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Storia Lombarda


 Napoleone in Lombardia  La mano napoleonica su Melegnano Ma Napoleone tornò in Europa, e dopo 13 mesi di occupazione degli austro-russi, Milano ritornò sotto i Francesi il 2 giugno 1800 e pochi giorni dopo nominava la nuova municipalità escludendo i repubblicani più spinti; e fu ricostituita la Seconda Repubblica Cisalpina, e furono gli anni più dolorosi anche per Melegnano. Nel 1810 si ordinò la soppressione di tutti gli Ordini religiosi, con un editto firmato da Napoleone a Compiègne il 25 aprile: il decreto sopprimeva tutti gli Ordini e le Congregazioni religiose eccetto gli ospitalieri e le suore di carità. Subito i delegati statali apposero i sigilli e i sequestri sugli archivi, le librerie, le casse e gli appartamenti religiosi.  A Melegnano operavano quattro conventi: i frati Francescani Minori, che avevano la residenza dove funzionava la ditta Monti e Martini; i frati Cappuccini, che stavano dove ora vi è il cimitero al di là della via Emilia; le suore Orsoline, che si trovavano dove ora è la fine di via Cavour con la via Trento e Trieste, in zona S.  Pietro; i Servi di Maria, che svolgevano l’impegno culturale, facendo scuola gratuita di italiano, geografia, calligrafia, storia, filosofia e scienze.  Tutti e quattro i conventi furono chiusi e rimasero vuoti, spogliati dai mobili e da ogni suppellettile; disabitati, in solitario silenzio dopo secoli di vita e di opere; rimasero le mura, gli archi, i cortili e l’abbandono. Tutto passò al demanio, cioè nel complesso dei beni di proprietà dello stato napoleonico.  Migliore fortuna ebbero le campane di S. Giovanni, che erano quattro: tre di esse dovevano scendere ed essere sacrificate per le requisizioni del bronzo per fare cannoni. Il prevosto Candia, da un suo fratello che era capitano dell’esercito napoleonico, aveva saputo che nella notte del 16 maggio 1811 Napoleone sarebbe passato da Melegnano proveniente da Lodi per recarsi a Milano, in forma privatissima. Il Candia fece preparare la chiesa tutta illuminata nell’interno, indossò con tutto il clero i paramenti più solenni, chiamò tutta la cittadinanza in chiesa a porte chiuse ed attese.  Appena arrivò dal ponte del Lambro sulla piazza il cocchio imperiale, si spalancarono le porte della chiesa, uscì la solenne processione del clero melegnanese e di tutto il popolo con stendardi e con candelieri, e si diresse verso il cocchio di Napoleone: una scelta inusitata nella storia dei paesi. Il cocchio imperiale si fermò ed il Candia, solo, si avvicinò a Napoleone che lo accolse bene aprendo lo sportello.  Si guardarono in faccia due uomini, Napoleone e Candia. Nessuno ha riportato le parole del loro breve colloquio; ma partendo Napoleone salutò più volte; le campane rimasero al loro posto per sempre; Melegnano non fu funestata. Il cocchio riprese a camminare sul selciato della strada principale; il popolo melegnanese che per alcuni istanti rimase muto mentre i due uomini si parlavano, si riversò in chiesa, cantando con esaltazione il Te Deum. Chissà se nella lontana isola di Sant’Elena, ricordando le sue memorie, Napoleone non abbia rivisto il volto dei melegnanesi al chiarore delle fiaccole in una notte del mese di maggio. Società - demografia - economia La rivoluzione francese e le direttive napoleoniche non lasciarono segni profondi nell’animo del popolo, cioè non lo cambiarono dalle sue impostazioni e dalla sua norma tradizionale, anche se in questi anni accaddero fatti clamorosi in Melegnano. I concetti di libertà, di fraternità e di uguaglianza, ed i principi rivoluzionari misti a violenze, le riforme della Cisalpina e di Napoleone non trovarono entusiasmo né facile accoglienza tra il popolo melegnanese.  