Ma in pratica, che consigli consiglia un consulente Web Advisor, mi hanno chiesto. Mi hanno chiesto anche un sacco di altre cose, si stava lì apposta. Del resto scrivere per il web è una dicitura molto vaga. Ciascuno ci ha il suo problema e dunque se riesce a dirmelo in meno di un quarto d'ora, c'è la possibilità che io riesca passargli una buona idea.Le buone idee sono quelle cose dalla forma imprevedibile ma fluida che nuotano nel brodetto di queste manifestazioni, guizzano tra un tavolo e l'altro e se hai pratica, mano lesta e buona mira ti può succedere di fiocinarne una o due.Il primo dei miei consultanti produce video aziendali e io lo comprendo nel senso più profondo. È difficile far capire al cliente che per girare un video bisogna partire da un obiettivo (nel senso di scopo, non è un gioco di parole troppo facile) e poi viene il progetto e poi tutto il resto, mi dice, dunque cosa ci metto nel sito?Io lo comprendo, dicevo, perché so che sperimenta le mie stesse difficoltà. Il più delle volte anche chi viene da me non sa dire con precisione cosa si aspetta dal suo futuro sito web. Molti sentono di aver bisogno di un sito, tanto quanto probabilmente sentono di aver bisogno di un video aziendale. (Pensa a quelli che sentono di aver bisogno di un figlio, di un fidanzato, un cane, un gatto un pesce rosso e poi, quando va bene, finiscono per accontentarsi di un paio di scarpe nuove. Non voglio guardare nell'abisso di quando va male.)La risposta che può funzionare è quella che consiglio sempre nella scrittura, quella dei miei maestri e dei loro maestri: mostra e non spiegare, show don't tell e se questo può avere a che fare con lo story telling, che è una delle mode attuali della comunicazione, va applicato con attenzione. Story telling, raccontare una storia, va bene se mi fai vedere come funziona bene e non se mi racconti quanto è buono il tuo prodotto, e ci sono milioni di brutte pagine pubblicitarie che lo dimostrano. Del resto, un sito non è una pubblicità, come non lo è un video aziendale.A mia volta non sto a spiegargli tutto quanto, ho solo quindici minuti e metà se ne sono già andati nella sua richiesta, nel ritratto del suo cliente, dei clienti dei suo cliente fino al sesto grado di separazione, quello in cui il cliente del cliente del suo cliente sono io.Case history, ecco come devi fare, e questo è il mio show don't tell.Racconta le storie dei lavori venuti bene, a partire dal momento in cui hai applicato la maieutica per estrarre dal desiderio informe del tuo cliente un obiettivo preciso e una direzione: branding, marketing, prodotto, prestigio, customer care, cosa, come sei riuscito a fargli vedere quello che si immagina il tuo cliente nel suo futuro.E poi il secondo, necessario momento, la scrittura del film, il soggetto, la sceneggiatura, la location, la durata, le battute, le musiche, tutto quello che ci hai messo e perché ce l'hai messo, e quello che non hai messo, quello che hai dovuto lasciare fuori, di solito una grossa parte del lavoro, e la lotta che hai dovuto vincere - o perdere- col tuo cliente per convincerlo, che il cliente si affeziona ma il montaggio è la parte più importante, decisiva direi.La terza fase della tua case history è il prodotto finito, nelle sue diverse declinazioni: la versione istituzionale, quella per i social, quella leggera e quella delle grandi occasioni, i commenti, i premi, il portfolio.
I consigli del web advisor
Ma in pratica, che consigli consiglia un consulente Web Advisor, mi hanno chiesto. Mi hanno chiesto anche un sacco di altre cose, si stava lì apposta. Del resto scrivere per il web è una dicitura molto vaga. Ciascuno ci ha il suo problema e dunque se riesce a dirmelo in meno di un quarto d'ora, c'è la possibilità che io riesca passargli una buona idea.Le buone idee sono quelle cose dalla forma imprevedibile ma fluida che nuotano nel brodetto di queste manifestazioni, guizzano tra un tavolo e l'altro e se hai pratica, mano lesta e buona mira ti può succedere di fiocinarne una o due.Il primo dei miei consultanti produce video aziendali e io lo comprendo nel senso più profondo. È difficile far capire al cliente che per girare un video bisogna partire da un obiettivo (nel senso di scopo, non è un gioco di parole troppo facile) e poi viene il progetto e poi tutto il resto, mi dice, dunque cosa ci metto nel sito?Io lo comprendo, dicevo, perché so che sperimenta le mie stesse difficoltà. Il più delle volte anche chi viene da me non sa dire con precisione cosa si aspetta dal suo futuro sito web. Molti sentono di aver bisogno di un sito, tanto quanto probabilmente sentono di aver bisogno di un video aziendale. (Pensa a quelli che sentono di aver bisogno di un figlio, di un fidanzato, un cane, un gatto un pesce rosso e poi, quando va bene, finiscono per accontentarsi di un paio di scarpe nuove. Non voglio guardare nell'abisso di quando va male.)La risposta che può funzionare è quella che consiglio sempre nella scrittura, quella dei miei maestri e dei loro maestri: mostra e non spiegare, show don't tell e se questo può avere a che fare con lo story telling, che è una delle mode attuali della comunicazione, va applicato con attenzione. Story telling, raccontare una storia, va bene se mi fai vedere come funziona bene e non se mi racconti quanto è buono il tuo prodotto, e ci sono milioni di brutte pagine pubblicitarie che lo dimostrano. Del resto, un sito non è una pubblicità, come non lo è un video aziendale.A mia volta non sto a spiegargli tutto quanto, ho solo quindici minuti e metà se ne sono già andati nella sua richiesta, nel ritratto del suo cliente, dei clienti dei suo cliente fino al sesto grado di separazione, quello in cui il cliente del cliente del suo cliente sono io.Case history, ecco come devi fare, e questo è il mio show don't tell.Racconta le storie dei lavori venuti bene, a partire dal momento in cui hai applicato la maieutica per estrarre dal desiderio informe del tuo cliente un obiettivo preciso e una direzione: branding, marketing, prodotto, prestigio, customer care, cosa, come sei riuscito a fargli vedere quello che si immagina il tuo cliente nel suo futuro.E poi il secondo, necessario momento, la scrittura del film, il soggetto, la sceneggiatura, la location, la durata, le battute, le musiche, tutto quello che ci hai messo e perché ce l'hai messo, e quello che non hai messo, quello che hai dovuto lasciare fuori, di solito una grossa parte del lavoro, e la lotta che hai dovuto vincere - o perdere- col tuo cliente per convincerlo, che il cliente si affeziona ma il montaggio è la parte più importante, decisiva direi.La terza fase della tua case history è il prodotto finito, nelle sue diverse declinazioni: la versione istituzionale, quella per i social, quella leggera e quella delle grandi occasioni, i commenti, i premi, il portfolio.