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La masseria San Francesco


Il mio giro per le masserie fortificate della zona mi sta portando in luoghi fin'ora sconosciuti, ognuno con la sua storia, ognuno con le sue leggende, che affondano le radici in un tempo lontano. Un tempo di eminenze, di nobili e di borghesi, di contadini e di briganti, di unificazione, e talvolta, colonizzazione.Se la masseria Selva Malvezzi, visitata qualche settimana fa, s'era tinta d'un macabro grigio di mistero dopo il racconto del cercatore di funghi, quella che ho visitato lo scorso sabato non ha bisogno di narratori improvvisati perché la sua leggenda, e la sua storia triste, ce l'ha già.E' la masseria San Francesco, il cui nucleo originario risale al 1600. Ex grancia dei frati francescani, passò al demanio in seguito alle leggi napoleoniche del 1800 e poi tra le mani di diverse famiglie locali fino ai Gattini, attuali proprietari. (Qui maggiori informazioni)
Immagine da www.mondimedievali.net Tratta da Masserie fortificate del Materano - Mario Tommaselli - Roma 1986 
Questa la leggenda che la riguarda: (FONTE: Consiglio Regionale di Basilicata)Nei pressi del castello-masseria di San Francesco viveva un padre che aveva due figli: Giacomo e Giovanni; l’uno era buono di cuore e bello di viso, l’altro maligno e sfaticato.Il padre si raccomandava sempre che si amassero e si aiutassero a vicenda ma Giovanni troppo invidiava il fratello buono per corrispondere al desiderio del genitore. Quando questi morì, il figliolo onesto si mise a lavorare senza tregua e nel giro di due tre anni racimolò una discreta fortuna; l’altro, invece, che trascorreva il tempo tra la piazza e l’osteria, si ridusse ben presto in miseria e cominciò a chiedere soldi a questo e a quello e soprattutto a Giacomo.Una sera andò in casa di costui in campagna e poiché il fratello maggiore tentennava e non si fidava delle promesse di restituzione, Giovanni, accecato dall’ira, afferrò la paletta del braciere e lo uccise.Quando il giorno dopo i guardiani della masseria scoprirono il cadavere, rimasero inorriditi dalla ferocia con cui era stato massacrato il loro padrone; corsero in paese a denunciare il misfatto e poi provvidero pietosamente a sistemare nella cassa il povero Giacomo e a portarlo al cimitero.Per identificare l’assassino furono interrogati mezzadri e massari di Matera, Montescaglioso e Miglionico, ma nessuno seppe dare un indizio.Una notte, mentre alcuni contadini scendevano per un tratturo che costeggiava il luogo dov’era stato commesso l’omicidio, avvertirono un curioso rumore e intravidero un essere senza forma che si agitava sull’aia. Là per là restarono senza fiato, credendo che si trattasse di un demonio; poi si fecero coraggio e andarono a vedere chi fosse. Non appena gli furono a tiro scoprirono un grifone che con voce lamentosa diceva:“Per l’amore dell’uccello grifonemio fratello è stato il traditore”. Non appena udirono queste parole, si fecero il segno di croce per la paura e a gambe levate scapparono dall’aia.Ma anche a mezzo miglio di distanza sentirono ripetere quel lamento e allora capirono che il grifone era l’anima del giovane ucciso che chiedeva vendetta. Si guardarono l’un l’altro incerti sul da fare e infine tutti d’accordo decisero che era meglio tornare in paese, bussare alla porta del giudice e raccontargli i fatti.I gendarmi arrestarono l’omicida che dapprima cercò di negare e poi, messo alle strette, confessò la colpa, meritandosi il carcere a vita.Si illudeva, il Caino, di poter sfuggire alla pena solo perché nessuno era stato testimone della sua malazione; ma Dio che è onnipotente e non per nulla vede e provvede, fece un cenno di lassù all’uccello grifone e mise in opera l’umana giustizia. Fin qui la leggenda, ma veniamo ai giorni nostri.All'interno dell'edificio ci sono diverse scritte ed incisioni di "epoca moderna", i classici  6 ripetuti tre volte, le croci al contrario e via discorrendo. Più che riconducibili a rituali satanici realmente celebrati in quel luogo, le scritte sembrerebbero opera di fanatici, ragazzini probabilmente, che non hanno trovato nulla di meglio da fare. Ma c'è dell'altro. Nell'ottobre del 2007, in quel casolare, una ragazza rumena di soli 18 anni fu trovata morta, impiccata con la sua sciarpa.L'autopsia confermò la morte per soffocamento, quindi il suicidio.Da quel giorno  le entrate della masseria sono state murate, anche se rimane facile accedere agli ambienti interni essendo crollato parte del muro di cinta.Certo era difficile per me, mentre giravo attorno e dentro la masseria, non pensare a quella ragazza, perfettamente integrata nel tessuto sociale cittadino (aveva anche un fidanzato materano), che ha scelto quelle mura come scenario dell'estremo gesto.  E non potevo neanche fare a meno di pensare al comune denominatore riscontrato nella gran parte delle masserie che ho visitato fin'ora, l'abbandono ed il degrado. Questa, come potete vedere dalle foto, è irriconoscibile, e molte altre versano nelle stesse condizioni. Pezzi importanti della storia di un territorio, in grado di proteggere per secoli da malintenzionati e briganti, ma che nulla hanno potuto contro l'incuria ed il tempo.