La Donna Camel

L'occhio del coniglio 13. Stamattina niente vento


Eccone un'altra. “Stamattina niente vento.” Carlo era risalito a bordo sventolandosi la faccia con la fotocopia del bollettino appena ritirato in capitaneria. Ripose la cartelletta di stoffa con i documenti sotto il piano del tavolo da carteggio.“Cosa facciamo?” disse Anita alzando gli occhi dal libro.“Togliamoci di qui. È la stessa cosa anche su meteomar. Più presto arriviamo alle bocche, meglio è.”Non smontarono nemmeno il tendalino. Stavano tutti intorno al tavolo del pozzetto, col minimo di frescura del vento di velocità.“Ma non ci arriviamo stasera” continuò Anita dopo un po’.“Ah no. Se va bene stasera siamo a Solenzara.”“Ci porti fuori a cena?”“Vediamo.”Anita scese in cabina, aprì il frigo e tirò fuori un sacchetto pieno di verdure. Prese il coltello e il tagliere e portò tutto fuori in pozzetto. Si mise a sedere in fondo, appoggiandosi alla panca tagliava le carote, buttando gli scarti in acqua.“Giochi con me ai pokemon?”Giulio picchiettava sui lati di un grosso mazzo di carte.“Adesso non posso. Sto preparando l’insalata di riso.”“Uffa”“Hai chiesto a Viola?”“Sta leggendo.”“Eggià. Gioca col Gameboy allora.”“L’ho finito. Me ne compri uno nuovo?” Giulio guardava la riva, persa nella foschia. Lontanissima.“Vediamo.”“Quello bianco?”“Mi sa che dobbiamo aspettare di arrivare in Sardegna. Qui magari è in francese.”“E intanto cosa faccio?” Aveva preso un parabordo e lo cavalcava, saltando sulla panca.Anita si voltò verso Carlo. Era seduto vicino al timone e guardava la costa.“Hai chiesto a papà?”Giulio girò la testa verso suo padre per vedere se aveva sentito. Carlo faceva finta di niente. Cavalcando il parabordo gli andò vicino.“Giochi?”“Eh?”“Papi, giochi con me?”“A cosa?” Carlo alzò i sopraccigli. Anita ridacchiò senza farsi sentire, tocca un po’ anche a te, pensò scendendo in cabina.Giulio gli mostrò il mazzo.“Ma non sono capace.”“Papi è facilissimo. Ti insegno io. Guarda, per prima cosa bisogna fare i mazzi, vedi?”Anita prese una pentola e la mise sul fornello con l’acqua per il riso. Sotto faceva caldo e il rumore del motore era fastidioso, così da vicino. Ma preferì lasciarli da soli. Mentre aspettava che l’acqua bollisse si mise a rassettare i cuscini sui divanetti intorno al tavolo, tolse le pieghe ai teli di spugna che usava per salvare il rivestimento azzurro, passò una spugnetta sul tavolo e raccolse le briciole dal pavimento con l’aspirapolvere a pile.“Poi bisogna mettere sette carte, hai capito?”Ogni volta che passava davanti all’entrata approfittava per dare un’occhiata fuori.“Avvelenato!”Viola uscì stiracchiandosi dalla sua cabina.“Cosa fai?”“L’insalata di riso. Hai finito il libro?”“Sì.” Prese un pezzo di pomodoro dalla marmitta, lo osservò da tutte le parti tenendolo con due dita e se lo lanciò in bocca. “Ti aiuto?”“Gratta le carote. Se vuoi.”“Ma non vale, tu imbrogli! Basta, con te non ci gioco.”“Non è vero!” Giulio si era messo a piangere.Anita salì due gradini e si affacciò fuori.“Mamma. Non è vero che imbroglio, il gioco è così!” Giulio era tutto rosso e le lacrime gli scendevano dalle guance, formando due righe fangose sul torace abbronzato.“È un imbroglione! Cambia le regole come vuole lui per vincere” disse Carlo, scuro in faccia.“Non è vero!” il bambino picchiò un pugno sul tavolo, poi sganciò l’aletta e fece cadere giù tutte le carte.Carlo gli allungò un ceffone, lui dava calci alle carte in fondo al pozzetto, dava calci dappertutto badando bene di non colpire le gambe di suo padre ma sfiorandole pericolosamente.Anita si voltò e tornò sottocoperta. Le scappava da ridere.(continua)
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