Passione... Arte

Fernando Botero


Il maestro colombiano, creatore di una cifra stilistica inconfondibile, Fernando Botero, ospite della Bella Estate dell'Arte a Palazzo Reale, grazie alla collaborazione di Comune di Milano, Galleria Contini di Venezia e Skira Editore. 150 le opere degli utlimi dieci anni, scelte dall'artista e suddivise in tre grandi sezioni tematiche. La prima è dedicata al Circo, di cui Botero si innamorò in Messico, dove egli passa i suoi inverni. "Un soggetto bellissimo e senza tempo" come lo descrive il Maestro. La seconda sezione ospita settanta opere storiche, rappresentanti dell'intero universo poetico di Botero, dalle malinconiche figure singole alle tenere coppie, dai soggetti collettivi ai d'après, tele che si rifanno ai grandi pittori del passato. Nella terza parte l'atmosfera cambia e diviene cruenta, precipitando nell'inferno del famigerato carcere iracheno di Abu Ghraib, tristemente noto per le torture ai prigionieri. Il percorso si conclude con sei sculture monumentali collocate in città, tra piazzetta Reale, Galleria Vittorio Emanuele, Castello Sforzesco, Corso Vittorio Emanuele e Stazione Centrale. Agosto, aperti per ferie. Sarebbe stato impensabile fino a qualche anno fa inaugurare in piena estate una mostra che, qualunque sia il giudizio critico su Fernando Botero (Medellìn, 1932), si preannuncia come capace di attirare un vasto pubblico. A dimostrazione del fatto che Milano non è più una città che in agosto trattiene il respiro per ripartire frenetica a settembre.
Botero, dunque. Conosciuto e ri-conosciuto in tutto il mondo per le donne dalle forme generose e le nature morte dai colori freschi come quelli delle granite. Amato dal pubblico, poco gradito alla critica che lo considera banale, troppo facile, sempre uguale a se stesso. La verità forse sta nel mezzo. Lo si può verificare anche in questa mostra milanese che raccoglie circa centocinquanta opere dell’artista colombiano, dagli anni Novanta fino ai lavori più recenti, più sei sculture in bronzo collocate nelle vie cittadine. Un mix di tele di indubbio fascino che ricostruiscono molto bene l’universo Botero di forme rotonde e grandi piani di colore e lavori dove si fa davvero fatica a rintracciare un’ispirazione genuina.L’allestimento (curato dallo stesso Botero) è attento e minimale, si affida solo a pareti colorate: pareti dipinte di bianco per le tele di maggiore cromatismo, color aragosta per i disegni, grigie per le opere drammatiche di Abu Ghraib. Perché in mostra c’è un Botero inatteso e inusuale: accanto ai colori festosi e alle atmosfere di provincia sono esposti i lavori che l’artista ha dipinto per denunciare gli orrori del carcere iracheno. Questi rappresentano una brusca cesura nel percorso espositivo; dalla quiete dei giardini fioriti, dalle tonache rosa ciclamino di ecclesiastici grassocci si precipita nell’inferno di immagini cruente. Uomini legati, bendati, coperti di sangue, prigionieri senza identità. Un tema drammatico che Botero affronta senza rinnegare il proprio stile con i consueti mezzi espressivi: colori saturi -le tinte vivaci sostituite da pennellate cupe accese solo dal rosso del sangue- e dimensioni monumentali.
Lodevole l’intenzione di utilizzare il proprio celebre nome per denunciare crimini inaccettabili contro l’umanità -tra l’altro Botero fa sapere che le opere non saranno mai vendute- il risultato è piuttosto deludente, immagini che sfiorano il kitsch e restano prive di energia. Quasi altrettanto deludenti le ultime opere dedicate al circo, inedite, in mostra a Milano per la prima volta. Con questo tema si sono cimentati alcuni grandissimi del Novecento, da Picasso a Léger, e nel confronto Botero esce perdente, i suoi personaggi abbondanti, stretti in abiti coloratissimi sono pupazzi inanimati incapaci di trasmettere la magia malinconica del circo; più interessanti i disegni dei dipinti ad olio.
La parte migliore della mostra è la sezione dedicata alle opere storiche nella quale chi ama Botero potrà divertirsi ad ammirare molte celebri tele e chi non lo ama potrà in parte ricredersi lasciandosi attrarre dalla piacevolezza con cui “mette in scena la vita, racconta, instancabilmente racconta […] il mondo che ha vissuto e che ha visto con gli occhi dell’infanzia” (Vittorio Sgarbi). Una girandola di colori e di personaggi monumentali dall’espressione indecifrabile: zitelle strabiche, ufficiali, coppie di ballerini, ritratti di famiglia, preti e cardinali, golose nature morte e giganteschi vasi di fiori (originale il trittico Fiori in giallo Fiori in blu Fiori in rosso, tutti 2006).Tutto in Botero è voluminoso, le forme sono ampie, placide, definite da un colore luminoso e senza ombre. È il colore che dà sostanza e volume alle cose altrimenti prive di rilievo plastico. Un universo massiccio ma stranamente lieve, i personaggi pur così monumentali appoggiano leggeri quasi fluttuano nel loro mondo.
Ne Il club del giardinaggio (1997, una delle opere migliori in mostra) Botero ricrea un’atmosfera antica, quella del tempo che fu -e che forse non è mai stato- in cui la vita scorre lenta e serena; bello anche Atelier di sartoria (2000) dove il tempo è sospeso ed una quiete silenziosa avvolge il piccolo angolo del negozio nel quale i rotoli di tessuto sugli scaffali sono altrettanto rotondi e morbidi delle sarte al lavoro. Botero dixit 6 mar 2000Ecco una mini-antologia di pensieri di Fernando Botero sulla pittura, una serie di frasi tratte da interviste rilasciate dall'artista: ***L'arte è una visione sempre diversa della medesima cosa.***Per me l'arte è fare lo stesso che hanno fatto tutti, ma in una forma diversa. Lo stesso uomo, lo stesso albero, lo stesso animale ecc., sempre diverso. Questa è la storia dell'arte. Una serie di artisti con personalità.***Si dipinge sempre ciò che si conosce meglio, ciò che è radicato nell'infanzia e nell'adolescenza.***Fortunatamente l'arte ha una grande dote, quella di essere inesauribile. E' un processo senza fine, nel quale non si smette mai di imparare.***Quando ogni elemento del quadro trova il proprio posto, si raggiunge la pace. E in quel momento il quadro è finito.***Le buone idee pittoriche sono spesso il risultato della lotta contro la monotonia. Sono sempre alla ricerca di qualcosa che mi sorprenda. Perciò, nei miei quadri spero che succedano cose imprevedibili.***In pittura tutto è più leggero. Quando si dipinge, si costruisce e si distrugge rapidamente. Invece in scultura tutto è più lento. E a me piace questa flessibilità della pittura unita ad una certa irresponsabilità.***tratto da http://www.lagazzettaweb.it/