L'Osteria del viale

Andar per ...fichidindia


E’ tempo di fichi d’India, così venne chiamato  da Cristoforo Colombo quando credette d’essere sbarcato nelle Indie. In Italia si sostiene sia arrivata sul finire del XVI secolo. Per la verità è più probabile che  la coltura di questa pianta sia dovuta ai Saraceni e che sia pervenuta in Italia attorno all’827. E' presente in tuttala Cordigliera delle Ande e nelle Serre messicane. In Sardegna è stata utilizzata in particolare per chiudere le“tanche” ed impedire l’accesso agli animali, allontanati dalle spine, le foglie, che impediscono all’acqua, assorbita durante le piogge, di evaporare.  Essendo molto resistente alla siccità e al caldo si propagò facilmente ed in modo spontaneo su tutta la Sardegna. Oggi incendi e colture intensive ne hanno decretato la parziale scomparsa. Sta diventando una rarità in pianura mentre si trova ancora in abbondanza in collina abbandonata a se stessa. Ormai non la raccoglie più nessuno.Scriveva Castore Durante nel suo Erbario Nuovo del 1585 “ appartiene alla famiglia delle cactacee, genera le radici dalle foglie, che staccandone una foglia dall’altra, e piantandone in terra fino a metà, non solo fa le radici, ma in breve tempo mette fuori le foglie, di modo che facendo in questo grossi e colorati in cima d’un colore che nel verde porporeggia”.Pensavo a questa descrizionementre osservavo il resto d’una piccola siepe con i frutti abbondanti e dorati.E sempre mi sovvengono i ricordi d’infanzia, di fatica e  miseria, di quando in ciascuna casa si allevavano i maiali, ghiotti oltre che di questi squisiti frutti anche delle tenere foglioline. Dai fichidindia i sardi ottenevano la sapa, un dolcificante naturale....