Le Labrene

L'invito


Da qualche giorno per andare a lavoro, se di lavoro si può parlare, sono costretto ad alzarmi ad un orario per me inconcepibile: le sei e mezza del mattino, maledizione, lei sei e mezza del mattino, dannazione.E poi quella sofferenza indicibile (la sveglia che lacera  il mio mondo addormentato, tastare il comodino per farla tacere, alzarsi con le palpebre semichiuse e  dirigersi  incespicando verso il bagno e/o la cucina) e poi dicevo, tutto quel tormento per cercare di arrivare in ufficio alle nove, dopo un tragitto di circa due ore da Est a Sud attraverso la città incarognita del primo mattino.E poi come se questo non bastasse, come se tutto questo fosse poca cosa, sentire la sua detestata voce gioviale attraverso il cellulare che ho dimenticato di spegnere, ascoltare il suo invito mentre percorro Viale del Tintoretto (che bel nome usurpato) e non riuscire a dire di no, non riuscire a declinare il suo invito mellifluo al battesimo del figlio.“Non sapevo che avesse un figlio “ penso mentre salgo le scale e poi immediatamente mi si forma nella mente una di quelle immagini assurde che tante volte assumono il dominio incontrollato dei miei pensieri: antichi ricordi si mescolano senza pace ed allora rivedo lui ubriaco disteso sul marciapiede e il pastore tedesco che abbaia furiosamente al di là del cancello del giardino e poi rivedo me che cerco di rialzare lui e noi due  che alla fine ce la facciamo, camminiamo insieme verso il portone di casa mentre il cane continua a latrare e lui continua a puzzare di vomito e di liquori scadenti bevuti in bar scadenti e poi mi allontana con il braccio dicendomi che non ha bisogno del mio aiuto, mi dice così ed io lo lascio fare e controllo con lo sguardo stanco delle tre del mattino la sua penosa danza d’ubriaco sotto le stelle oscurate mentre il cane continua a latrare e lui allora fa la cosa buffa che mi fa ridere da anni: si sbottona la patta e tira fuori il suo flaccido pezzo di carne dicendo di voler orinare nelle fauci spalancate del cane che continua a latrare come Cerbero sporgendo la bocca mostruosa attraverso due sbarre del cancello.E così mi dico, mentre entro in ufficio all’ora prestabilita, ecco cosa ha comportato averlo tirato via all’ultimo momento tanti anni fa, averlo tirato indietro da quel cancello, avergli salvato il flaccido pezzo di carne, proprio mentre lui follemente cercava di farlo passare attraverso le sbarre,  dalle fauci pronte del cane: “Oh Gesù Giuseppe e Maria, perché l’ho fatto?”  ho continuato a chiedermi, “non ci sarebbe alcun figlio da battezzare adesso e tanto meno un invito da declinare o accettare, no, non ci sarebbe proprio...”.