TraLeStelleDell'Orsa

Il freddo nel sole


Il buio che allontanava l'alba(dal post 216)Si svegliò per la sete e per un richiamo proveniente dalla zona inguinale che non avrebbe potuto ignorare ancora al lungo. Non sapeva quanto tempo prima si fosse addormentato, era rimasto a lungo con gli occhi sbarrati privi di sonno a fissare il soffitto buio, puntellato dalla debole luce delle stelline di plastica fluorescenti che era svanita lentamente. Ora però il sole era sorto, pensò di essere riuscito a dormire almeno per un paio d'ore. Aveva alzato le tapparelle quanto bastava per dare un'occhiata fuori, aspettandosi un paesaggio imbiancato, invece trovo ciò che avrebbe visto se avesse aperto il freezer. Nel corso della notte le nuvole si erano diradate e quel sottile velo bianco era divenuto uno spesso strato di ghiaccio del quale, dopo qualche ora, sarebbe rimasto solo il ricordo e la delusione dei bambini. Con un sorriso amaro sulla bocca, che pareva più che altro un ghigno, pensò che dopo la telefonata della sera prima anche la neve avesse deciso che non valeva più la pena di cadere senza che lui la desiderasse. Ancora una volta lei aveva lasciato un segno che faceva male, nel cuore di Shasa e fuori, sulla macchina. Dopo aver chiuso il telefono era partito rabbiosamente e solo per un colpo di fortuna non era andato a sbattere contro il guard rail. Sarebbe stata la seconda volta. La prima qualche mese addietro, dopo l'ennesima lite, gli era costata un milione e mezzo. Questa volta se l'era cavata con qualche graffietto.I successivi tentativi andati a vuoto di riprendere sonno, lo convinsero, e soprattutto lo costrinsero, ad alzarsi.La giornata lavorativa fù pesante a causa della maggior affluenza di gente presso centro commerciale, una costante di tutti i fine settimana. Nonostante questo, quel sabato sentiva il desiderio di fare almeno due passi e mangiare qualcosa fuori. Così una volta rincasato fece una doccia frettolosa e, dopo aver indossato le prime cose che gli si pararono alla vista aprendo l'armadio, era di nuovo in macchina con il solito stereo a palla. Quale fosse la meta non lo sapeva, non aveva importanza. Non chiamò nessuno, se avesse incontrato qualcuno per scambiare due chiacchiere bene, altrimenti tanto meglio, non aveva una gran voglia di vedere altre persone. Si diresse verso il centro e lo raggiunse in pochi minuti. Non c'era molto traffico e trovò un posto libero in cui parcheggiare con relativa facilità. Le temperature rigide e l'ora da "seconda serata" avevano spinto la gente a rintanarsi al caldo delle proprie case o di qualche pub.Michele Shasa Celfara, a 22 anni, avrebbe fatto quello che fino a quel momento aveva considerato un'esclusiva dei falliti. Uscire da solo, con le mani in tasca, incrociando di tanto in tanto gli sguardi di donne e uomini che passeggiavano in compagnia dei propri amici o dei propri compagni. Forse si era sbagliato fino a quel momento a considerarli tali solo perché avevano voglia di passeggiare in solitudine per le vie del centro, o forse, molto più semplicemente, lui era diventato un fallito.