Lavorare & Produrre

L’Officina delle Idee


 
  Giornale di Bologna metropolitana
Direttore politico Paolo Salizzoni - Direttore responsabile Paolo Giuliani Numero 18 – Anno II° - Ottobre 2006 Mensile - Aut. Trib. Bologna n. 7530/05 del 11/04/2005 Propr.: Paolo Salizzoni; Coordinatore: Romano Masetti; Stampato in proprio - Sede via E.Ferrari, 28 - 40138 Bologna - Email: officinaidee@virgilio.it IL LIBRO BIANCO SU BOLOGNA:
50 anni fa Giuseppe Dossetti offriva a Bologna un contributo eccezionale per capire le sue risorse nascoste da far fruttare. Tra i molti anniversari “Dossettiani” che il 2006 evoca –a cominciare dal decennale della morte il prossimo dicembre - vi sono anche i cinquant’anni dalla candidatura a sindaco di Bologna, di cui il Libro Bianco e il tema del decentramento di quartiere rappresentano il lascito più fecondo e duraturo. Da “I Martedì” Rivista del Centro San Domenico - n° 246 settembre 2006- Paolo Giuliani Non è un libro voluminoso:sono 165 pagine ormai ingiallite dal tempo, difficilmente reperibile, con una copertina completamente occupata da una foto che ritrae un Dossetti con sguardo ieratico, ma nello stesso tempo in posizione di guida, messo in vendita a 600 lire. Stampato nel maggio del 1956 in occasione di una memorabile campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio Comunale di Bologna che vedeva contrapposti per la carica di Sindaco il comunista Giuseppe Dozza e il cattolico Dossetti capolista per la Democrazia Cristiana, è ormai entrato –di diritto– fra le innovazioni più significative per definire le modalità più efficaci per elaborare un programma amministrativo ancorché con il risvolto elettorale. Perché è così ricordato ed anche tuttora citato come esempio da imitare? Perché racchiude in sé tre linee di lavoro difficilmente rintracciabili contestualmente. E in effetti il “Libro Bianco” esprime la sintesi fra una elaborazione scientificamente attivata sui temi amministrativi più importanti della Bologna di allora, una proiezione si direbbe profetica di come la città poteva evolversi dopo gli anni della conservatorismo comunista, una costruzione dal basso, dai cittadini -come mai era avvenuto prima- per suscitare proposte e suggerimenti che Dossetti riportò nelle tesi racchiuse nel libro Già nella “prefazione” viene delineato l’intero itinerario di quella avventura.”Il Libro Bianco su Bologna è ora una promessa adempiuta: un esempio di metodo e di costume che fissa tutto un indirizzo e che anticipa realizzazioni ancor più impegnative per il futuro. Forse è la prima volta che una campagna elettorale non è solo una occasione di propaganda, ma diventa ragione di un complesso di analisi e di studi condotti con rigore ed è un qualche cosa ad un tempo di conoscenza scientifica e di magistero, rivolto a centinaia di cittadini..” E al di là del contributo di esperti che poi Dossetti portò in Consiglio Comunale, la sottolineatura forte è proprio per i bolognesi perché…”in un certo senso essi hanno dato il più e il meglio di questo libro, con i loro interventi negli incontri” “ La Parola all’Elettore”. Erano, questi ultimi, dei veri e proprio colloqui di strada realizzati con modalità del tutto artigianali: nei punti più interessanti della città veniva collocato un piccolo palco con un cartello che avvertiva che “Alle ore….Dossetti incontra i cittadini sui temi della campagna elettorale”. Ricordare oggi tutto questo si rimane colpiti dalla semplicità, ma anche del ruolo importante affidato agli elettori e si misura la differenza abissale con le tecniche mediatico-televisive dei nostri giorni che relegano i cittadini ad un ruolo del tutto passivo. Dove Dossetti dà il meglio di sé è nelle conclusioni, quando proietta sul futuro il lavoro svolto e lo fa con una suggestione che allora colpì. Annota..
”Dal popolo bolognese è venuta soprattutto una indicazione e una certezza che nessuna analisi avrebbe potuto cogliere:cioè l’immobilismo conservatore, la mancanza di previsioni, di programmazioni, di inventiva da parte dell’Amministrazione Dozza non corrispondono per nulla alle possibilità reali del popolo di Bologna: questo ha in sé tesori di energie e di speranze che i dirigenti comunisti hanno ignorato, sottovalutato, forse volutamente disprezzato per pregiudizi ideologici, per mancanza di fiducia..
