a man in the dark

CERTE VERITA' SVELATE


Parlai, a quale gente e in quale tempo non so, di coscienza eugenetica, una sorta di progressione spirituale quale unica via per la comprensione delle degenerazioni umane... ma quei tempi non erano, tuttavia, in sintonia con l'educazione del pensiero da parte di un'intelligenza ancora sulla via delle conoscenze. Né, d'altro canto, può dirsi che che lo siano adesso: è come se si fosse passati da una condizione metafisicofobica (in cui il cammino dell'uomo era quasi totalmente regolato da convincimenti superstiziosi e teocratici) ad una cartesianofobica, ossia dominata dall'imperatività delle scienze (le quali scienze, appunto, sono un procedere costante per tentativi ed errori, ritenendosi certo e provato solo ciò che è scientificamente ripetibile). Tutti gli studi sulla percezione, sui fattori che ne influenzano la portata, sui costrutti interiori che contribuiscono alla costruzione della realtà e sulla combinazione tra variabili esterne ed interne al processo percettivo e alla sintesi elaborativa del cervello non sono serviti a dare all'uomo una traccia significativa della verità sul proprio mondo né tanto meno sui mondi oltre la realtà tangibile. Quando finalmente il sopraggiungere delle nanoscienze avrebbe potuto indicare l'infinita vastità delle esistenze possibili  (giacché l'invisibile esiste, a dispetto dei principi di concretezza e di riproducibilità) l'uomo ha concentrato tutti i suoi sforzi sulla comprensione dei risultati ottenibili con l'ausilio delle microtecnologie (che, se si considerano i confini della portata umana, sono pure eccellenti, ma non esaustivi).Così se da un lato poteva essere archeologico e superstizioso il sapere antico che postulava la rigenerazione dei tessuti umani e, quindi, degli organi, attraverso un canale di comunicazione con l'invisibile (di visibile c'era il connubio di luce e colore con le loro leggi di modulazione che si traducevano in formule magiche per il tempo ad opera di sacerdoti addestrati) ora diviene regressivo e preistorico, ma soprattutto estremamente lento e faticoso, raggiungere, attraverso l'esperienza diretta e le verità coglibili dal solo intelletto, anche solo un miliardesimo di ciò che l'integrazione pluridimensionale, cioè tra forme di intelletto e prerogative dimensionali, consentirebbe.In ultimo, e quì si interrompe il mio predicare, sarebbe auspicabile, non tanto il concentrarsi sulla conoscenza multidimensionale, quanto sulle vie possibili alla conoscenza dimensionale: sarebbe come dire che non è importante conoscere quanti universi paralleli esistono ma quali vie sono possibili per raggiungerli (dato che nessun meccanismo umano, per quanto sofisticato, potrà mai colmare simili distanze).Vittorio