Friendship

La guerra vista da Israele


Non posso fare a meno di riportare stralci di articoli che mi hanno colpito particolarmente. Oggi riporto passi di un lungo documento  intitolato <Come in Spagna nel '36 > di Bernard-Henry Lévy apparso sul Corsera di oggi, 27 luglio 2006, pagg. 8 e 9 ."Oggi 17 luglio è l'anniversario dello scoppio della guerra di Spagna. Sono passati settant'anni dal putsch dei generali che diede l'avvio alla guerra civile, ideologica e internazionale voluta dal fascismo dell'epoca.  E non posso non pensarci, non posso non fare l'accostamento mentre atterro a Tel Aviv.  La Siria dietro le quinte...L'Iran di Ahamadinejad pronto all'azione.   L'Hezbollah di cui tutti sanno che è un piccolo Iran, o un piccolo tiranno che non ha esitato a prendere in ostaggio il Libano.E come sfondo il fascismo con il volto dell'integralismo islamico, quel terzo fascismo che, come tutto indica, sta alla nostra generazione come l'altro fascismo, poi il totalitarismo comunista, stavano a quella dei nostri padri. ...."Haifa. La mia città preferita in Israele. La grande città cosmopolita dove ebrei e arabi coabitano fin dalla fondazione del Paese.  Anch'essa è una città morta.  Una città fantasma.  E pure qui, dalle alture alberate del Monte Carmel fino al   mare   , ecco l'urlo delle sirene che, a intervalli quasi regolari, obbliga le rare automobili a fermarsi, gli ultimi passanti a precipitarsi nelle metropolitane e che, soprattutto, rende improvvisamente palpabile l'incubo degli israeliani da quarant'anni.Infatti il problema, mi dice in sostanza Zivit Seri, l'esile, graziosa madre di famiglia i cui modi un po' goffi e l'aria indifesa mi commuovono come mi commuovevano una volta i corpi di Sarajevo, il problema mi spiega, guidandomi fra gli edifici distrutti di Bat Galim, letteralmente - la figlia delle onde - che è il quartiere della città ad aver maggiormente sofferto per i bombardamenti, il problema, dunque, non sono soltanto le persone uccise:  Israele vi è abituata.  E nemmeno il fatto che qui non si prendono di mira obiettivi militari, ma obiettivi deliberatamente civili: anche questo lo sapevamo.No, il problema, quello vero, è che i bombardamenti fanno intuire quello che accadrà un giorno, non necessariamente molto lontano, dove le stesse testate di missili avranno un doppio potere: primo, di mirare ancora più giusto e di colpire, per esempio, le installazioni petrolchimiche che vedete laggiù, sul porto; secondo, d'essere equipaggiate esse stesse di armi  chimiche  capaci di seminare una desolazione al cui confronto   Chernobyl e  11 settembre     messi insieme appariranno come un piacevole preludio...""Gli istraeliani non sono dei santi. Ed è evidente che sono capaci, in una situazione di guerra, di operazioni, manipolazioni, dinieghi machiavellici.  Eppure, un segno indica che questa guerra qui non l'hanno voluta ed è caduta loro addosso come una cattiva sorte"...."quello che non avevo mai visto è un ministro della Difesa che corrisponde così esattamente alle famose parole di Malraux sui comandanti del miracolo che "fanno la guerra senza amarla" e che, proprio per questa ragione 'finiscono sempre per vincerla':  Amir Peretz, come i personaggi di André Malraux, vincerà.  Ma il fatto che sia stato nominato indica che Israele, dopo i ritiri dal Libano e da Gaza, pensava di entrare in una nuova era, dove    occorreva   preparare la pace, non la guerra..."