” Quando Giuseppe Dossetti ubbidì all’invito del Cardinale Giacomo Lercaro di guidare la campagna elettorale per la D.C. nel maggio del 1956, l’esperienza politica era già uscita dai suoi interessi ed impegni. E’un ritorno sulla scena pubblica che allontanerà ancora una volta la scelta vocazionale per il sacerdozio che Dossetti da tempo coltivava dentro di sé: la parentesi si chiuderà, tuttavia, il 6 gennaio 1959 con l’ordinazione presbiterale sempre da parte di Lercaro. E questo in qualche modo avviene perché dal duello con Dozza, Dossetti esce sconfitto. Ma è una sconfitta del tutto contingente, dettata dai numeri che certamente nella vita democratica hanno un peso, ma mai un risultato negativo di tal genere aprì la strada ad una vittoria sui tempi lunghi. Sul metodo -innanzi tutto- che Dossetti aveva individuato e che da lì fece scuola; una vittoria – soprattutto - su tante proposte contenute nel “Libro Bianco” e che in seguito divennero realizzazioni decise e portate avanti anche da chi, nelle elezioni aveva vinto ma aveva dovuto ammettere la bontà ed anche la superiorità dei contenuti di chi in quel maggio del ‘56 era risultato soccombente. Fu una competizione durissima con echi a livello nazionale e nella quale Dossetti manifestò tutto il suo carattere di persona dotata di una cultura profonda, di una intelligenza straordinaria combinate con un rigore quasi intransigente. Competizione che risentì anche dei suoi rapporti con il Partito Comunista di allora e che Lercaro gli chiese di sfidare nella città simbolo del comunismo d’occidente. E’ sulle montagne dell’Appennino emiliano che il giovane professore-partigiano intravede la forza del P.C.I. e la inesorabile radicalità dei suoi esponenti.Ed è su quelle montagne che prende forma il particolare antagonismo, venato di forte spirito concorrenziale, che segnerà poi il rapporto fra la sinistra cristiana di Dossetti e il mondo marxista. Dossetti diffida dei comunisti, ma ne ammira -temendola- la capacità organizzativa. E nell’occasione della battaglia per Palazzo d’Accursio tutto questo avviene: Dozza sarà ancora Sindaco, ma qualcosa è cambiato o meglio un seme è stato gettato e il Libro Bianco su Bologna darà una pianta rigogliosa. Alcune delle proposte che vi sono contenute conservano una permanente validità ed una (quella dei quartieri) è passata alla storia italiana incardinata in una Legge dello Stato. Vediamo alcune ipotesi di lavoro….” se vogliamo che i vigili urbani non si limitino al controllo del traffico e delle norme di polizia urbana e di altri regolamenti, ma anche abbiano la funzione più larga di moderatori della quiete pubblica, con una presenza diurna e notturna nel quartiere, conviene consentire un durevole servizio di gruppi di vigili presso uno stesso Comando di settore, così da consentire ad essi una maggiore conoscenza della zona….” E ancora sui temi della socialità…” E’ per quei casi di più grave e improvvisa miseria materiale e morale (sfrattati, malati, convalescenti, senza lavoro, ecc) che l’assistente sociale di quartiere può e deve intervenire con una azione propria e tale che non si tratti di interventi staccati ma pezzi di un unico disegno cui chiamare a concorrere una pluralità di istanze pubbliche e private”….. Dunque i “quartieri”, un nome diventato magico e che si lega intimamente al “Libro Bianco” valorizzandosi reciprocamente. Come nasce l’idea? A cinquant’anni di distanza, la ricostruzione di quel periodo della vita cittadina consente collegamenti e sintesi di grande spessore. E’ l’epoca in cui a Bologna la campagna che circondava la città, che la separava dai Comuni confinanti, aveva lasciato il posto ad una crescente periferia, anonima e a tratti squallida. Il primo che si muove è l’Arcivescovo che offre una risposta completa per recuperare e superare un tale fenomeno impostando la costruzione di oltre cinquanta Chiese come occasione più vera affinché ogni piccola porzione della città potesse diventare una comunità attiva e reciprocamente partecipe. Vi era in Lui un impegno forte perché quegli uomini e quel pezzo di territorio potessero godere di condizioni per una esistenza complessiva dignitosa. Il fine ultimo non era la costruzione di una Chiesa,bensì la Chiesa incarnata nel quartiere. E quasi con intuizione simmetrica, Dossetti, nel suo”Libro Bianco”, individua l’articolazione amministrativa della città con modalità decentrate. Il forte sodalizio bolognese fra Lercaro e Dossetti comincia proprio in quel periodo e si snoda, dapprima ,su strade parallele, ma entrambe cospiranti al fine di dare risposte al divenire di una città che si stava ingrandendo con modalità del tutto casuali. Da un lato vi è la risposta in termini ecclesiali con al centro la dimensione liturgica come momento di coagulo di una nascente comunità e, dall’altro, vi è il non meno importante aspetto socio-politico elaborato, proposto e vissuto nella prima fase da una delle menti più preziose e fervide del cattolicesimo democratico come Dossetti.
