La Posta di Luna

Lo vorrei solo per me


Cara Luna,... lui è molto più grande di me ed è abituato ad essere indipendente,, non mi dice dove va quando esce, magari me lo dice dopo, non vuole rinunciare alle sue amiche di un tempo ed io soffro, sono gelosa, ho paura che possano portarmelo via per sempre... lui diventa insofferente e mi dice che se continuo così lo costringerò a lasciarmi... cosa devo fare...
Vorrei risponderti con un brano del mio romanzo, ma rileggendo la tua mail non posso non pensare ad una favola che ho letto qualche anno fa su internet e purtroppo non so neanche di chi sia, proverò a raccontartelaC'era una volta un'aquila  dalle ali larghe e forti che amava volare lontano, non aveva un nido o meglio ne aveva tanti ai quattro angoli del mondo. Si estasiava nell’ammirare il sole che tramontava sul Pacifico e saliva sempre più in alto per prolungarne il riflesso negli occhi, l’alba sulla steppa asiatica gli procurava emozioni indescrivibili, insomma un’aquila vagabonda e solitaria, non come i suoi simili.Certo anche lei un giorno lontano aveva incontrato una compagna ed allevato cuccioli ma il richiamo del cielo era stato troppo forte, quando il vento dell’ovest gli scompigliò di nuovo le penne aveva dovuto partire, non era un’aquila stanziale, l’orizzonte era la sua meta.Volava libera nel cielo ed era felice. In mezzo alla grande pianura vicino al grande fiume c'era un castello, lei trovava che fosse un posto bellissimo e nei giorni d'estate non mancava mai di volteggiarvi sopra per ammirarlo, poi via di nuovo con il vento sino a farlo diventare un puntino nel verde dei boschi.Un giorno però si accorse che sugli spalti passeggiava una fatina bionda, la sua vista era acutissima e anche da lontano le sembrò bellissima, scese più in basso e la osservò da vicino. Era davvero stupenda con i suoi occhi profondi che lo guardavano dal basso e il sole riflesso nei capelli d'oro. Anche il giorno successivo tornò a volare sopra il castello sperando di rivederla e così i giorni successivi, lei sembrava non mancare mai a questi appuntamenti.La fatina aveva notato l'aquila nel cielo azzurro e già dalla prima volta ne era rimasta affascinata, se ne innamoro' subito. Ma l'aquila non scendeva mai troppo in basso, sapeva che c'erano i cacciatori in agguato nel bosco e già diverse volte li aveva sfuggiti per miracolo. Arrivava, ammirava la fatina da lontano, volteggiava sulla sua testa e poi via di nuovo nel cielo alto dove si sentiva libera e sicura.Giorno dopo giorno l'amore della fatina diventava sempre più grande, gioiva quando vedeva l'aquila arrivare e soffriva quando la vedeva allontanarsi verso l’orizzonte, le sembrava di non poter più vivere senza quell'uccello stupendo, lo voleva per sempre vicino, tutto per lei, la notte sognava di accarezzarla e riempirla di baci. E così un giorno chiamò i cacciatori e ordinò loro di catturare l’aquila, senza farle male, così loro due sarebbero stati finalmente insieme felici per sempre. E così fu, un colpo di fucile e poi giù a precipizio sull’erba del prato.La ferita non era grave ma la caduta aveva procurato all'aquila qualche danno, la fatina la mise in una gabbia e la curò amorevolmente finché non guarì completamente. Teneva sempre la gabbia vicina a sé e dedicava all'oggetto del suo amore tutte le cure e le attenzioni ma l'uccello deperiva. Senza la libertà del cielo e la carezza del vento le sue penne diventavano sempre più grigie, le ali forti ormai erano solo un ricordo, le agitava nello spazio angusto con gli occhi spaventati del prigioniero. L'aquila deperiva chiusa nella gabbia, il becco aveva perso la sua lucentezza ed era diventata irascibile e triste, si aggirava sconsolata nel piccolo spazio che gli era concesso cercando di vedere il cielo tra le sbarre. Non aveva più appetito e rifiutava il cibo, i suoi occhi cominciavano a diventare opachi.La fatina la guardava stupita, ma come aveva potuto innamorarsi di un uccello così brutto, dal carattere così scontroso, proprio non riusciva a capirlo. Dov'era quella stupenda freccia d'argento che volava nel vento ? Non poteva essere lo stesso animale grigio e insopportabile, i cacciatori l’avevano imbrogliata. Questa non era l’aquila della quale si era innamorata perdutamente. Giorno dopo giorno smise di prestargli tutte le sue attenzioni e l'aquila in gabbia deperiva a vista d'occhio, non mangiava e a volte cercava di aggredire la mano della fatina che le porgeva il cibo, non cessava di lamentarsi giorno e notte nella gabbia angusta.Una mattina la ritrovò distesa sul fondo della gabbia, era agonizzante, uno spettacolo repellente, allora la fatina chiamò i cacciatori e riconsegnò loro il povero animale morente, non mi piace, non lo voglio più vedere, riprendetevelo, disse.Quando nel bosco aprirono la gabbia l'aquila rimase distesa immobile, ormai era troppo tardi, era morta e non avrebbe più solcato i cieli libera PensaciLuna