Il treno di metà pomeriggio è un vecchio arnese arrugginito, niente a che vedere con i nuovi Eurostar dal profilo aereodinamico. Saliamo pigramente dopo una giornata di convegno piuttosto noiosa, ravvivata a tratti da qualche sguardo complice tra di noi. Difficile soffocare le immagini di una nottata così intensa.Ci sediamo in un vecchio scompartimento ai numeri 44 e 46, dentro sono già seduti due ragazzi giovani che ci osservano. Ci guardiamo. Sorridiamo entrambi perché sappiamo che seduti accanto per quattro ore potremmo pensare e realizzare qualsiasi follia. Lo scompartimento di un treno è in effetti un microcosmo. Ti obbliga per definizione a forme castranti di autolimitazioni, ogni volta è una roulette giocata col circo del mondo. Nani e ballerine, acrobati e pagliacci, la donna barbuta, l'uomo più tatuato del mondo, animali e così via lungo tutte le possibili varianti degli esseri viventi.Oggi poteva trovare rappresentazione qualsiasi combinazione di campioni del mondo delle varie specificità, non sarebbe stato motivo ostativo allo sviluppo dell'ennesimo gioco tra noi. Qualche secondo di titubanza. "Ci fermiamo qui o andiamo in un altro scompartimento?" "Semmai vediamo dopo, fermiamoci qui".Lo sguardo di Gaia è quello che legittima che il gioco è appena iniziato. Dai finestrini iniziano a scorrere le successioni di palazzi mal manutenuti. "Perché non lo vai a mettere?" le sussurro in un orecchio. Di lì a poco la vedo dirigersi lungo il corridoio verso la toilette. Ritornando si sistema adagiando lo zainetto di pelle sul ventre. Nella mia mano stringo un piccolo telecomando bluetooth, sembra un ipod nano, è collegato ad un piccolo vibratore che ora è nel ventre di Gaia.Mentre lei cerca una posizione comoda sul sedile, che le permetta di apprezzare maggiormente la presenza di quell'oggetto di piacere, io sfodero con orgoglio il piccolo telecomando fingendo che si tratti di un iPod ma sperando, in fondo, che qualcuno possa comprendere cosa sto realmente per fare. Mi piace l'idea di farla godere davanti a degli estranei a mio comando.Avere letteralmente tra le mani la possibilità di procurarle un piacere che deve essere in grado di celare, e conoscendola bene so quanto questa cosa posssa essere difficile per Gaia. Premo il bottoncino sul telecomando e mi giro per guardarla. Che l'oggetto avesse iniziato a vibrare l'ho colto dal movimento di palpebre, una plateale lenta chiusura di ciglia accompagnata da un tenue sorriso. Nella mia mano possiedo un centro di comando del suo piacere, una stanza dei bottoni in miniatura con cui poter regolare intensità e programma della vibrazione. Aumentare e diminuire. Interrompere quando noto un crescendo nel suo piacere castrato dall'impossibilità di non poter esplodere, farlo ripartire quando colgo il rilassamento nel suo corpo, accelerare violentemente in modo da portarla al confine, al limite, al fine strada, dove un millimetro più avanti c’è solo la plateale riconoscibilità di quello che sta realmente provanto.Provo piacere nel vederla contenere le reazioni. Deglutisce. Il viso si accende dei colori del fuoco. Il respiro si altera ed io, eccitato e grato per quello che sta facendo, vivo la mia piccola contraddizione: esporla al pubblico giudizio di fiero per legittimarmi come dominatore del suo piacere o rimanere complice osservatore del gioco solo nostro? La seconda opzione ha preso il sopravvento. Sento mescolarsi svariate sensazioni. Mi ripeto quasi ipnotizzato ed è come se glielo stessi dicendo: "oh Gaia anche questa sei tu, dopo una notte di sesso con Laura stanotte ti sei addormentata addosso a me, non mi hai lasciato per un secondo, a pranzo ci siamo raccontati di nuovo la serata con quella coppia e ci siamo immaginati altre situazioni, ora sei qui davanti ad una signora che fa la settimana enigmistica, ad un tipo che non sa che posizione