Il “Libro Bianco” con le idee e le proposte per il futuro della città è già stato letto, riletto, studiato e girato come un calzino da generazioni di amministratori di tutte le parti politiche. Ma la suggestione che vi si trova - e dà un marchio all’insieme - sta proprio in quella novità fra il politico, l’amministrativo ed il sogno rappresentato dall’articolazione di Bologna in quartieri. Una proposta inattesa, del tutto nuova nello scenario delle città italiane,ma capace di mobilitare la politica perché si facesse carico di offrire ai vecchi e nuovi abitanti di Bologna, ed in particolare a chi si insediava nelle nuove periferie venendo dalla campagna e dalla montagna , una occasione per contribuire a costruire la propria, nuova comunità. Da quel momento la parola “partecipazione” diventa ad un tempo un messaggio ed un impegno perché sia possibile, per ogni persona generosa, interessarsi al proprio quartiere:dove costruire scuole, fare impianti sportivi, conservare o allestire il verde, come erogare, con equità i servizi comunali resi alla persona e così via: “partecipazione” dunque -ovvero- la chiave preziosa per accedere alla vita democratica! Poi…le scelte personali di Dossetti posizionarono la sua esistenza in altro modo: come sacerdote e monaco al servizio della Chiesa, ma dentro di lui rimase vivissimo l’interesse per quello che era stato l’impegno pubblico. Vi è un passaggio molto significativo, al riguardo, nell’omelia funebre che il Card.Giacomo Biffi pronunciò il 18 dicembre 1996 nel giorno dei funerali di Dossetti nella Basilica di S.Petronio a Bologna (era deceduto il 15 dicembre ad Oliveto vicino a Monteveglio ove aveva fondato la comunità monastica) quando l’allora Arcivescovo ricordando una sua visita del 1974 a Dossetti in Terra Santa, a Gerico dice…..”trovammo anche, inaspettatamente, che non si era per niente affievolita la sua attenzione e la sua passione per le sorti civili, politiche e sociali del nostro paese. Aveva sì mutato il suo giudizio sulla forma concreta e operativa del suo impegno personale di uomo e di credente, che ormai aveva fatto un’altra scelta di vita; ma non erano affatto decadute o illanguidite le motivazioni che a suo tempo avevano ispirato e sorretto quell’impegno. Motivazioni che poi, a ben riflettere, si identificano con il comando evangelico dell’amore: dell’amore di Dio e dell’amore del prossimo”….. I COMMERCIANTI DI OGNI TENDENZA, A BOLOGNA, CHIEDONO ASCOLTO E PARTECIPAZIONE
 QUALCOSA CHE NON VA IN QUESTAGIUNTA CI SARA' PURE, Sig. SINDACO! Il nostro circolo s'è mosso, ha preso posizione per una città sicura e vitale!BOLOGNA DEVE VIVERE!
 Lettera aperta al Sindaco di Bologna di Franco Gasparini Gli scriventi circoli della Margherita non sono insensibili alle motivazioni che hanno portato le associazioni di categoria del commercio ad una corale “manifestazione per Bologna”. Ciò è indice di grave malessere ed una ulteriore emersione di conflittualità. La politica del Comune, a colpi di decreti, è l’antitesi della ricerca di un confronto paziente e sistematico che occorre a Bologna. Esprimiamo una voce di assenso  alle motivazioni che stanno alla base di
Confesercenti e
 Ascom in particolare,  affinché si possa permettere ai Cittadini ed ai consumatori di vivere la città 
 come è nella tradizione di Bologna. Ricordiamo in tal senso le parole e lo spirito del
 Cardinal Caffarra quando afferma di avere la paziente ricerca del dialogo delle pari dignità in quanto sono l’anticamera necessaria della legalità.
