La Rosa Di Sangue

Post N° 2


Capitolo PrimoProfumoUn mese prima…Sìnea- Adesso basta! Sono tre giorni che si comporta in modo strano! È obbligato a dare una risposta almeno alla sua migliore amica! –Riflettevo così quella mattina mentre preparavo lo zainetto per l’escursione, Asio doveva darmi delle spiegazioni, dov’era finito quel ragazzo gentile e allegro che avevo conosciuto l’anno prima? Che ci faceva quello scontroso e chiuso sconosciuto che occupava il suo corpo? Il viaggio di mezz’ora sul pullman era perfetto: non poteva alzarsi e doveva per forza ascoltarmi! Anche se… sarei stata abbastanza determinata? Fino ad ora non avevo mai trovato il fegato di chiedergli cosa aveva… se stava male… se era successo qualcosa… niente, e lui non faceva niente per aiutarmi.M’infilai le scarpe da ginnastica e la felpa viola sbuffando: odiavo le tute, ma erano obbligatorie per fare trekking… preferivo le gonne un po’ gotiche e le magliette scure, il mio guardaroba era interamente occupato da completi neri e viola, almeno quel giorno la temperatura si era alzata e potevo fare a meno della sciarpa. Uscii dalla camera che condividevo con altre due amiche.Fuori dall’agriturismo c’era il pullman, impaziente vi salii e trovai subito il mio posto.Avrei riconosciuto tra migliaia di altre chiome quella di Asio, i capelli liscissimi, neri e lucenti che correvano fino alla nuca, gli occhi pallidi con una sfumatura celeste, ma arrossati, rivolti verso il paesaggio fuori dal finestrino, i lineamenti spigolosi del suo viso cinereo appoggiato al pugno della sua mano: frustrato. Mi venne un blocco allo stomaco:era già arrabbiato di primo mattino, cercare di farlo parlare sarebbe stata una missione impossibile. Con un sospiro mi sedetti accanto a lui, un posto che avevo spesso occupato con allegria mentre adesso temevo che m’incenerisse con lo sguardo come faceva con tutti quelli che gli rivolgevano la parola nel caso fosse arrabbiato.- Ciao, come va? – chiesi cauta.- mmm… -Accidenti! Adesso salutare vuol dire girare leggermente il capo? Almeno, per educazione, si dovrebbe guardar per un secondo la persona che ci sta salutando no? Bene, ora anch’io ero arrabbiata.Lasciai passare qualche minuto, mente il pullman partiva. Poi sbuffai e presi coraggio: - Scusa se mi sono scomodata a chiederti come stavi! –Strinse il pugno su cui appoggiava il viso.- Hei sto parlando con te! E guardami! –si girò e come previsto m’incenerì: - Ciao, contenta? –- Grazie, già è qualcosa che mi abbia rivolto la parola! –Proseguì più calma: - Senti, sono un paio di giorni che ti comporti in modo strano… per caso non ti senti bene? –Esitando, appoggiò la schiena sul sedile e fissando il tetto del pullman rispose: - No. Non mi sento bene. Non t’impicciare. -.Detto questo su mise le cuffiette, la musica ad alto volume e chiuse gli occhi.Che sbruffone pensai… però avevo notato della sofferenza nella sua voce, soffocai però ogni ragionamento perché ora lo stavo fissando, sembrava un angelo quando aveva gli occhi chiusi. All’improvviso senti la forte tentazione si accarezzargli i capelli… come avevo fatto tempo prima per consolarlo dalla morte della madre.  Quel giorno, dopo il funerale, ci eravamo seduti sul divano del salotto di casa sua e aveva appoggiato la testa sulle mie gambe; mentre passavo le dite tra le ciocche dei suoi capelli, giuro di aver visto una lacrima sorgere da quegli occhi di ghiaccio. Una singola, amara lacrima. L’asciugò subito: un uomo non doveva piangere. Che stupida regola!