assumere per dormire ed a due ragazzi con le auricolari che alternano brani mp3 e giochi sui loro smartphone".Ad un tratto le dico: "Amore andiamo a prendere un caffè nella carrozza ristorante". Capisce immediatamente che il gioco stava virando verso un’altra conclusione conclusione. Raggiungiamo una toilette. Entriamo. Serriamo la chiave. I suoi pantaloni e le sue mutandine scendono quel tanto per scoprire i glutei, libero il mio sesso bollente, la penetro. Poi mi sono visto riflesso nello specchio. Poche spinte e la somma delle immagini si trasformano in un piacere denso ed incontenibile che ho lasciato fluire fuori da me. Torniamo verso il nostro vagone.Nel corridoio ci sta attendendo il volto di una persona nota, un collega che mi ha visto salire sul treno e che mi sta aspettando per salutarmi e scambiare due chiacchiere. In una condizione normale mi sarei accontentato di quanto appena accaduto, ma con Gaia non è possibile accontentarsi. La natura le ha fatto uno splendido regalo, la facoltà di avere più orgasmi ripetuti a distanze minime e questa è una possibilità da cogliere senza stare troppo a riflettere. Ora lì, in piedi decido di riprendere a far vibrare l'ovulo. Lei si appoggia al finestrino con le gote arrossate dal piacere e dall'imbarazzo. Io fingo di ascoltare Marco ma quello che mi arriva in realtà sono parole senza senso mescolate al respiro sempre più forte di Gaia.Chissà se Marco immagina quello che stiamo facendo. Mentre il mio cervello si sta per avventurare in qualche nuova fantasia, Gaia si avvicina a me, mi bacia teneremente e mi sussurra "Amore ci andiamo a sedere?". Lascio Marco lì sul corridoio e la seguo.Il silenzio dura qualche secondo. "Cosa c'è. Ora ti eccita anche farmi godere di fronte ai tuoi colleghi? Pensavo funzionasse solo con gli estranei?" Si gira, mi sorride e mi colpisce come sempre nel punto che fa più male. Tra il cervello, il cuore e la fantasia.
PIACERE TRENITALIA
Il treno di metà pomeriggio è un vecchio arnese arrugginito, niente a che vedere con i nuovi Eurostar dal profilo aereodinamico. Saliamo pigramente dopo una giornata di convegno piuttosto noiosa, ravvivata a tratti da qualche sguardo complice tra di noi. Difficile soffocare le immagini di una nottata così intensa.Ci sediamo in un vecchio scompartimento ai numeri 44 e 46, dentro sono già seduti due ragazzi giovani che ci osservano. Ci guardiamo. Sorridiamo entrambi perché sappiamo che seduti accanto per quattro ore potremmo pensare e realizzare qualsiasi follia. Lo scompartimento di un treno è in effetti un microcosmo. Ti obbliga per definizione a forme castranti di autolimitazioni, ogni volta è una roulette giocata col circo del mondo. Nani e ballerine, acrobati e pagliacci, la donna barbuta, l'uomo più tatuato del mondo, animali e così via lungo tutte le possibili varianti degli esseri viventi.Oggi poteva trovare rappresentazione qualsiasi combinazione di campioni del mondo delle varie specificità, non sarebbe stato motivo ostativo allo sviluppo dell'ennesimo gioco tra noi. Qualche secondo di titubanza. "Ci fermiamo qui o andiamo in un altro scompartimento?" "Semmai vediamo dopo, fermiamoci qui".Lo sguardo di Gaia è quello che legittima che il gioco è appena iniziato. Dai finestrini iniziano a scorrere le successioni di palazzi mal manutenuti. "Perché non lo vai a mettere?" le sussurro in un orecchio. Di lì a poco la vedo dirigersi lungo il corridoio verso la toilette. Ritornando si sistema adagiando lo zainetto di pelle sul ventre. Nella mia mano stringo un piccolo telecomando bluetooth, sembra un ipod nano, è collegato ad un piccolo vibratore che ora è nel ventre di Gaia.Mentre lei cerca una posizione comoda sul sedile, che le permetta di apprezzare maggiormente la presenza di quell'oggetto di piacere, io sfodero con orgoglio il piccolo telecomando fingendo che si tratti di un iPod ma