 Lavorare e Produrre  Pensiero Sociale  Enrico Mattei  per una Politica Intercomunale Democrazia e Libertà  Bologna Est e circoli del comparto sanità e sociale della città di BolognaCommercianti e Cittadini: "Noi amiamo Bologna"
 IL CONFRONTO I commercianti in ComuneLa manifestazione indetta dai commercianti per l’11 di ottobre è stata una iniziativa importante e nello stesso tempo significativa di un disagio che non può essere sottaciuto. E’ importante perché fa emergere una volontà di collaborare con l’Amministrazione comunale segnalando alcuni aspetti di difficoltà del tessuto socio-economico cittadino che tutti ci riguarda. Segnala un disagio che chiama in causa il Governo della città che in questa vicenda ha dimostrato di essere distante da una rete dal valore economico e storico grandissimo come è quella dei commercianti. Sarebbe un errore sottovalutare i punti alla base della manifestazione che fanno onore ha chi ha ritenuto giustamente di allargare il tema pur importante dell’orario dei negozio. Far presente che il degrado urbano ha raggiunto limiti altissimi e che i rapporti interpersonali sono a volte in difficoltà per la presenza di forme neanche più tanto nascoste di violenza in particolare alle donne, reclama un che fare da parte del Comune in forme rinnovate. La partecipazione della gente alla vita pubblica non è un qualche cosa da far uscire da chissà quale laboratorio della Giunta.
LA PROTESTA DEI COMMERCIANTIE’ sufficiente la volontà politica di ascoltare i cittadini valorizzando ciò che di valido propongono. I commercianti di cose buone ne propongono tante peccato che si sono scontrati con una sordità nel Palazzo che è diventata purtroppo un fatto consuetudinario, ma che va assolutamente rimossa.
 DALLA ASSEMBLEA PER IL PARTITO DEMOCRATICO Bologna –
 Cappella Farnese – Lunedì 17 ottobre 2006 - Il progetto della nascita di una nuova formazione politica, plurale, popolare, fortemente radicata nella società, che dia compimento all’esperienza dell’Ulivo, unendo le culture riformiste che fanno riferimento alla storia del movimento operaio ed alle diverse espressioni della sinistra socialista, laica e democratica, cattolico democratiche, laiche e liberal democratiche, ambientaliste rappresenta una grande opportunità per il rinnovamento del Paese e per far vivere, nel futuro, i valori di equità sociale, libertà e democrazia che rappresentano i riferimenti ideali del riformismo. Siamo convinti dell’importanza del coinvolgimento nel dibattito che si è aperto di tante forze, energie, intelligenze, anche critiche, che ne rappresentano gli interlocutori ed i protagonisti naturali: che è già attivo nelle forze politiche, chi, iscritto o non iscritto ad un partito, rappresenta l’Ulivo nelle istituzioni, chi è già impegnato nelle associazioni di cittadini che sono in campo per il Partito Democratico, ma, soprattutto, tante donne e uomini, oggi non attivi politicamente, che hanno partecipato alle elezioni primarie e che, più in generale, siano interessati ad essere protagonisti della sfida del rinnovamento della politica, da realizzare attraverso un suo più forte radicamento sul territorio, nei luoghi di studio e di lavoro, fra le giovani generazioni. Da Bologna può venire un contributo originale ad un percorso che ha inevitabilmente un respiro nazionale, nella terra che ha visto esprimersi l’esperienza riformista della sinistra di governo, dove è stato particolarmente fecondo l’incontro fra questa esperienza ed il cattolicesimo democratico, dove è nato l’Ulivo, dove è particolarmente forte il pensiero delle donne e l’elaborazione della cultura della differenza di genere, dove lavoro ed impresa si sono incontrati su una idea di sviluppo ambientalmente e socialmente equilibrato, si può sviluppare un dibattito aperto e plurale, aperto a tante voci, anche critiche o problematiche, ad altre forze politiche dell’Unione, al mondo del lavoro, dell’impresa privata e cooperativa, dell’associazionismo, delle professioni. Il nostro tavolo di lavoro vuole promuovere questo dibattito, coordinare tante opportunità di discussione e di dialogo, senza limitare o condizionare in alcun modo l’autonomia dei soggetti che vi partecipano, ma con la volontà di realizzare concretamente quell’incontro fra storie ed identità diverse, che rappresenta insieme la sfida ed il valore del progetto del Partito Democratico. No, questo complotto non è verosimile Da Europa del 21/10/06 Ora ci si mette anche Rina Gagliardi su Liberazione. Non bastavano le teorie di Pasquino sull’Unità, i retroscena sovraeccitati dei grandi giornali e la zizzania dell’opposizione. No, ci vuole anche lo scenario strategico, che affida a Prodi e al Prc il ruolo di vittime designate di un’operazione a vasto raggio, che poi alla fine è sempre la stessa: farli fuori entrambi, per sostituirli con un esecutivo di simpatie confindustriali, a baricentro neocentrista e di transizione istituzionale con annessa riforma elettorale. Scadenza dell’operazione: primavera 2007. Nulla si può fare finché c’è la Finanziaria, ma da un minuto dopo il governo e le componenti più di sinistra sono destinati a ballare. Non c’è autolesionismo in questa analisi che coincide con le denunce, più o meno condivise da ambienti governativi, a proposito di una replica della defenestrazione del ’98. C’è al contrario il tentativo di bloccare il quadro politico. Ciò che facilmente è stato fatto ai danni del Tavolo dei volenterosi, lo si vuole replicare su scala più ampia disinnescando la fase delle riforme liberalizzatrici.  