- Hei, siamo arrivati. –Qualcosa mi scompigliò i capelli: mi ero addormentata. Asio stava già uscendo dal pullman, allora era lui che mi aveva svegliato. Mi toccai i capelli, erano tre giorni che non mi toccava neanche distrattamente.AsioAncora una volta non ero riuscito a dormire. La gola mi bruciava terribilmente e sapevo anche la causa. Diedi un pugno al muro.Tanto non serve a niente, presi lo zaino e scesi le scale. Il pullman era pronto e qualche ragazzo era già seduto sul proprio sedile. Lo feci anch’io. Ma che diavolo sto facendo qui? Perché non me ne vado? Sapevo a dove avrebbe portato quel bruciore alla gola e quella voglia di mordere tutto. Il cuscino, i mobili, le piante… tutto, anche le persone.Speravo che oggi Sìnea si fosse seduta accanto ad una sua amica, erano già tre giorni che la ignoravo, che dolorosamente ignoravo. Lei era stata l’unica persona che mi aveva aiutato in qualsiasi situazione senza esitazioni, ma per il suo bene era meglio così. Dovevo chiudere ogni rapporto. Dovevo riuscirci.Appoggiai il viso al pugno della mia mano destra e guardai il paesaggio. Poi arrivò. Si sedette come al solito accanto a me e parlò:- Ciao, come va? –La gola bruciava, era secca, ma non serviva l’acqua per cessare il dolore.- mmmm – non riuscivo a parlare, mi girai solo un po’, ma senza guardarla, non sarei riuscito a continuare la mia recita fissando i suoi occhi verdi e brillanti, così profondi da potermici perdere come in un labirinto affascinante e infinito.Sembrava si fosse arresa, visto che non rispose.Dopo qualche minuto però, parlò.- Scusa se mi sono scomodata a chiederti come stavi! –Una scossa mi percorse tutto il corpo, - Non parlare – mi dicevo…Ora si era proprio arrabbiata.- Hei sto parlando con te! E guardami! –Basta! Solo facendole paura riuscirò ad allontanarla!- Ciao, contenta? – dissi usando lo sguardo più spaventoso che potevo, ma dopo aver detto quelle parole sentii come una stretta al cuore.- Grazie, già è qualcosa che mi abbia rivolto la parola! – Poi sospirò e proseguì:- Senti, sono un paio di giorni che ti comporti in modo strano… per caso non ti senti bene? –Rimasi impietrito: sembrava non fosse minimamente spaventata e ancora continuava ad essere gentile… cercai di rilassarmi e appoggiai la schiena sul sedile.- No. Non mi sento bene. Non t’impicciare. –Dovevo fare qualcosa, la prima cosa che mi fosse venuta in mente… le cuffiette.Presi le cuffiette, chiusi gli occhi e alzai il volume.Purtroppo la musica non mi aiutava e dopo qualche minuto spensi il lettore mp3 e all’improvviso sentii i muscoli del mio collo girarsi verso Sìnea. Mi girai.Si era appoggiata con la spalla sullo schienale rivolta verso me, se avesse avuto gli occhi aperti probabilmente mi avrebbe fissato; ma non fu questo che mi costrinse a girarmi: quel giorno era senza sciarpa. Con i lunghi capelli castano chiari rivolti indietro il suo collo sprigionava un odore incredibile, delizioso. Divenni rigido, accidenti! Non potevo alzarmi…ero bloccato. Ero costretto a rimanere un altro quarto d’ora a pochi centimetri dal suo collo, che appariva così disgraziatamente invitante. Non mi accorsi di essermi avvicinato finchè un soffio di vento non spinse una piccola ciocca dei suoi capelli sul mio viso, finalmente mi distrassi e gli occhi andarono al suo viso. Il viso tondo da bambina, sebbene avesse quindici anni, gli occhi un po’ più a mandorla dei miei, le sopracciglia fine, le labbra a cuore soffici e rosa, la pelle color porcellana…Automaticamente la mia mano si alzò: volevo accarezzarla.No! No! Toccando quel fragile viso avrei di certo sentito il pulsare del suo sangue e non avrei resistito. La mia mano voleva toccarla.Con le dita gli sfiorai i capelli, poi visto che tutti stavano scendendo dal pullman la scapigliai un po’ per svegliarla, ecco, così riuscivo a toccarla.- Hei, siamo arrivati. – dissi. Poi corsi subito via.Che stupidaggine. Che ci facevo ancora lì, mischiato in mezzo a tante vittime? Cosa ci facevo accanto alla mia principale vittima? Lo stomaco sobbalzò: fame. Quanto avrei voluto che fosse fame di cibo.continua giù |                    |                   \/