Ricordo il fumo della sua sigaretta accesa nell'aula universitaria quasi deserta mentre riempiva la lavagna con le equazioni di Lagrange, ricordo che sembrava che fumasse un'unica inesauribile sigaretta tra le dita nervose e invece erano tante innumerevoli marlboro che consumava ed accendeva una dopo l'altra, regalando a noi l'illusione della continuità.Non leggeva da fogli preparati la sua lezione come facevano altri, ma ricordo che scriveva una prima equazione e poi da quella riempiva il vuoto spazio nero d'ardesia di derivate ed integrali e tripli prodotti vettoriali e quasi poetiche fantasmagorie di rotori e divergenze o lavori virtuali.Parlava a bassa voce e portava occhiali scuri come i ciechi, era strano e come isolato dal mondo e sembrava che soffrisse per qualcosa fuori o dentro di lui, certe volte pure si bloccava in piedi davanti alla cattedra mentre il fumo della sua eterna sigaretta continuava a salire in delicate spirali verso l'alto.Sciorinava a noi sghignazzanti futuri ingegneri, i segreti della Meccanica Razionale: ricordo che lasciò l'insegnamento per un pò di tempo a causa di un forte esaurimento, ricordo che era una persona sola e spesso lo vedevo vagare per i corridoi senza pace con sigaretta e occhiali scuri come al solito e la sua andatura effeminata.Non so cosa faccia ora, se insegni ancora, dove viva: probabilmente era un genio ma un genio perso nel suo labirinto ed in nessuna equazione alle derivate parziali (per quanto bella) avrebbe potuto ritrovare il suo perduto filo d'Arianna.
Un ricordo universitario
Ricordo il fumo della sua sigaretta accesa nell'aula universitaria quasi deserta mentre riempiva la lavagna con le equazioni di Lagrange, ricordo che sembrava che fumasse un'unica inesauribile sigaretta tra le dita nervose e invece erano tante innumerevoli marlboro che consumava ed accendeva una dopo l'altra, regalando a noi l'illusione della continuità.Non leggeva da fogli preparati la sua lezione come facevano altri, ma ricordo che scriveva una prima equazione e poi da quella riempiva il vuoto spazio nero d'ardesia di derivate ed integrali e tripli prodotti vettoriali e quasi poetiche fantasmagorie di rotori e divergenze o lavori virtuali.Parlava a bassa voce e portava occhiali scuri come i ciechi, era strano e come isolato dal mondo e sembrava che soffrisse per qualcosa fuori o dentro di lui, certe volte pure si bloccava in piedi davanti alla cattedra mentre il fumo della sua eterna sigaretta continuava a salire in delicate spirali verso l'alto.Sciorinava a noi sghignazzanti futuri ingegneri, i segreti della Meccanica Razionale: ricordo che lasciò l'insegnamento per un pò di tempo a causa di un forte esaurimento, ricordo che era una persona sola e spesso lo vedevo vagare per i corridoi senza pace con sigaretta e occhiali scuri come al solito e la sua andatura effeminata.Non so cosa faccia ora, se insegni ancora, dove viva: probabilmente era un genio ma un genio perso nel suo labirinto ed in nessuna equazione alle derivate parziali (per quanto bella) avrebbe potuto ritrovare il suo perduto filo d'Arianna.