La Donna Camel

Capitolo primo: Siam pronti a partir


Ho tirato fuori l'album del Sahara per rinfrescarmi la memoria. E' un grande quaderno ad anelli, con i fogli in cartoncino bianco e vicino alle foto ci sono le mie annotazioni: date, nomi, luoghi (scordatevelo! :P). Così posso ricordare che siamo partiti da Milano il 20 luglio del XX, mica male: ci potrei scrivere un romanzo storico. Ma, già che ci siamo, sarebbe meglio andare indietro ancora di qualche mese, fino alla primavera del XX, quella sera a casa di J&B (che sembra una marca di whisky ma giuro che non è così). Erano gli unici della compagnia già sposati, così la loro casa diventava per forza un centro gravitazionale, un posto dove andare invece del bar. Eccoci tutti quanti inginocchiati o seduti per terra intorno alla carta ben spianata, e B che spiegava l'itinerario, minimizzava i problemi, decideva le tappe. Lui c'era già stato: Tunisia, Algeria e Marocco, aveva solo diciassette anni, uno zaino e il portafoglio bello pieno. Qualunque cosa si volesse fare, B l'aveva già fatta, come se avesse vissuto un'altra vita, prima, e aveva solo un paio d'anni più di noi. M annuiva entusiasta, io domandavo che ci andavamo a fare nel deserto in agosto, o comunque nel deserto: a me piaceva il mare. Niente, mi fu promesso che prima e dopo ci saremmo fermati anche al mare: allora accettai - perplessa. Ma non volevamo partire come degli sprovveduti: ci saremmo preparati a dovere. B aveva un vecchio furgone, ci avrebbe messo dei mobili e l'avrebbe trasformato in un camper. Noi? Be', avevamo la cinquecento di M e la tenda canadese. Ah no, io non ci dormo in tenda, chissà che bestiacce strisciano da quelle parti: serpenti, scorpioni, scarafaggi immondi… E va bene, allora facciamo l'air-camping. E cosi' fu fatto. M comprò un portabarca da fissare sul tetto del cinquino e un'asse di truciolare della misura giusta, cioè due metri per centodieci, come la tenda. Poi fabbricò quattro colonnine di ferro da fissare al paraurti davanti e dietro, per distribuire il nostro peso. La tenda fu inchiodata al legno, con i pali già fissati e piegati da un lato. Al bisogno, bastava rizzarli in piedi e in trenta secondi la tenda era montata. Ci procurammo un frigorifero trivalente (molto, molto piccolo), poi tre ruote di scorta, taniche per l'acqua e per la benzina, dato che avremmo dovuto percorrere dei tratti di mille chilometri senza poter fare rifornimento, e meno male che la macchina consumava poco. E poi pezzi di ricambio, ma non chiedetemi cosa, e le toppe per aggiustare le gomme, e un sacco di viveri, fornellino, pentoline, acqua minerale, e cento - dico cento - lattine di cocacola. Per far entrare tutto nella cinquecento togliemmo il sedile di dietro e stivammo la roba in modo da poter prendere quello che ci serviva via via senza spostare ogni cosa. Questa soluzione insospettì i funzionari della dogana a Tunisi, che vollero compiere una ispezione accurata, scombinandoci l'inventario, in modo che per tutto il viaggio non fummo più capaci di trovare niente al momento opportuno… ma non anticipiamo. (continua: state connessi ;)