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Il vero problema della ricerca di vita su Marte

Post n°24 pubblicato il 17 Ottobre 2015 da giovannaferrari_1988

 

Gli scienziati della NASA hanno annunciato di aver trovato la prova più convincente mai ottenuta che Marte, in passato ritenuto un pianeta arido, sterile e sostanzialmente privo di vita, può invece ospitare organismi viventi.

Su alcune regioni del Pianeta Rosso è infatti presente acqua liquida, che scorre lungo i pendii e si accumula alla base delle colline e dei crateri equatoriali in pozze in cui potrebbe fiorire la vita. Queste importanti zone di Marte potrebbero essere i luoghi del sistema solare più adatti alla ricerca di vita extraterrestre.

L'esame delle regioni potenzialmente abitabili di Marte alla ricerca di segni di vita è senza dubbio l'obiettivo principale dell'invio di esseri umani sul Pianeta Rosso, ma secondo uno studio congiunto della National Academy of Sciences e della European Science Foundation, oggi non siamo preparati per questa missione.

Tuttavia, i problemi non sarebbero il rischio di esplosione di razzi, i budget ridotti, i giochi politici al limite della legalità o il supporto popolare troppo volubile, cioè tutte le spiegazioni avanzate dai sostenitori dell'esplorazione spaziale per la lunga attesa dei viaggi con equipaggio oltre l'orbita terrestre.

Piuttosto, il problema è la vita stessa: ovvero la tenacia dei microbi terrestri e la potenziale fragilità di quelli marziani. Si è scoperto, infatti, che il modo più semplice per trovare la vita su Marte potrebbe essere importare i batteri da Cape Canaveral, causando una contaminazione che potrebbe sabotare la ricerca di quelli marziani.

La necessità di proteggere un'eventuale biosfera marziana dalla contaminazione terrestre potrebbe "impedire all'equipaggio di sbarcare o di accedere ad alcune zone" dove potrebbe esistere la vita marziana.

Anche se questa idea non è una novità, la sua franca e formale ammissione da parte di un autorevole studio è da considerare un evento. La NASA ha in programma d'inviare uomini su Marte entro il 2030; comprensibilmente, il fatto che quelle missioni possano inevitabilmente comportare rischi di contaminazione estremi non è una cosa che l'agenzia desideri mettere in evidenza proprio mentre è impegnata a studiare le possibili soluzioni al problema.

Fino a ora, la "protezione planetaria" di Marte ha riguardato l'esplorazione robotica. Il rischio di contaminazione è un problema anche per le macchine, che però, a differenza degli umani, prima del lancio possono tollerare di essere irradiate e inondate di sostanze chimiche aggressive per distruggere batteri clandestini. Microbi che si rifiutano ostinatamente di morire emergono regolarmente nelle camere bianche apparentemente sterili usate dalla NASA per la preparazione di veicoli interplanetari. Anche gli astronauti della missione Apollo hanno trovato batteri sulla Luna, sopravvissuti a un vuoto quasi totale all'interno del lander robotico Surveyor 3, atterrato sul pianeta più di due anni e mezzo prima. Se i microbi terrestri possono vivere in posti come quello, perché non in alcune delle parti più abitabili di Marte?

L'Outer Space Treaty delle Nazioni Unite del 1967 vieta la "contaminazione pericolosa" di altri mondi con forme biologiche terrestri, e un'organizzazione internazionale chiamata COSPAR (Committee on Space Research) stabilisce protocolli di protezione dei pianeti a cui devono attenersi Stati Uniti, Europa, Russia e le altre nazioni firmatarie che si accingono a viaggiare nello spazio.

Per proteggere Marte, dal 2002 il COSPAR ha definito alcune ristrette "regioni speciali" sul pianeta, dove la temperatura e l'umidità sono sufficienti a supportare la vita di organismi marziani o di invasori terrestri. A causa del rapido progresso in atto nelle nostre conoscenze sull'ambiente marziano e dei limiti fondamentali della biologia terrestre, la definizione precisa delle regioni speciali resta però work in progress, e viene rivista ufficialmente ogni due anni.

Quanto più da vicino i planetologi guardano Marte, tante più numerose sono le regioni speciali che pensano di vedere. Le regioni speciali punteggiano l'equatore e le medie latitudini del pianeta, in canaloni erosi e ripidi, pendii rocciosi di colline e crateri dove l'acqua salmastra fluisce e si accumula dalle falde acquifere durante le estati marziane.