È però un tentativo debole. Minato dall’inverosimiglianza dell’operazione che viene denunciata. Primo: anche il più animoso dei leader riformisti sa che una replica del ’98 lo condannerebbe alla dannazione. Secondo: Berlusconi non ha una coalizione pronta alla rivincita, deve tenere alta la tensione e avrebbe da rimetterci in una fase di decantazione. Terzo: Fini, il successore, ha bisogno di tempo per completare la propria personale transizione. Quarto: chi sta lavorando per il Partito democratico lo vuole davvero, è andato troppo avanti per rimanere in mezzo al guado. È vero che si tratta di una esigenza strategica che in teoria può vivere anche senza Prodi a palazzo Chigi:
ma condurre in porto l’operazione (già così complessa) tra una crisi di governo e una vigilia elettorale, questo è proprio al di sopra delle umane capacità. LETTERA AL PROF. GIANFRANCO PASQUINO
 Il Prof. Gianfranco Pasquino spesso, nei suoi interventi, dimostra la sua scarsa simpatia, per quelli da lui definiti ex-popolari, che sarebbero solo alla ricerca di “nicchie” di tipo di correntizio. Il Professore, come capita spesso ad altri professori sbaglia, (noi sui professori o sui managers in politica rimandiamo il Prof. Pasquino a quanto scrive il suo collega Ralf Dahrendorf).
A Bologna, a differenza del livello nazionale dove il dibattito è vivace e pluralista, la marcia “possente”, verso il Partito Democratico, come la definisce il Professore e inaugurata dalle primarie, rischia di trasformarsi in una fusione “fredda”. Questo perché la famosa “società civile”, sempre evocata, non è solo quella frequentata dal Professore. C’è, infatti, una Bologna che ha un’altra storia, che rappresenta però soggetti sociali che non possono essere estranei. Ancor peggio sarebbe percepire il Partito Democratico come estraneo a tali realtà. Quindi la famosa contaminazione ideologica, spesso evocata, a Bologna non è avvenuta a causa di un certo fondamentalismo ideologico,. La diffidenza e la freddezza persistenti del segmento nettamente maggioritario del mondo cattolico è rimasta immutata. E ciò al di là degli eccellenti rapporti fra Sindaco e gerarchie ecclesiastiche. Così il mondo legato a valori sempre validi del moderatismo liberale post-democristiano o anche laico “giolittiano” continuano ad essere lontani. A Bologna le Istituzioni e i posti di responsabilità sono pieni degli eredi di quel laicismo che quando c’era il PCI votavano alle politiche DC ed alle amministrative comunista ed erano ben inseriti nel governo della città in posti importanti e ben remunerati esattamente come adesso anche se non hanno più bisogno di votare per la DC. Nelle Istituzioni abbiamo poi un gran numero di cattolici adulti ma i cattolici bambini, come li chiama Cossiga e sono tantissimi, rimangono lontani e non sentono proprio il progetto del Partito Democratico. Questo accade a causa di un’auto-referenzialità di tipo clericale, esercitata dalla sinistra nelle varie salse e da un certo pensiero debole di non pochi cattolici con responsabilità istituzionali. Noi cerchiamo di dare voce a questo mondo nel partito della “Margherita”, il cui stato e la cui anemia politica stanno lì a dimostrare, nella modestia dei risultati, che noi abbiamo ragione.
Questo vogliono gli ex-popolari e per questo si battono parlando e proponendo nel partito della “Margherita” e nell’”Officina delle Idee”.  Angelo Rambaldi