sperando, in fondo, che qualcuno possa comprendere cosa sto realmente per fare. Mi piace l'idea di farla godere davanti a degli estranei a mio comando.Avere letteralmente tra le mani la possibilità di procurarle un piacere che deve essere in grado di celare, e conoscendola bene so quanto questa cosa posssa essere difficile per Gaia. Premo il bottoncino sul telecomando e mi giro per guardarla. Che l'oggetto avesse iniziato a vibrare l'ho colto dal movimento di palpebre, una plateale lenta chiusura di ciglia accompagnata da un tenue sorriso. Nella mia mano possiedo un centro di comando del suo piacere, una stanza dei bottoni in miniatura con cui poter regolare intensità e programma della vibrazione. Aumentare e diminuire. Interrompere quando noto un crescendo nel suo piacere castrato dall'impossibilità di non poter esplodere, farlo ripartire quando colgo il rilassamento nel suo corpo, accelerare violentemente in modo da portarla al confine, al limite, al fine strada, dove un millimetro più avanti c’è solo la plateale riconoscibilità di quello che sta realmente provanto.Provo piacere nel vederla contenere le reazioni. Deglutisce. Il viso si accende dei colori del fuoco. Il respiro si altera ed io, eccitato e grato per quello che sta facendo, vivo la mia piccola contraddizione: esporla al pubblico giudizio di fiero per legittimarmi come dominatore del suo piacere o rimanere complice osservatore del gioco solo nostro? La seconda opzione ha preso il sopravvento. Sento mescolarsi svariate sensazioni. Mi ripeto quasi ipnotizzato ed è come se glielo stessi dicendo: "oh Gaia anche questa sei tu, dopo una notte di sesso con Laura stanotte ti sei addormentata addosso a me, non mi hai lasciato per un secondo, a pranzo ci siamo raccontati di nuovo la serata con quella coppia e ci siamo immaginati altre situazioni, ora sei qui davanti ad una signora che fa la settimana enigmistica, ad un tipo che non sa che posizione assumere per dormire ed a due ragazzi con le auricolari che alternano brani mp3 e giochi sui loro smartphone".Ad un tratto le dico: "Amore andiamo a prendere un caffè nella carrozza ristorante". Capisce immediatamente che il gioco stava virando verso un’altra conclusione conclusione. Raggiungiamo una toilette. Entriamo. Serriamo la chiave. I suoi pantaloni e le sue mutandine scendono quel tanto per scoprire i glutei, libero il mio sesso bollente, la penetro. Poi mi sono visto riflesso nello specchio. Poche spinte e la somma delle immagini si trasformano in un piacere denso ed incontenibile che ho lasciato fluire fuori da me. Torniamo verso il nostro vagone.Nel corridoio ci sta attendendo il volto di una persona nota, un collega che mi ha visto salire sul treno e che mi sta aspettando per salutarmi e scambiare due chiacchiere. In una condizione normale mi sarei accontentato di quanto appena accaduto, ma con Gaia non è possibile accontentarsi. La natura le ha fatto uno splendido regalo, la facoltà di avere più orgasmi ripetuti a distanze minime e questa è una possibilità da cogliere senza stare troppo a riflettere. Ora lì, in piedi decido di riprendere a far vibrare l'ovulo. Lei si appoggia al finestrino con le gote arrossate dal piacere e dall'imbarazzo. Io fingo di ascoltare Marco ma quello che mi arriva in realtà sono parole senza senso mescolate al respiro sempre più forte di Gaia.Chissà se Marco immagina quello che stiamo facendo. Mentre il mio cervello si sta per avventurare in qualche nuova fantasia, Gaia si avvicina a me, mi bacia teneremente e mi sussurra "Amore ci andiamo a sedere?". Lascio Marco lì sul corridoio e la seguo.Il silenzio dura qualche secondo. "Cosa c'è. Ora ti eccita anche farmi godere di fronte ai tuoi colleghi? Pensavo funzionasse solo con gli estranei?" Si gira, mi sorride e mi colpisce come sempre nel punto che fa più male. Tra il cervello, il cuore e la fantasia.