Creato da LaDonnaCamel il 16/09/2006
Il diario intimo della Donna Camèl con l'accento sulla èl
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"Mille e ancora mille."
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Ma la cosa che mi scoccia di più lo sai qual è?
Sta zitto va’, taci. Non c'è speranza, nessuna speranza.
Due anni di asilo, cinque elementari, tre medie e cinque anni di perito meccanico insieme, vuoi che non lo sappia che sei un pollo e un cretino?
Te ne potrei ricordare mille, lo sai meglio di me, lo sai.
Ma che te lo dico a fare.
E invece no, te ne dico una, una a caso. Hai creduto di fare il gallo e mi hai messo nella marmitta il fischietto di carnevale, quel richiamo per anatre o cosa diavolo era. Ma come potevi pensare che non me ne sarei accorto subito? Ma stai zitto, taci va’, che faceva un casino di ferraglia, sembrava ci avessero messo una mitraglietta dentro il cofano, una bomba a mano, "metti un treno merci nel motore", ma di quelli lunghi che non finiscon più, diciotto vagoni almeno.
Ho detto che cazzo è questo rumore, sono sceso, ho guardato, cosa ci vuole? Quel coso spuntava fuori dal tubo di scappamento della Golf, come facevo a non vederlo dico io.
L’ho preso e son passato a casa tua, te lo volevo mettere da qualche parte e te lo saresti meritato ma ho visto la tua Delta canna di fucile, te la ricordi? Era stata la tua prima macchina. Era parcheggiata davanti al portone e senza pensarci te l'ho infilato nello stesso posto. Una cosa ovvia e per niente originale, lo ammetto, mi è venuta d'impulso e ho colto l'occasione, che ne sapevo che poi l’avresti prestata a tua madre quella sera lì.
Tua madre, chissà come l’ha presa.
Era rimasta di sasso anche quella volta che aveva scoperto quell’altra storia, quella delle merendine. Perché tu sei il pollo designato, è il destino che ti chiama e non hai scampo.
Tua madre, povera donna, avrà sentito quello spetazzare pazzesco, ma cos’è sto rumore?, avrà detto, mi sembra di vedere la sua faccia. E invece di andare a guardare e rendersi conto ha portato la macchina dal meccanico.
Non dire niente, lo sai anche tu che quello era più furbo che cretino, ti par possibile che ci ha messo due giorni a indovinare da dove veniva il difetto. È chiaro che si è approfittato dell’ignoranza. Trecento mila lire si era cuccato, che bastardo. Il cretino sei stato tu a pensare che non ti sgamassi alla prima, avresti dovuto saperlo. È dall’asilo che sono io quello che fa gli scherzi e tu quello che li subisce: non si può invertire il destino.
Tua mamma, povera donna anche lei, cosa si poteva pretendere? Ci aveva messo un anno scolastico intero a capire che c'era qualcuno che si sedeva sul tuo Buondì Motta e non il peso dei libri a spiaccicarlo tutti i giorni.
Ma stai zitto che non l’avevi lontanamente immaginato nemmeno tu, con tutte le volte che te l’ho fatta sotto il naso.
La prima è stata una coincidenza, non l’ho fatto di proposito. Ti era caduto fuori dallo zaino mentre ci sedevamo sul pulmino, mi è scivolato sotto il culo praticamente da solo e io ho colto l’occasione.
Le altre no, lo confesso. Ci ho preso gusto e l’ho fatto tutti i giorni, premeditato. Era la mia missione non lasciarti mangiare un buondì sano. Ma la colpa era tua, per la tua reazione esagerata della prima volta: ti sembrava il caso - a otto anni suonati - di metterti a piangere per una merendina schiacciata?
Taci va’ che anche quella volta là te la sei cercata.
Non l’ho mai ammesso e tu non hai mai avuto le prove che fossi stato io e te ne ho fatte anche tante altre che non saprai mai, ma il fischietto nella macchina era palese, niente da dire, lapalissiano: l’avevi messo tu a me, avresti dovuto aspettartelo, più che uno scherzo era un gesto d’intesa, un ammiccamento come tutti quelli che ci facevamo mille volte al giorno in tutte le situazioni. E lo sai qual è la cosa che mi scoccia di più?
Taci, che tanto non puoi dire niente, cretino.
Scommetto che stai ancora ridendo. La cosa che mi scoccia di più è che tu abbia pensato che c’ero cascato, che mi fossi spaventato davvero quando hai fatto finta di avere l’infarto. Devo ammettere che sei caduto bene, per un attimo forse avresti anche potuto convincermi ma poi, cretino, sei morto. E io non ho nemmeno potuto dirtelo che non ci ero cascato, è questo che mi fa incazzare come una bestia.
Perché è da quando andavamo all’asilo che "il pollo" sei sempre stato tu.
Questo racconto partecipa all'EDS Cos'è questo rumore come pure:
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