Le Labrene

Il vampiro e l'attesa


 Fa paura la silhouette di Nosferatu nel film di Murnau anche se pure è un po’ ridicolo quel non-morto con la faccia di ratto nelle inquadrature famose, il vampiro sulla nave o per le scale ma il vampiro ancora senza consapevolezza, senza la dolorosa consapevolezza della sua eterna condanna di emarginato, come poi avrebbe fatto vedere magnificamente Klaus Kinski nel Nosferatu del suo amico-nemico Herzog .Ma più paurosa della sagoma del non-morto è forse la sua stessa allusione: la porta resta chiusa e sappiamo che il vampiro è vicino perché sta percorrendo il corridoio dietro di essa, tra pochi secondi, forse un minuto al massimo (il vampiro è lento) egli ci raggiungerà dopo aver aperto l’uscio fatidico e allora saremo perduti; allora più spaventosa dei canini del Conte sul nostro collo ormai rassegnato è quella tremenda attesa con la porta ancora chiusa e col vampiro nel doppio stato di assenza-presenza, un non-morto che  ancora non c’è ma che ci sarà presto, se pure ha senso la parola “esserci” per un vampiro.Eppure si potrebbe andare anche oltre,  prolungare cioè fino al parossismo lo stato dell’attesa, come una freccia incoccata in un arco infinitamente teso e che non verrà mai scagliata ma che produce la magnifica tensione che ci fa restare incollati ad uno schermo o ad una pagina.Adesso sto immaginando un impossibile film in cui l’attesa del vampiro è prolungata fino alla fine in un insopportabile meraviglioso crescendo di tensione, anzi meglio che il vampiro non compaia mai in modo che lo spavento cresca dentro di noi immaginando il suo tremendo arrivo che avverrà certamente oltre la fine della storia ma per così dire fuori da quel tempo:  quando magari avremo spento il televisore ed allora saremo davvero soli e, maledicendo l’insonnia,  guarderemo il dannato specchio, non trovandovi altro che le nostre inquiete fattezze nonostante  Lui, Phantom der Nacht alle nostre spalle, ci abbia finalmente raggiunto.