Passione... Arte

Non ti muovere


Tua madre rimase in sala parto per il secondamento. Io scesi a piedi con te in braccio lungo le scale verso la stanza. Anche se eri leggera come un sacchetto di pane, pesavi tanto, mi sentivo inadatto a quel trasporto eccezionale. Sulla porta era già appesa una coccarda rosa. Finalmente eravamo soli. Ti ho posata dolcemente sul letto. Curvo su di te, ti ho guardata dall'alto del mio viso adulto. Ero tuo padre e tu non sapevi nulla di me, della vita che era corsa sulla mia schiena. Ero tuo padre, un uomo con grosse mani tremanti, e un suo odore incuneato nei pori della pelle, un uomo attraversato da quarant'anni di giorni. Sei rimasta immobile, così come ti avevo depositata, come una tartaruga capovolta. Mi guardavi con quegli occhi d'acqua, di grgio profondo. E forse ti chiedevi che fine avesse fatto quella strettezza che ti aveva custodita. Non piangevi. Te ne stavi lì, buona, affacciata dentro quei vestiti troppo larghi per te. Sembravi un topo vestito. Ho pensato che mi somigliavi. Eri minuscola, indecifrabile, ma avevi qualcosa che riconoscevo. Tu hai catturato quasi tutti i miei lineamenti, Angela. Hai trascurato la bellezza di tua madre per impossessarti del mio soma poco attraente, che su di te misteriosamente ha trovato pieghe e forme privilegiate. Non sei una bellezza moderna, aggressiva. Hai un volto desueto, di una dolcezza infinita, largo e tacito. Un volto senza crepuscolo. Ti ho sempre trovata speciale. Mi accoccolai accanto a te, raccolsi le gambe come un feto. Avevi pochi minuti di vita, ti guardavo e mi sentivo impreciso e fuori fuoco, esattamente come tu mi vedevi. Mi chiedevo se dal mondo bianco da cui provenivi tu avessi portato un po' di grazia anche per me. Era ormai l'alba, la tua prima alba.     Margaret Mazzantini "Non ti muovere"