La Donna Camel

Strapostultramoderno


Stamattina sono andata in posta per fare una raccomandata. Ho preso il numeretto, P020, e ho guardato sul tabellone: c’era il P001 e dentro l’ufficio postale tre o quattro persone in tutto. Non capivo. Poi si è scoperto che la macchinetta che dava i numeri stava dando i numeri e per le raccomandate occorreva fare una coda tradizionale allo sportello numero uno mentre per gli altri servizi valeva la distribuzione del tabellone, che infatti rollava numeri casuali accompagnandosi con il tipico bip. Mentre aspettavo il mio turno mi dicevo che nella letteratura stra post ultra moderna non è più decisivo il nuovo, nell’espressione formale e nei contenuti e nella struttura destrutturata, ormai sticazzi del nuovo, quello che conta davvero oggi è il senso. Scusami se sono perentoria, è sottinteso che la roba che ho scritto scaturisce da un mio dibattito mistico che non riporterò qui per intero, a morte l’artificio stilistico, vado diretta alle conclusioni: basta con gli ossimori arditi e le capriole sintattiche che restituiscono una suggestione superficiale come una finta spiaggia ligure, due dita di sabbia riportata sul cemento armato, a grattare un po’ sotto cosa c’è? La vera modernità strapostultrà sta nella profondità di senso che trovo nella prosa classica di Alice Munro, per esempio, una profondità che da le vertigini e hai paura di guardarci dentro, hai paura di diventare di sale, hai paura di essere tu. Bip. Tocca a me.(grazie a una segnalazione appena ricevuta dal mio consigliere letterario preferito ti posso regalare la lettura di un racconto intero di Alice Munro, per esempio, apparso su Repubblica il 12 agosto 2006: è gratis, è qui, perché non approfittarne?)