeva ancora parlare. Qualche volta però bisogna imporsi, anche se non sapeva nemmeno leggere non mi sembrava proprio il caso, lo rimisi al suo posto. Con decisione spinsi il passeggino in un'altra zona del negozio, sperando che si calmasse. I bambini son così, dopo un po' si dimenticano e gli passa. Una volta fuori dal negozio proposi di andare a prenderci un gelato, così si consola e si pensa ad altro, mi dicevo. Eravamo seduti tutti intorno a due tavolini all'aperto, ormai lontani dalla libreria, quando mi cadde l'occhio sulla reticella del passeggino: tra le maglie si vedeva nettamente il mostro in copertina. Non so ancora come abbia fatto, non l'avevo perso di vista un momento.