Alla fine del 1700 i melegnanesi, ancora più della metà, erano analfabeti, parecchi sapevano a malapena leggere, pochi avevano una discreta cultura e non era il caso di parlare di scuole medie.  L’economia agricola influenzava la mente dei melegnanesi, un’economia tradizionale e quindi una accettazione delle idee tradizionali, sospettando di ogni novità. Inoltre era molto influente tra i melegnanesi della fine del 1700 la personalità del Candia, nativo di Melegnano, venuto alla luce il 3 maggio 1728, avendo come madre una donna di vecchia famiglia melegnanese, Giacinta Gallina, ordinato prete a Melegnano e parroco di Melegnano in giovane età, a 38 anni. Ed il Candia rappresentava la Chiesa Cattolica, rappresentava il cristianesimo umiliato, ed era il portavoce ed il seguace di quei papi che subivano persecuzioni dalla Rivoluzione, dalla Cisalpina e da Napoleone.  Questi due grossi motivi, di economia tradizionalistica e di ammirazione per il Candia conservarono refrattari i melegnanesi alle novità rivoluzionarie della fine del 1700 e dell’inizio del 1800. Si aggiungano inoltre le ripercussioni delle tasse e dei tributi che erano continuamente nell’aria e che erano un argomento sempre antipatico per tutti, perché in ultima analisi il peso fiscale ricadeva sempre sul popolo: in un elenco dello stato finanziario melegnanese appariva che su ogni entrata di affitto vi era l’imposta per la Legione Lombarda, e già abbiamo detto del prestito forzato del 6 maggio del 1798 e della requisizione degli argenti della Chiesa, che nell’inventario risultavano composti da una lampada, tre bacili con una brocca, una croce con piedistallo, quattro busti dei papi, un ostensorio; e il popolo sapeva che questi argenti erano stati comperati oppure offerti da melegnanesi.  Il 1700 si conclude con la situazione demografica seguente. Nel triennio 1797-98-99 vi sono 591 nascite, di cui 274 in Melegnano e 317 nelle cascine: Colturano (50), Gamborello (7), Pallavicina (4), Mezzano (17), Pedriano (15), Vecchiabbiolo (1), Maiocca (15), Riozzo (48), Fornaci (17), Giardino (9), Silva (1), Medica (4), Martina (3), Bertarella (4), Cattagna (Cattanea) (4), Brasca (2), Vizzolo (32), Calvenzano (12), Legorina (7), Montebuono (1), Griona (10), Sarmazzano (19), Bernarda (2), Molino di Sarmazzano (1), Santa Brera (10), Rocca (8), Crema (1), Rampina (1), Valle (3), Costigè (2), Cassinetta (1), Colombera (5), Maragna (1), con una percentuale del 46,3% dei nati in Melegnano e del 53,6% dei nati nelle cascine.  E tra i nati si verifica il fenomeno di bambini non riconosciuti dai genitori o dalla madre. Difatti nel triennio citato noi troviamo 11 bambini, ognuno dei quali è cos’ registrato: « figlio di padre incerto esposto alla porta dei Padri di San Francesco...», oppure « figlio di padre incerto e di madre incerta esposto alla porta dei reverendi Padri Cappuccini... », oppure « figlio di padre incerto e di madre pure incerta esposto alla casa parrocchiale immediatamente vicina alla chiesa parrocchiale... », oppure « figlio di padre e madre non conosciuti esposto questa notte alla porta del convento de’ padri cappuccini subito fuori di questo borgo...», oppure « figlio esposto alla porta di questa chiesa...», «figlio di padre incerto esposto questa mattina avanti questa chiesa... » (si tratta della chiesa di San Giovanni Battista), oppure «figlia esposta questa mattina alla porta del convento di San Francesco... ».  A provare la mobilità delle persone, dovuta, secondo noi, allo spostamento continuo dei contadini in cerca di posti migliori o mandati via dall’agricoltore, stanno le statistiche ricavate dal registro dei matrimoni della chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista.  