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FEDE E POTERE

Post n°3 pubblicato il 03 Marzo 2011 da stalin

PADOVA. Fede, affari, potere. Dalla «creatura» di don Giussani fino al «sistema» di Formigoni & C: Comunione e liberazione (l’alternativa alla Chiesa conciliare) si è trasformata nella Compagnia delle Opere indissolubilmente legata alla politica (non solo di centrodestra). E’ la lobby di Dio perfettamente descritta dal libro di Ferruccio Pinotti e Giovanni Viafora, cronisti puntuali in grado di offrire la prima compiuta «radiografia storica» di una realtà che anche in Veneto fa discutere.

Prima della pubblicazione di questa mole di informazioni di dominio pubblico, forse c’era chi ancora poteva arrampicarsi sugli specchi, sminuire nessi evidenti, negare appartenenze o fingere di non immaginare. Adesso, non più: è tutto squadernato fin nei dettagli. Compresa la fedeltà di Pierluigi Bersani (con il suo braccio destro Filippo Penati) e la “vocazione” di Matteo Renzi che tanto va di moda nel miope furore democratico.

E’ lo stesso humus della cosiddetta sussidiarietà che ha attecchito in Calabria come in Veneto. Perfino al di là delle inchieste della magistratura, l’organizzazione di questi «cattolici leninisti» si è prima incistata nei gangli del pubblico e poi ha macinato spietatamente finanziamenti, appalti, concessioni, contributi. Fino a diventare potere forte, dietro la facciata ammiccante della comunità religiosa. Tant’è che il Corriere della Sera ha definito il sindaco Flavio Zanonato «il Formigoni del Veneto». Ma sanità e Università (pubbliche) di Padova si dimostrano nei loro vertici più che ostaggio dei Memores Domini. A Venezia, invece, brilla il riferimento ecclesiastico e a Verona si è appena riorganizzata la CdO che fa «ponte» con la Lombardia.

Pinotti e Viafora accendono i riflettori, documentano tutto, evidenziano legami e storie. Vale davvero la pena leggersi anche le note a pie’ di pagina, perché dalle mani sulla politica e sull’economia si scopre un business che fa impallidire la stessa mitologia del Nord Est. Chi si immagina un libro «giustizialista» fa male i conti: il garantismo è fondamento della cultura laica. Se si pensa alla solita «inchiesta a tesi», è un altro errore: le testimonianze in presa diretta non occultano niente, nel bene e nel male. Infine, non c’è nessuna paura a chiamare persone, fatti e atti pubblici per nome e cognome: il re nudo è incapace di intimidire.

E’ la lobby formato holding con tanto di società anonime all’estero. Con coperture politiche che spaziano dalla Dc degli «squali» fino al Cavaliere e ai rami business oriented della vecchia Quercia. Con chiare complicità di convenienza perfino dentro le carceri. Dio fa da contraltare alle carriere di Lupi, Mauro, Vittadini, Debellini, Scholtz. E’ il bene pubblico che s’inabissa nel privato «sociale» fino a coincidere con il circolo ristretto degli «eletti» che grantiscono i voti.

Un’Italia di intoccabili e innominabili. Il libro di Pinotti e Viafora, al contrario, li cita uno per uno. Per di più connettendo funzioni, mappando gli interessi, verificando conti. Sintomatico il caso della sanità lombarda, accreditata di eccellenze gestionali più che paragonabili a quelle di casa nostra. Enrico De Alessandri (funzionario dell’assessorato regionale alla Sanità), è stato sospeso dal lavoro, dal 16 novembre al 16 dicembre 2009. Ha avuto la colpa di dare alle stampe Comunione e liberazione: assalto al potere in Lombardia, in cui dimostra il «potere monopolistico» di Cl con l’occupazione «militare» dei centri di potere. Ancor più inquietante l’esperienza di Alessandro Ce (capogruppo leghista alla Camera dal giugno 2001 all’estate 2005): racconta cosa significa, da medico e assessore regionale alla Sanità, «convivere» con i seguaci di Formigoni nell’amministrare 16 miliardi di euro. «Confrontarsi con una realtà così è stato devastante, per me c’è anche in Veneto; c’è un pacco alto così di società, enti, consiglieri di amministrazione, collegi di revisione che non fanno nulla, non segnalano mai niente, zero assoluto». Zaia è avvisato.

Del resto, un paio d’anni fa Eugenio Scalfari scriveva: «Nemmeno la mafia a Palermo ha tanto potere. Negli ospedali, nell’assistenza, nell’università…». Pinotti e Viafora non hanno aspettato il richiamo del Capo dello Stato per applicarsi al giornalismo d’inchiesta: «Fanno parte della Compagnia delle opere aziende come Aslan di Padova (sanificazione e sterilizzazione con ozono). E le Industrie Guido Malvestio Spa, una societa che fornisce arredamenti per la sanità». E sempre per restare alla «compagnia dei pellegrini» formato Vip, si scopre il segreto dell’acqua calda: «Fa capo alla Cdo anche la cooperativa sociale Giotto, che ha vinto l’appalto – all’interno del carcere Due Palazzi – per il lavoro dei detenuti, ricevendo sostanziosi finanziamenti dall’Unione europea e dalla Cassa di Risparmio. Tra i progetti finanziati c’e quello della costruzione di 27 call center per il lavoro dei detenuti all’interno del carcere: attualmente ne sarebbero attivi solo quattro. Sfruttando il buon nome della CdO, la cooperativa Giotto ha stretto un accordo con l’Azienda ospedaliera di Padova, ottenendo che il servizio di prenotazione delle visite specializzate dell’ospedale di Padova fosse affidato al call center del carcere».

Tutto nero su bianco. Con accesso agli atti pubblici. Informazione allo stato puro. Con buona pace della comunicazione istituzionale in perenne conflitto d’interesse, che non sopporta la «curiosità criminale» in grado di rivelare cosa c’è dietro le quinte.

Questo libro di Pinotti e Viafora dovrebbe essere adottato dall’Ordine dei Giornalisti, non solo per l’esame professionale. Potrebbe diventare un’ottima materia di approfondimento per i ricercatori, alle prese con il doppio gioco del Bo. Sarebbe soprattutto il miglior antidoto alla cura senza consenso informato che regna in via Giustiniani. Insomma, da domani nessuno potrà più cadere dalle nuvole.

E’ già successo vent’anni fa. Anche all’epoca, la lobby era stata descritta con largo anticipo. Basta saper leggere per evitare di essere complici o, peggio, conniventi.

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