Le Labrene

Fughe


Ho appena rivisto due vecchi film che parlano di fughe.Un film italiano ed uno americano. La fuga finisce molto male nel film italiano, finisce benissimo in quello americano.Steve Mc Queen e consorte, rapinatori fascinosi e forse felici, terminano la loro fuga rocambolesca in un Messico polveroso con una borsa piena di quattrini, invece Vittorio Gassman guarda nella scarpata l'automobile rotolata giù dopo l'ultima curva,  portandosi appresso la vita di Trintignant.Continua a fare caldo e le zanzare continuano a pungere, la settimana scorsa  pioggia e vento e castelli e pecore e città della Scozia ed uno spostarsi frenetico da un luogo all'altro, una specie di fuga pure questa anche se priva di angoscia o tristezza.Così adesso mentre giaccio disteso sul mio letto e continuo a sudare, mi ritornano in mente e cercano una locazione di memoria i più minuti dettagli di Lochranza e del suo castello diroccato sulla riva erbosa del mare oppure il Loch Ness grigiamente sinistro nella scarsa luce pomeridiana delle Highlands.Faceva freddo nella valle nebbiosa e verdissima di Glencoe e faceva freddo non solo lì: adesso che si fissano nel mio ricordo le immagini raccolte in quella specie di fuga turbinosa per un bel pezzo di Scozia, adesso che succede, mi godo con malinconia dolce questa immobilità domestica dedicata alla memoria di cose vicine nel tempo che già sembrano lontane.Le fughe reali e quelle della finzione, aldi là dell'esito, guardate da un punto immobile, hanno sempre qualcosa di malinconico.