La Donna Camel

2 agosto 1980


Ciondolavamo senza vento da ore, la costa non era lontana ma la pagaia, l'unica che avevamo, ci faceva avanzare così piano che in certi momenti avevamo l'impressione di andare indietro. E forse era vero, forse la corrente era più forte.Il nostro catamarano, grande e pesante, non era adatto alle ariette che avevamo avuto negli ultimi giorni. In tre più il carico dei materiali per il campeggio nautico faceva fatica a muoversi anche con vento discretamente forte, non si alzava mai su uno scafo, al contrario affondava quello sottovento oppure, era successo un paio di volte, veniva giù l'albero.Ma quella sera non c'era vento, nemmeno leggero, e non mancava molto al buio, così quando abbiamo sentito il rumore di un motore abbiamo agitato le braccia per farci vedere. Era un piccolo gommone con due ragazzi italiani. Si sono avvicinati e ci hanno passato una cima. Ci hanno rimorchiato alla spiaggia e poi ci siamo aiutati a vicenda a tirare su le barche. Abbiamo fatto amicizia subito e mentre preparavamo la cena e montavamo le tende, uno di loro ha acceso una radiolina. Si sentiva male, eravamo sul lato occidentale della Corsica e le montagne facevano da schermo ma lui, mi dispiace non ricordarne il nome, si era intestardito e con pazienza era riuscito a sintonizzarla su una stazione francese, dicevano bulogn bulogn e parlavano di morti, di una bomba ma non si sentiva bene. Non ero mai stata a Bulogn. Ascoltando meglio, sembrava parlassero solo di quello, si capiva anche italì, qualcosa come la gar de bulogn en italì e man mano che il notiziario andava avanti era sempre più chiaro quello che era successo. Quando hanno ripetuto il numero dei morti l'altro ragazzo si è messo a piangere. Per me era impossibile e fino a che non l'ho sentito raccontare in italiano, qualche giorno dopo, non ci ho creduto.