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MILLE RITORNI (Racconto breve di Giorgio Bertazzoli)

Post n°27 pubblicato il 06 Marzo 2008 da Bgponcio1

Mille ritorni.

La vecchia casa verde e i miei nonni.

Andata e ritorno.

Da sempre.

Mille ritorni che non sono mai vere partenze.

La casa verde nel verde. Bruno e Laura.

Ritorni; nel cuore solo ritorni.

Dal primo ricordo.

Una sensazione di calma, il primo ricordo, nonostante ci fosse frenesia nella vecchia casa verde, che vent’anni fa non era poi tanto vecchia e forse nemmeno verde. Letti ancora tiepidi e mia nonna, la prima a svegliarsi. I miei non ancora accasati zii. Sbadigli. Il vento del nord e mio nonno, che aveva la precedenza su tutti ed era un po’ come quel vento, a volte impetuoso. Una luce diseguale, strana. L’odore del caffè. Ed io in braccio a mia nonna.

Non avrei mai dovuto conoscerla. I medici gli diedero pochi mesi di vita prima che io nascessi. Ma cosa ne sanno i dottori.

Fu operata al cuore e si riprese. La seconda grazia della Vergine, stando alla sua versione. Ma cosa ne sa mia nonna.

La Madonna gli concesse la prima grazia quando era incinta di mia madre. Mio nonno cadde da un’impalcatura e per poco non ci rimase. Ma credo che non sia questo il miracolo. Lo ingessarono da capo a piedi e per un bel po’ smise di lavorare. Niente assicurazioni o case verdi, a quei tempi. L’affitto ammontava a 75.000 lire mensili.

Arrivò la provvidenza, aveva un volto conosciuto: era la mia bisnonna.

Infischiandosene della parsimonia contadina, diede 100 lire alla figlia dicendo: “Gioca la schedina e prega la Madonna che ti conceda una grazia”. Detto fatto. Il vento del nord sussurrò a mio nonno la combinazione vincente. Difatti vinsero.

La miracolosa coincidenza fruttò esattamente 75.000 lire. Non una lira di più e non una lira di meno.

La spensieratezza di mia nonna finì durante una ventosa mattinata di marzo. Vide suo padre allontanarsi nei campi, per l’ultima volta. Il vento - forse quello del nord - se lo portò via. Polmonite fulminante.

Aveva tredici anni, ed era la più grande di sette figli. Partì per la Svizzera verde, dove incontrò mio nonno, anch’egli emigrato. Ritornarono presto con le loro valige di cartone. Si sposarono.

 

Sono sempre state cinque le passioni di mio nonno: la Juventus, mia nonna, il vino, la caccia e il fumo. Perse quest’ultima durante un’afosa notte di trentacinque anni fa. Smise improvvisamente di respirare. Faceva troppo caldo perché il vento del nord potesse venire in suo soccorso.

In un altro sol colpo smise di bere e cacciare, con una bottiglia vuota da una parte e il fucile carico dall’altra. Qualche bicchiere di troppo gli fece perdere la testa. Minacciò il suo datore di lavoro: era tre mesi che non lo pagava. 

Gli sono rimaste solo due passioni; guarda caso, due “Vecchie signore”.

Resteranno sempre due, invece, le cose a me care di mio nonno: un vecchio chiodo arrugginito e un portachiavi di plastica degli anni Cinquanta. Me li diede in due distinte occasioni, non ricordo nemmeno quali. Mi servivano, tutto qui. Dovevo appendere un quadro; avevo bisogno di un chiodo, circa due centimetri. Arrivò mio nonno, con in mano un chiodo lungo sei. Inservibile, ma non per me.

Si ruppe il mio bel portachiavi, alla moda. Arrivò mio nonno, con un portachiavi blu elettrico a forma di conchiglia, su cui era scritto a caratteri bianchi e cubitali: SHELL - Stazione di servizio - BARONIO e FIGLI. Inservibile, ma non per me.

E’ difficile che mio nonno dica “Ti voglio bene”, a differenza di mia nonna. Credo che non l’abbia mai detto nemmeno ai suoi tre figli.

Mio nonno, uomo di poche parole e soli sussurri, come suo fratello, il vento del nord.

Sussurri che contano, però. Dal primo ricordo.

Frammento:

Viene incontro mia nonna, camminando lentamente sul vialetto di porfido e cemento, calza pantofole grigie numero 36 e il suo solito grembiule azzurro.  Sorride: “Ecco qua il giovanotto”.

Lascio cadere la valigia e l’abbraccio.

“Hai mangiato? Ho fatto il coniglio con la polenta.”

Il nonno, nell’orto, alza la vanga al cielo. E’ il suo saluto.

Su tutto, si staglia un tiepido vento. Nel centro dell’universo, del mio universo.

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