La Donna Camel

L'occhio del coniglio 27. Metti via la spesa


“Metti via la spesa che domani partiamo presto.” Disse Carlo. Era seduto al tavolo da carteggio e la guardava trasbordare le borse dal pozzetto.“Puoi darmi una mano, se vuoi. C’è ancora roba fuori.”“Chiama i bambini. Adesso non posso. Sto preparando la rotta.”Lei salì la scaletta per fare l’ultimo viaggio. Guardò in alto. Il cielo si era fatto grigio, tutto coperto dalle nuvole e l’aria umida sfumava i contorni della costa. La bandiera pendeva floscia sul paterazzo.Rientrò in cabina e si guardò intorno. I sacchetti della Coop erano sparsi sul pavimento, sui divani c’erano vestiti appallottolati e giornalini e carte di merendine e briciole.“Cosa dice il bollettino?” disse avvicinandosi a Carlo, “mi sembra che si stia guastando.”“C’è una perturbazione con la minima nel golfo del Leone. Ma qui siamo ridossati.”“Fino a che stiamo qui, sì” disse lei sbirciando la carta nautica. “Io la lascerei passare.”Gli voltò le spalle e aprì il gavone delle verdure. Tolse i residui con paletta e scopino: bucce di cipolla secche, una reticella dei limoni vuota, briciole, polvere. Passò lo straccio umido e poi stivò il sacco delle patate e le altre verdure che aveva comprato.“I bambini qui si divertono. In spiaggia hanno trovato qualche amico. Possiamo fermarci ancora un giorno o due.” Continuò senza alzare la testa. “E poi io sono stanca morta.”“Sei pigra. Fosse per te staremmo sempre in porto. No, fosse per te staremmo a terra, sull’invaso.”Anita era davanti al frigo. Tirò fuori tutto quello c’era dentro e infilò la testa e una spalla per controllare che non ci fosse rimasto niente che potesse intasare lo scarico.“Da qui a Ponza sono poco più di centocinquanta miglia, una ventina di ore o anche meno.” Continuò lui. La seguiva con gli occhi andare avanti e indietro con le confezioni che ammucchiava sul piano vicino al lavandino.Lei prese la spugna e pulì bene il fondo della ghiacciaia. Ci mise dentro le verdure deperibili che aveva appena comprato, prima le carote e i pomodori, poi le mele, le pesche e sopra tutto i formaggi nuovi e gli avanzi. Chiuse la botola e gli andò vicino.“Centocinquanta miglia col vento sul muso, magari venticinque trenta nodi in mare aperto, non si fanno in venti ore. Se la bassa è nel golfo del leone per due o tre giorni ci saranno venti da sud. Da questa parte delle Bocche poco ma sicuro che girano da est. Mi sembra cretino partire adesso, vuol dire farsi tutta la giornata di bolina con il vento contro e il mare in faccia.”“Bella lezioncina. Te la sei preparata prima o ti è venuta così?”“Non c’è niente da ridere.”“Ma tu la metti giù troppo dura. È estate. Prendiamo una mano di terzaroli, che vuoi che sia. ”“Che vuoi che sia. Ho fatto la spesa e la sto mettendo a posto, poi devo pulire la barca, preparare la cena, lavare i piatti, far la doccia a Giulio. E queste sono le mie vacanze. Per cambiare un po’, alterniamole con un paio di giorni in mare aperto a prendere secchiate in faccia, che mi piace da morire.”Lui si alzò e fece per uscire. Lei si mise davanti alla scaletta.“No no. Non ti lascio svicolare via.”“Con te è inutile discutere. Vado a cercare i bambini.”“No aspetta. Adesso mi devi spiegare perché vuoi andare a Ponza.”Lui rimase fermo. Guardava fisso la scaletta davanti a sé.“Qui ci sono i nostri amici. Ci sono i posti più belli di tutto il mediterraneo, riparati con qualsiasi vento, posti che conosciamo a menadito, scoglio per scoglio, secca per secca, potremmo ormeggiare con gli occhi bendati. Vorrei capire perché ci dobbiamo buttare in mare aperto, con una probabile burrasca, mettendo a rischio la barca e i bambini. E poi. Perché proprio a Ponza?”“Perché li conosciamo a menadito. Non può essere una buona ragione?” Scosse la testa e fece un gesto con la mano.“Ma davvero?” disse Anita, “cacceresti nei guai la tua famiglia solo per noia?”Lui alzò gli occhi e sbuffò.“Non ci credo che sei così idiota.” Disse lei arricciando il naso. Prese un respiro per controllare la voce, non voleva piagnucolare. Si bilanciò sulle gambe e mise una mano nella tasca dei jeans.“Tu fai come credi. Ma ti avviso, domattina noi non ci muoviamo di qui.” Disse tutto in un fiato. “Se vuoi partire lo stesso fammelo sapere, che prendo i bambini e vado da Gabriella. E magari ce ne torniamo a Milano.”“Cos’è, un ammutinamento?” ridacchiò.Lei non rispose. Si era voltata verso la cucina e stava mettendo via i barattoli di sottaceti e olive.Lui guardò fuori. La coperta era bagnata, si era messo a piovere.(Continua) 
Questo è L'occhio del coniglio, un romanzetto che ho scritto io e che mi piace offrire ai miei blogamici e agli sfaccendati che passano di qui.Già che faccio l'editore di me stessa, ho prodotto anche una versione digitale, mobi, epub e pdf. Se ti stanchi di leggere a schermo e la vuoi mettere nel tuo lettore eBook oppure se hai occasione di stampare a ufo e vuoi il pdf, scrivi a ladonnacamel@gmail.com e te la mando. Gratis e senza DRM!(Però poi non venire qui a spoilerare il finale eh, t'ammazzo! Che, se non si era capito, le puntate qui continuerò a metterle, al ritmo di due a settimana, più o meno.) 
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