La Donna Camel

La vendetta della befana


 L'altra sera siamo andati in trattoria. Stavamo sedendoci a tavola quando Paolo mi ha detto: "Ah, il libro di Giulio Mozzi. E' bello."Bene, ho pensato, domani me lo compro. "Bene" ho detto, "domani me lo compro".E infatti il giorno dopo, che dovevo passare in piazza duomo, sono andata alla mia libreria preferita e ho chiesto l'ultimo libro di Giulio Mozzi.Lo sapevo più o meno quale poteva essere, l'avevo letto in internet. Sapevo anche che negli ultimi mesi di Mozzi ne erano usciti tre. Ma il titolo no, non me lo ricordavo. Questo è un mio problema, lo ammetto: mi dimentico sempre i titoli dei libri e i nomi delle medicine. Ma pure quelli dei libri che ho già letto, e delle medicine che ho già preso. E non è questione di età, è sempre stato così per me: mi posso ricordare una poesia a memoria, o anche una lunga citazione in prosa, ma coi titoli e con le medicine sono un disastro. Sarà perché son cose che si trovano nei cataloghi, o nelle ricette. Sarà perché fanno parte della confezione, vuoto a perdere, e a me interessa quello che c'è dentro, la sostanza. Sarà perché sono fatta così.Di solito riesco a spiegami e guardando nel database i commessi tirano fuori in qualche modo quello che cerco.Dicevano che di libri di Mozzi ne avevano due appena usciti, e l'altro era un'antologia che aveva curato, non era quella. Mondadori. Strano, ho pensato.  Ma l'ho preso. I consigli di Paolo sono sempre perfetti per me. E' stato quello, quel consiglio, che mi aveva ispirato il post precedente sulle prescrizioni librarie, per dire quanto non ne possa fare a meno, dei consigli di Paolo. Che poi, scusa la divagazione ma in quel post avevo inventato una cosa che esiste già. Davvero! Si chiama biblioteca. Giusto ieri ho saputo che se non hanno un libro, tu lo chiedi e loro lo comprano apposta per te e te lo prestano. E lo fanno davvero, la persona che me l'ha detto ha tutta la mia fiducia. E sembra che questa istituzione straordinaria ci sia anche a Milano. Mi devo informare.Il libro di Mozzi. Ho cominciato a leggerlo già in metropolitana: fantastico!Poi a casa ho fatto un giro sui blog che leggo di solito e ho visto che non era quello. O meglio, suppongo che non fosse quello.Pero è bellissimo. Sono come raccontini iper realistici, brevi, una o due pagine, storie minime di incontri sui treni, o al telefono, nei bar. Discorsi da poco, spesso ripetuti, di questioni senza importanza. Sono post che aveva scritto sul blog dal 2003 e che non avevo mai letto. Qualche volta l'avevo letto, il blog di Mozzi, ma non regolarmente, queste piccole storie erano mischiate agli altri post, si vede che me le sono perse. Non immaginavo che Mozzi scrivesse così, mi ero fatta un'altra idea. Non avevo mai letto niente di narrativo suo, solo recensioni e critica e consigli sulla scrittura. Non me l'aspettavo. Il bello di queste piccole narrazioni è questa specie di candore perfido che ci ho trovato, come un modo ingenuo di guardare il mondo, di sbeffeggiare con serietà i seccatori prendendoli alla lettera fino in fondo, una tentazione che ho avuto spesso nella vita vera e qualche volta (poche) ho anche messo in atto, ridendomela, purtroppo, da sola. Perché i seccatori sono stupidi, di solito. C'è poco da farsi capire. Il piacere di questa lettura sta nella vendetta. La risata che ne scaturisce è liberatoria. Ridevo tanto che mia figlia ha voluto sapere cosa fosse, e dopo che gliene ho letti due o tre, ha voluto immediatamente telefonare al suo moroso per leggerli al telefono, subito. Sono l'ultimo a scendere (e altre storie credibili)Giulio MozziMondadori L'altro, quello che non ho trovato ma troverò, si chiama (Non) Un corso di scrittura e narrazione, Terre di mezzo. Forse.