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Racconto_1:MothMan-La Genesi

Post n°10 pubblicato il 11 Maggio 2008 da BloOdySaLaMaNdEr

                                                                                West Virginia 1966

Erano passati già 4 giorni ed il Prof. Oliver J. Beat era ancora chiuso nel suo laboratorio, un caldo e umido scantinato dove conduceva i suoi esperimenti entomologici.
Aveva passato la precedente settimana in Messico per studiare le abitudini di un certo tipo di falena,Hyphantria cunea e ne aveva portati alcuni esemplari in Virginia per analizzarli con più calma.
Erano ben quattro giorni che non usciva, aveva detto di non voler essere disturbato da nessuno e per nessun motivo, era oberato di lavoro e sua moglie aveva deciso che avrebbe rispettato la sua decisione, si sarebbe solo preoccupata di portare del cibo di tanto in tanto e di sistemarlo fuori dalla porta,...non le era mai piaciuta particolarmente quella parte di proprietà,non aveva un buon odore e il solo pensare che lì sotto crescessero e si sviluppassero gli insetti che il marito usava nei suoi studi le faceva correre un brivido di disgusto lungo tutta la schiena.
Non ci avrebbe messo piede per tutto l'oro del mondo.
Ormai erano 4 giorni che non dava segni della sua presenza.
Ariel era molto preoccupata.
Era da un po' di tempo che non dormiva bene,si sentiva strana, a tratti le sembrava di stare per perdere l'udito, ma ora non le importava, si sarebbe fatta controllare, quello a cui teneva ora era la salute di Oliver.
Non sarebbe mai scesa là sotto.
Era una stanza abbastanza vasta, ma così disordinata e occupata da apparire 1/3 delle reali dimensioni.Si era affacciata solo una volta in vita sua in quella specie di tugurio infernale e non aveva visto altro che teche e scaffali ricolmi di esse,dentro di questi microcosmi si muoveva la vita lenta e disgustosa di migliaia di insetti, scandita da battito di centinaia di ali,dal crepitio di milioni di uova e bozzoli lucidi e viscidi.
Era un moto eterno di morte e rinascita, gli insetti vecchi morivano e venivano mangiati da quelli appena nati che si nutrivano anche dei gusci che li avevano protetti durante lo stadio larvale; in questa società perfetta le uova venivano deposte all'interno di alcuni corpi morti accuratamente selezionati senza apparente logica.
Evidentemente loro sapevano quel che facevano.
Ariel decise che dopo quattro giorni era il caso di controllare lo stato di salute del marito.
Scese la scala di metallo accompagnata dal caratteristico e sommesso scricchiolio tipico di quella stanza, come se fosse un dialogo sussurrato tra i viscidi esseri rinchiusi nelle teche. Un lieve ma continuo zampettio, caratteristico dei corpicini muniti di esoscheletro proveniva da un angolo fiocamente illuminato, destinato a quegli insetti che necessitavano di maggiore calore per  completare il loro ciclo vitale e passare da larva ad insetto adulto.
«Oliver?»
«Oliver,stai bene?Sono quattro giorni che non esci di qui, hai bisogno di riposare!Guarda, ho portato i muffins che ti piacciono tanto!Oliver?»
«Hhhhhhhhf»
«Oliver?»
«Hhhhhhhhhhhfffffffff»
«Oliver santo cielo, dove sei?AAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHH!»
Un enorme,disgustoso e filamentoso baccello lattiginoso era attaccato alla parete da centinaia di migliaia di sottilissimi fili del medesimo colore e centinaia di insetti di varie forge si affaccendavano attorno ad esso per tessere questa sottilissima rete protettiva per l'enorme abominio che si trovava al suo interno e che cresceva,cresceva,cresceva...
Faceva molto caldo, l'aria era irrespirabile e Pan aveva imbrigliato la mente di Ariel:non sapeva dove fosse suo marito, non sapeva cosa fosse la “cosa” all'interno del bozzolo ma a questo punto non importava...ormai non aveva più importanza.