Abbiamo scelto il triennio 1797-98-99 cioè gli anni che chiudono tutto il 1700, e si nota che avvennero 106 matrimoni di cui 41 con il marito di altri paesi (San Zenone, Milano, Vizzolo, Civesio, Molino di Mulazzano, Pedriano, Abbiategrasso, Chiari di Brescia, Mezzate, San Martino in Strada, San Martino Olearo, Pairana, San Giuliano, San Barbaziano, Cerro, Cervignano, Zeloforomagno, Bustighera, Mairago, Zorlesco, Landriano, Torrevecchia, Ozzeno, Casolate, Bollate, Pieve di Locate, Balbiano, San Donato, da alcuni di questi luoghi vennero più di un marito), per una percentuale del 38,6% venuti da fuori. Dai registri dei morti della parrocchia di San Giovanni ci vengono anche le indicazioni dei confronti relativi all’età di morte, dove si può notare che la situazione non è sostanzialmente cambiata dal 1600. Eccole: nati 638 morti: appena nati: 25 entro una settimana: 80 entro un mese: 48 entro un anno: 104 entro dieci anni: 149. dagli 11 ai 20 anni: 16 dai 21 ai 30 anni: 24 dai 31 ai 40 anni: 35 dai 41 ai 50 anni: 30 dai 51 ai 60 anni: 46 dai 61 ai 70 anni: 56 dai 71 agli 80 anni: 21 dagli 81 ai 90 anni: 40pari al    4,0% pari al  12,5% pari al    7,5% pari al  16,3% pari al  23,3% pari al    2,5% pari al    3,7% pari al    5,5% pari al    4,7% pari al    7,2% pari al    8,8% pari al    3,3% pari al    7,2%Come si può notare, le percentuali più alte sono relative all’infanzia: difatti, il 63,6% dei nati, cioè 406 su 638 muoiono entro i primi dieci anni di vita.  Nell’anno stesso della Rivoluzione francese - il 1789 - la demografia melegnanese dava queste statistiche: Melegnano 598 famiglie con 1755 abitanti;  Vizzolo e cascine fam. 93 con ab. 607;  Pedriano fam. 51 con ab. 238;  Mezzano fam. 34 con ab. 185;  Santa Brera-Rocca-Rampina fam. 31 con ab. 185;  Colturano fam. 70 con ab. 413; Riozzo fam. 89 con ab. 475. Accanto all’agricoltura vi erano piccole industrie di fabbricazione delle pelli e delle loro lavorazioni con sali ed acidi, in concorrenza con quelle di Pavia, Sant’Angelo, Monza, Gallarate, Saronno, e che tutte dovevano difendersi dalle importazioni dell’Irlanda.  Funzionavano alcune filande per la lavorazione del cotone e del lino, che stavano vivendo tempi difficili ed in parte facili perché le filande in Milano introducevano nuove macchine per la lavorazione più celere, ma la manodopera costava di più per cui a Melegnano, a Belgioloso, Seregno e Sesto Calende si produceva con meno celerità. Ma il prodotto costava di meno perché gli operai e le operaie erano pagati con un salario più ridotto.  Il mercato del giovedì commerciava ogni sorta di grani, i legumi e la linosa, lino in gran quantità, tele, refe e filo, panni ed altre merci; polli, burro, formaggio, maiali e cavalli.  Nel 1791 fu progettato dalla corte di Vienna di estrarre dal Lambro una quantità d’acqua da unirsi ai Silleri lodigiani per irrigare più di 40.000 pertiche di terra, cominciando da Villanterio e Santa Cristina fino alle porte di Pavia. La spesa del cavo e degli edifici fu dai periti calcolata a meno di un milione di allora. Il prodotto del canone delle acque da concedersi con contratto ai possessori dei fondi era di lire 120. Il progetto fu ritenuto utile da tutti e fu anche applaudito, ma fu poi trascurato e dimenticato.  Anche il sistema dei trasporti e delle comunicazioni era discusso relativamente alla nostra zona. Molti ponevano sul tappeto la discussione di un vecchio progetto di unire Milano e Pavia con un naviglio, come ne fu ideato uno tra Milano e Melegnano in cui il Lambro fu trovato suscettibile di navigazione fino al Po.  Arte melegnanese del 1700 Nell architettura si impongono due edifici: la chiesa dei Servi e il Palazzo Brusati di Via Mazzini (attualmente ex palazzo Saronio).  