Sado Caustico

Non facciamo confusione


Esattamente 1900 anni fa, nel lontano 106 d. C. l’Imperatore Traiano portò a termine la conquista dei territori della Dacia, e subito dopo si affrettò a celebrarne la vittoria riportandola sulla sua celebre colonna Traiana. Erano infatti già almeno 150 anni l’Impero Romano aveva puntato gli occhi su quello sperduto lembo di terra situato sulle rive del Mar Nero. In effetti anche Giulio Cesare, prima di essere assassinato, aveva progettato l’invasione  di quel territorio che era così lontano da Roma  ma lo stesso era così appetibile per le sue inesauribili risorse di quelle materie prime che i romani andavano cercando ovunque: oro, ferro e sale. Si trattava in definitiva di una piccola provincia di confine e quindi particolarmente difficile da difendere, ma fu proprio la sua ricchezza che ne favorì dapprima l’invasione e successivamente una molto intensa immigrazione di coloni romani, che lì trasportarono i loro usi, i loro costumi, la loro lingua e i loro geni, unendosi con gran soddisfazione a  quelle che già allora erano descritte come donne di una bellezza tale da andare oltre ogni immaginazione. Al di là del confine della Dacia stanziavano però tribù barbare e bellicose, gli scontri armati si protrassero per anni e anni, finchè l’Imperatore Aureliano nel 271 d. C. ordinò alle sue Legioni di lasciare la provincia e di ritirarsi al di qua del Danubio, un confine naturale difficile da superare per i barbari. La provincia Dacia e tutti i suoi coloni furono quindi abbandonati a se stessi, e a causa di questo vergognoso atto di viltà romana, il territorio e la popolazione rimasero completamente indifesi. Di questa opportunità approfittarono subito i barbari e nei secoli si susseguirono qualcosa come quasi venti invasioni barbariche: Cimmeri, Alani, Lazigi, Aorsi, Iasi, Eruli, Goti, Vandali, Longobardi, Sassoni, Unni, Avari, Proto-Bulgari, Blachi,Tartari, Mongoli, Ungheresi, Siculi e Slavi. Tutti misero a ferro e fuoco quelle lande, rubando, uccidendo e depredando qualsiasi cosa. Ma la Dacia era un territorio fortunatamente dotato di una conformazione particolarissima: una vastissima pianura semicircolare con al centro una catena montuosa altissima ed inespugnabile, i Carpazi. Ad ogni invasione, i barbari dilagavano sulle pianure coltivate e rubavano tutto il possibile, gli abitanti però non facevano altro che salire in montagna ed aspettare che i barbari se ne andassero dopo aver esaurito ogni risorsa. A quel punto le popolazioni ridiscendevano in pianura e ricominciavano pazientemente a ricostruire tutto. In questo modo ingegnoso quel popolo sfortunato limitò al minimo indispensabile i contatti e le commistioni con i popoli invasori e, oltre a salvarsi la pelle, mantenne gelosamente inalterate le proprie radici latine. Solo molte centinaia di anni più tardi ci si accorse che lì, sulle rive di quel mare chiuso, era nato un linguaggio che era l’unica lingua neolatina al mondo che si fosse sviluppata autonomamente al di fuori del bacino del mediterraneo. Guarda caso il primo documento redatto in quella lingua è un atto notarile redatto da un notaio di una città che oggi è una stazione sciistica, Brasov, in montagna, manco a dirlo. Sto evidentemente parlando della Romania, sto parlando di una nazione in cui anche durante la cortina di ferro, anche ai tempi di Ceasescu, lo studio del latino o dell’italiano, erano materie obbligatorie a scuola. Sto parlando di una nazione che ha sempre vissuto e combattuto strenuamente per difendere le proprie radici latine e cristiane in mezzo ad un mare sconfinato di slavi e mulsulmani. Sto parlando di una nazione che ha sempre visto sulle rive del mar mediterraneo le proprie radici, i propri avi, il proprio passato e il proprio futuro.Tutto ciò mi è servito come antefatto, per fornire le basi storiche necessarie a capire, a comprendere che i flussi migratori dalla Romania non sono uguali agli altri, che c’è una differenza sostanziale, basata sulla storia e sulla cultura. Ormai da troppo tempo è partita una campagna di disinformazione che non tiene conto della storia e delle responsabilità che abbiamo nei confronti di questo popolo nostro fratello, vero caro Emilio Fede? Da sempre i romeni hanno visto l’Italia come una seconda patria, e di romeni qui in Italia ce ne sono sempre stati tantissimi, integrati, laboriosi, onesti, gente per bene che paga le tasse. Poi le frontiere sono state abbattute e una masnada di delinquenti ci ha invaso, ma questi criminali non hanno nulla a che vedere con i romeni che già erano qui, e con la maggior parte di quelli che continuano ad arrivare. Il fatto è che la Comunità Europea è stata ideata per nazioni progredite, poi è stata allargata a nazioni meno progredite, e questi sono i risultati di una politica miope. Lo sbaglio è stato nostro, non loro. Finchè ci sono stati i controlli alle frontiere i delinquenti sono rimasti a casa loro, ma poi… quando il gatto non c’è i topi ballano, e in questo ogni mondo è paese. Ad ogni modo io mi ripeto in continuazione che se c’è una nazione che non può recriminare in certe situazioni, questa è proprio l’Italia. Non dimentichiamoci che fino a buona parte del secolo scorso i due maggiori prodotti di esportazione italiani sono stati i morti di fame e la mafia, poi i tempi sono cambiati, ma questo non ci permette di perdere la memoria e soprattutto ci obbliga ad essere molto più comprensivi ed ospitali di tutte le altre nazioni europee, con buona pace di tutti i leghisti e di tutti i sodali dello psiconano, perchè hanno anche loro parenti nelle americhe o in australia. Certamente i delinquenti devono stare in galera, e i delinquenti espatriati è meglio che tornino a casa loro. Una nazione come la Romania non può abbattere del 26% i propri eventi criminali a scapito delle altre nazioni. Certi problemi ognuno deve risolverseli da solo, a casa sua. Ma difendersi è lecito ed è un conto, e stimolare il razzismo e la xenofobia è un altro conto. Si facciano le leggi, e che siano uguali per tutti, ma che il signor Emilio Fede & Co. la piantino di puntare sempre il dito verso una specifica popolazione, perché se al caro Beppe Grillo è stato rimproverato di voler armare la mano di qualche assassino che fortunatamente finora non si è visto, purtroppo di cretini che usano a casaccio la violenza cieca contro i romeni per bene se ne sono già visti troppi.