Regioni speciali possono anche essere trovate in grotte, sotto le calotte polari e nei punti caldi geotermici di attività sismica o vulcanica. Appena cinque metri sotto la superficie, dove le acque sotterranee possono persistere in forma di ghiaccio, vaste aree del pianeta possono essere considerate regioni speciali che aspettano solo di essere trasformate in un accogliente paradiso idrico per i microbi dal calore proveniente da un cratere da impatto di nuova formazione o dalle operazioni di un veicolo spaziale appena atterrato.

Le regioni speciali potrebbero esistere anche in corrispondenza delle misteriose sorgenti di metano recentemente rilevate su Marte. Sulla Terra, questo gas è prodotto principalmente da microbi, ma le quantità osservate su Marte potrebbero aver origine da fonti abiotiche, anche se tali vie di produzione senza vita richiederebbero comunque acqua allo stato liquido.

Ma per sapere con certezza se uno di questi luoghi sia davvero una regione speciale, probabilmente occorre visitarli, cosa molto difficile da fare con gli attuali protocolli. Prima di visitare una regione speciale, un veicolo spaziale dovrebbe essere, in parte o per intero, sterilizzato rigorosamente secondo regole rigide, il che comporterebbe ulteriori anni di sviluppo e molti milioni di dollari per finanziare una missione. E anche così, i protocolli potrebbero non essere abbastanza rigorosi: le tecniche attuali non sono in grado di sterilizzare completamente una sonda spaziale, e nessuno sa realmente quali siano le condizioni di soglia perché i batteri riescano a stabilire colonie autosufficienti e vitali su Marte o sulla Terra.

La prime, e finora uniche, missioni verso Marte della NASA dedicate esplicitamente alla ricerca della vita sono stati i lander gemelli Viking, atterrati sul Pianeta Rosso nel 1976. Da allora tutti gli altri si sono concentrati sulla ricerca di segni di vita nell'antico passato di Marte, invece che nel suo presente.

Se non ci si può fidare neppure dei robot sterilizzati per avventurarsi in regioni speciali, che dire di esseri umani pieni di microbi? Se gli astronauti fossero autorizzati a visitare solo luoghi al di sotto degli standard per cercare la vita su Marte, la NASA o qualunque altro soggetto riuscirebbero a giustificare le decine o le centinaia di miliardi di dollari necessari per mandarli lassù?

Se un equipaggio umano atterrasse in un'area ritenuta poco adatta alla vita, ma scoprisse condizioni abitabili o forme viventi, dovrebbe spostarsi immediatamente, riprendere il razzo e tornare in orbita? Queste e altre domande senza risposta mostrano come la scoperta di una biosfera marziana attuale potrebbe essere, per diverse ragioni, la realizzazione del più grande sogno della NASA o il suo incubo peggiore. E spiegano il fatto, altrimenti inspiegabile, che nella ricerca di vita su Marte da parte della NASA sono stati accuratamente evitati i luoghi in cui potrebbe essere trovata con buona probabilità.

Carl Sagan, noto astronomo, divulgatore e autore di fantascienza, sosteneva che se la vita venisse mai trovata sul quarto pianeta, "Marte apparterrebbe ai marziani, anche se fossero solo microbi". In questa prospettiva il pianeta sarebbe da considerare un santuario intoccabile, vietato per sempre all'invadente essere umano.

Una prospettiva diversa sostiene che gli sforzi di protezione planetaria sono inutili, forse anche ingenui: per effetto della probabile contaminazione da veicolo spaziale avvenuta in precedenza, o degli antichi scambi di materiali proiettati nello spazio dagli impatti di massicci asteroidi, Marte probabilmente ha già sperimentato molte ondate di invasori terrestri, ciascuna delle quali avrebbe potuto essere facilmente respinta da qualsiasi biosfera nativa, più adatta all'ambiente del pianeta.

Tra le tante incertezze, una cosa è molto chiara: le implicazioni della protezione planetaria dovute all'invio di astronauti su Marte sollevano enormi interrogativi all'incrocio tra scienza, ingegneria, tecnologia, gestione dei progetti e politiche pubbliche. Per la NASA e le altre agenzie spaziali, il vero significato della dichiarazione dovrebbe essere altrettanto chiaro: anche se svantaggiose, le questioni relative alla protezione planetaria connesse alle missioni con equipaggio su Marte sono troppo importanti per poterle rifiutare, eludere o minimizzare.

Ora è il momento di iniziare ad affrontarle. In caso contrario, i viaggi umani lassù potrebbero non riuscire o, nel peggiore dei casi, rivelarsi dei fallimenti in grado di spegnere le speranze di studiare campioni incontaminati di vita marziana.

 

 

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gartieri il 23/10/15 alle 08:59 via WEB
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