La Donna Camel

Le tende


Ci ho una storia che bussa. Mi fa toc toc da tre giorni, per la precisione da venerdì sera. Insomma c’è una donna che deve andare a un appuntamento di lavoro. E’ tutta agghindata da lavoro, la gonna nera, il golfino di cachemire, le scarpe col tacco. Manca un’ora all’appuntamento. Questa donna è a casa sua e guarda le tende nuove che ha appena comprato. Sono belle, grandi, leggere e vaporose. Si immagina come vestiranno bene la finestra, copriranno tutta la parete, sono tre tendoni color ecrù con fettucce e bottoni. L’appuntamento è importante: se tutto andrà bene piazzerà un server e due dozzine di computer e il software di rete e l’installazione. Un affare fin troppo grosso per loro, il suo socio trema all’idea. Dovremo indebitarci, e se non pagano? Peccato che la riloga non è ancora stata montata. Che ci vuole? bastano due tasselli, non è un lavoro difficile. Le referenze sono ottime, una succursale italiana di una ditta giapponese, solidissima. Che strana circostanza vendere computer ai giapponesi. Computer americani, poi. Sarebbe un colpo gobbo, come il fatturato di mezzo anno. Insomma, la donna girella per casa e trova due tasselli perfetti per quel bastone che aveva comprato. Che ci vuole? Monta la scala, prende il trapano e fa due buchi sul soffitto. In venti minuti le tende sono al loro posto, le resta ancora il tempo per spazzolarsi via la polvere di muro dai vestiti. Che idea fare questi mestieri con la gonna nera. I giapponesi si presentano in tre più l’interprete. C’è il vecchio capo, quello che decide tutto, il sottocapo che è quello che parla e il giovane, quello che deve stare zitto e imparare. Sono schierati tutti da una parte di fronte a lei. La trattativa è lunga e bizzarra: loro parlano in inglese con l’interprete, ma sanno l’italiano (nei giorni seguenti li avrebbe sentiti dire cazzo e culo sottovoce). La donna finge di non capire e parla solo italiano: questo le dà un piccolo vantaggio, qualche attimo in più per pensare. Tra sorrisi e inchini, finte e controfinte passano più di tre ore. Ma all’uscita il contratto firmato è nella borsa. E poi vanno in quattro a montare tutto, lei e il socio più un paio di amici praticoni: grande efficienza e professionalità. Attaccano la corrente al server e si sente un botto, una nuvola di fumo, puzza di bruciato. L’elettricista ha cablato il 380 nella presa del 220 e il server si è abbrustolito. Tutti guardano lei. Che si fa? State buoni, vado un salto in ufficio e sistemo le cose. Una telefonata all’assistenza e in meno di ventiquattro ore vengono sostituite le schede in garanzia anche se il difetto non era da attribuire alla macchina. E’ il vantaggio di scegliere buoni fornitori, lo sanno i giapp, hanno scelto bene apposta. E poi passano un sacco di anni, i computer non si possono più vendere, il mercato è diventato una schifezza. Succedono un sacco di cose e quelle tende sono ancora su (tranquilli, ogni tanto vengono lavate). E adesso non so più perché mi è venuta in mente questa storia insensata. Certo che se esistesse davvero una così sarebbe proprio una pazza a mettersi a montare tende proprio quando doveva andare a vendere computer ai giapponesi, ammesso che sia ragionevole anche questa circostanza. Bò, lo saprà lei il perchè l’ha fatto: il narratore sono io e posso farle fare quello che voglio ma non è detto che si debbano sempre sapere tutti i perché. Posso anche decidere che adesso non abbia nemmeno più un trapano. Adesso quando le serve se lo fa prestare. Ha montato qualche mensola nel suo nuovo studio giusto qualche giorno fa. Non è tanto difficile: basta un po’ di calma e precisione, basta misurare. Basta avere la mano ferma. Crederci, insomma.