 Falene, scolopendre, bruchi, lucidi scarafaggi, mosconi, e scorpioni correvano freneticamente intorno al bozzolo, sotto e sopra di esso, fino a coprirlo tutto e ognuno di loro, impaziente, cominciò a devastare il resistente tessuto di cui era composto. Era enorme e all'improvviso dal suo interno uscì lentamente una mano e appresso a questa un braccio e la testa deforme di un uomo sulla quarantina. Era bianco latte. Era Oliver.
Uscì completamente dal bozzolo, cosparso di un liquido verdastro, gli occhi dapprima ciechi, cominciarono a vagare nell'oscurità e dalla sua schiena cominciò a sollevarsi un mostruoso paio di ali viscide che si stirarono nel tentativo di asciugarsi.
La creatura si accovacciò e si rialzò di colpo per prendere coscienza del proprio  corpo in tutta la sua altezza ed imponenza.
La sua pelle era mutata.Il suo aspetto era mutato.Non era più il Prof. Beat.
Ariel fissava paralizzata l'essere alato che aveva davanti, nei suoi tratti riconosceva a stento il bel viso del marito, c'era solo quella che le sembrò una enorme falena, una di quelle bianco latte che aveva portato a casa il marito dopo il suo viaggi in Messico...le gambe le cedettero e all'improvviso divenne tutto buio nella sua testa, rimase solo un sordo ronzio che la accompagnò sino al risveglio.
Era notte fonda ed Ariel si svegliò con ancora negli occhi la figura di Oliver completamente trasformato.Si accorse immediatamente che le era difficile fare qualsiasi movimento,si trovava completamente bloccata e legata al tavolo di lavoro del marito dagli ormai tristemente familiari sottilissimi fili.
Poi tornò Oliver, o quello che rimaneva del vecchio Oliver, era sporco di sangue ed aveva un braccio rotto,si avvicinò lentamente ad Ariel che si mise a piangere e a pregare di lasciarla andare,ma lui le posò una mano sulla fronte ed emise un sibilo insopportabilmente acuto.
Un segnale.
Era notte, una bella notte d'estate quando la signora Ariel Thompson, adorabile moglie del Prof. Oliver J. Beat sentì un leggero prurito irradiarsi dal torace per raggiungere tutto il resto del corpo.
Era un prurito fastidioso e si stava pian piano, ma inesorabilmente, trasformando in un intenso e acuto dolore.
Voleva gridare il suo dolore ma il terrore bloccava le sue azioni, non capiva quello che le stava succedendo, e i suoi occhi erano fissi in quelli dell'uomo falena, del colore della brace. Incandescenti e rossi.
Il dolore cresceva ogni secondo di più ed ebbe il suo culmine quando la donna vide uscire dal suo braccio una carnosa camola che si era fatta strada nel suo tessuto epidermico e con sommo terrore di Ariel dava segno di non essere ancora sazia e cominciò a farsi strada verso la spalla.
Il corpo venne invaso per tutta la sua interezza da larve che uscivano dalla pelle e nel terrore,ebbe lampante la situazione:durante il sonno alcuni degli insetti conservati ne laboratorio si erano infilati nel suo condotto uditivo e avevano cominciato a deporre le loro uova viscide e coriacee che ormai si erano evidentemente schiuse.
Le larve erano in cerca di cibo per accrescere i loro corpi e lo avevano trovato nel corpo ospite che ormai stava morendo tra urla e squarci.
L'uomo falena era là in piedi,davanti a lei,osservava la scena senza muoversi.
Guardava il frutto dei suoi anni di studi.
Guardava lo scheletro di quella che un tempo era stata sua moglie.
Guardò le sue mani e il riflesso del suo corpo su una teca ormai infranta.
Si era trasformato,era evoluto.Era diventato il Mothman della Virginia.



Ho romanzato la nota leggenda metropolitana,o se vogliamo l'evento paranormale che scosse la Virginia negli anni 60, spero sia il primo di una lunga serie,ma soprattutto spero che vi piaccia!!!!
L'ho scritto  in 3 orette invece di studiare etnografia  ed è pubblicato nel sito www.ilportaledeltempo.it dove sono moderatrice e dove ho pubblicato altri due raccontini horror...

a presto viandanti

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Data di creazione: 19/04/2008
 

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