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Post n°242 pubblicato il 14 Febbraio 2010 da tomthumb

Al mio amico Itsoh

Chi ha letto qualche romanzo di Javier Marìas si renderà conto di quanto il suo narrare deve al mondo cinematografico sia per l'intrigante gioco di allusioni e citazioni, sia per la tecnica espressiva utilizzata.
Il miracolo di certe pagine di "Domani nella battaglia pensa a me" sta anche nel fatto che i rimandi e le citazioni sono sempre funzionali, si inscrivono cioè naturalmente nel contesto narrativo al punto che Orson Welles/Falstaff vecchio e grasso e gettato per così dire fuori dalla vita, Jack Palance che aspetta tra una scena e l'altra come un pugile nervoso e George Sanders che si uccide lasciando al mondo un beffardo biglietto d'addio " ...I'm leaving you with your worries in this sweet cesspool...", risultano personaggi del romanzo non meno del protagonista Victòr e degli altri.
Per la tecnica espressiva invece, quello che avvicina Marias al grande cinema è la cura ossessiva dei dettagli: si capisce allora come un viale madrileno notturno o la stanza affollata di oggetti appartenuti ad una morta assumano una rilevanza fondamentale nell'economia del romanzo, producendosi in una vibrazione di esistenza che continua a risuonare nella mente del lettore dopo che ha chiuso il libro. 
Questo per dire che lo spazio che si spalanca dalle pagine di Marìas è in tutti i sensi uno spazio filmico ed è probabilmente questo il motivo per cui la lettura delle sue pagine risulta così intrigante.
Così personaggi del cinema ed oggetti descritti con cura maniacale e richiamati di continuo nel corso della narrazione assumono una dimensione spettrale producendo quel curioso affascinante  maleficio del ricordo cui si accennava sopra.

Però mi rendo conto che volendo parlare di un libro sto finendo di parlarne di un altro o di molti altri: basterà dire allora che questa è una raccolta di articoli sul cinema che Marìas ha scritto nel corso degli anni con la passione del cinefilo più che con la pedanteria del critico.
Non si tratta solo di leggere delle vite mirabolanti e tragiche di Orson Welles o di George Sanders o della bravura di Vincent Price e di John Ford: si ha l’impressione invece, come di solito accade con la grande letteratura o il grande cinema, che il parlare di qualcosa sia in realtà solo il pretesto per lasciare intravedere qualcos’altro che ci riguarda molto da vicino: per questo forse non riusciamo a dimenticare, per questo forse, perduti nel cuore della battaglia, continuiamo a pensarci.

 
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