La chiesa dei Servi è stata costruita nel 1768, sull’area di una chiesa più antica.  L’esterno si presenta con una facciata monocuspidata, a due ordini con struttura muraria in cotto e in parte intonacata.  Sale con quattro lesene assai sporgenti, e le lesene superiori hanno la funzione di pilastri per sostenere un arco a tutto sesto. Al centro si apre un finestrone.  L’edificio Brusati (da non confondere con quello più antico)si pone maestoso per il suo colonnato interno. Esso fu. costruito nel 1724 dirimpetto al convento delle Suore che da tempo avevano nei pressi il loro convento.  Nella scultura si presenta la Madonna del Rosario, una statua lignea dorata e, policroma ,che si trova entro la nicchia nella cappella del Rosario in San Giovanni e che misura, metri 1,90; essa fu restaurata nel 1904 ed in tale occasione fu ,aggiunto il Bambino.  E’ una notevole opera d’ignoto scultore locale del 1700, probabilmente della stessa scuola della statua di San Giuseppe che si trova nella chiesa del Carmine. La statua spicca per il suo manto dorato con stelle a rilievo, mentre la veste è scolpita a motivi floreali.  Negli angoli della cappella del Sacro Cuore stanno le statue lignee dorate rappresentanti la Preghiera, la Fede, la Liberalità, la Pietà.  Esse hanno mosse enfatiche con ampi e gonfi panneggiamenti.  Opere, comunque, di scarso interesse artistico.  Una notevole opera di oreficeria lombarda già con qualche elemento di gusto neoclassico è la Lampada in lamina d’argento sbalzata e cesellata. Ha forma svasata con bordura di contorno a foglie lanceolate; sul rigonfiamento vi sono tre teste di drago a tutto rilievo, da cui partono le catenelle. Il collo esile è ornato a baccellature ed ovoli.  Nella chiesa di San Pietro esiste la statua dell’Ecce Homo, un Cristo coronato di spine, con barba e capelli naturali, che reclina il volto, a mani legate, recando un manto rosso sulle spalle.  Proviene dal soppresso convento di Santa Maria della Misericordia. E’ una notevole opera di scultura popolaresca locale del 1700 che denota le non comuni possibilità espressive di scultori ed intagliatori in legno fioriti nel secolo 1600 e 1700 in Melegnano.  Nella chiesa del Carmine vi è il Coro ligneo in noce, scolpito ed intagliato, ad un solo ordine di stalli (seggi per canonici). Gli stalli hanno il dossale (schienale) diritto diviso da lesene (pseudo pilastri con funzioni decorative) a foglie scolpite e teste di cherubini.  Vi è la trabeazione (travatura) orizzontale alla sommità. I postergali (parti posteriori dei mobili) hanno specchi entro cui sono scolpite larghe foglie legate da nodi. Occupa tutta la parete del coro. E’ un’opera di mediocre interesse artistico, eseguita da ignoto intagliatore, con caratteri e gusto decorativi.  Nella pittura si ricorda il Ritratto di Rosa Gramatica: la donna è in veste di terziaria francescana con soggolo e velo in capo, un pò di profilo e con la destra al petto. E’ un quadro appeso ad una parete della sagrestia. Proviene dalla soppressa chiesa di Santa Maria della Misericordia, donde venne qui trasferita dopo il 1810, data della soppressione. E’ un’opera di mediocre interesse artistico di ignoto pittore, eseguita dopo il 1739, data della morte di Rosa Gramatica. Reca la scritta « Rosa Gramatica a Melegnano - tertiaria S.P. Francisci - obiit in Domino Melegnani die XIII aprilis MDCCXXXIX - aetatis suae anno LIV ». La tela ha interesse iconografico e storico locale.  Vi sono, inoltre, diversi quadri, nelle chiese, qua e là: ma il loro valore è piuttosto scarso tanto che non vale la pena, per il momento, farne una segnalazione.http://www.cronologia.it/storia/a1796c.htm