Chésta lé casa mè

LE CONVERTITE


Claudio Galzerano* e Vincenzo Di Peso**Le convertiteLa nuova frontiera della minaccia terroristica di matrice religiosa passa attraverso il reclutamento di giovani donne, spesso occidentali, che abbracciano l’Islam
Da tempo Al Qaeda sta cercando di compensare l’affievolimento della propria capacità operativa (causata dalla significativa perdita di uomini e mezzi) con la capillare diffusione della sua ideologia, allo scopo, soprattutto, di reclutare nuovi adepti.In una società dominata dalla cultura digitale e che ci consente (o ci impone) di essere permanentemente connessi, le potenzialità offerte dagli strumenti informatici e dai nuovi mezzi di comunicazione sono ampiamente sfruttate anche dalle organizzazioni terroristiche di matrice religiosa.Non a caso, tali organizzazioni hanno pianificato massicce campagne di propaganda nel Web indirizzate in prevalenza verso i giovani musulmani residenti nei Paesi occidentali. Ne deriva che oggi ci troviamo a fronteggiare una minaccia terroristica estremamente frammentata e, nello stesso tempo, più pervasiva che in passato, in grado di assumere i volti più diversi.Anche quello di una donna occidentale.Negli Stati Uniti e in alcuni Paesi europei si è assistito al fenomeno di donne convertitesi all’Islam,in taluni casi dopo essersi sposate con un musulmano, le quali hanno assunto atteggiamenti più radicali rispetto alle donne di religione islamica dalla nascita.Vi sono esempi di donne convertite che hanno fornito supporto logistico e finanziario, che hanno svolto la funzione di corrieri e che hanno eseguito particolari compiti operativi come la famosa convertita statunitense Jihad Jane, al secolo Colleen LaRose, arrestata nel 2009 con l’accusa di stare organizzando attentati in Europa.Ve ne sono poi altre che si sono occupate dell’aspetto propagandistico e del reclutamento soprattutto sul Web, intessendo una fittissima rete di relazioni.In questa direzione anche in Italia abbiamo colto spunti di significativo interesse.A partire dalla fine degli Anni ’90, infatti, l’antiterrorismo italiano ha dispiegato mezzi, risorse e intelligenze per contrastare un fenomeno – l’integralismo islamico – in quegli anni nuovo e per molti versi sconosciuto al di fuori di un ristretto gruppo di specialisti.Già allora – parliamo del 2000 – ci imbattemmo in una convertita all’Islam, una giovane milanesedi 28 anni, che impegnava tutte le sue risorse per stampare e diffondere un opuscolo dal titolo Al Mujahidat (La combattente).Era un documento scritto in italiano, distribuito, con frequenza mensile, presso diverse moschee del nostro territorio e rivolto in particolare alle donne musulmane.La convertita che ne curava la pubblicazione – una certa Barbara islamizzatasi con il nome di Umm Yahya’ Aisha – era la moglie di un imam senegalese, Abdelkader, che in quegli anni guidava la preghiera in una moschea a Carmagnola, vicino Torino.Costui era noto all’antiterrorismo dal 1996, allorquando fu perquisito dalle Digos di Milano e Torino nell’ambito di una delle prime operazioni di polizia effettuate in direzione dell’integralismo islamico,quella convenzionalmente chiamata Shabka (la rete), conclusasi con l’arresto di diversi estremisti accusati di fare parte di una cellula di supporto logistico dei Gruppi islamici armati algerini. Questo imam, sospettato di essere uno dei punti di riferimento nel nostro Paese per gli aspiranti combattentidesiderosi di raggiungere i territori di jihad, venne espulso verso il Senegal nel 2003 perché ritenuto pericoloso per la sicurezza nazionale. Barbara alias Umm Yahya’ Aisha seguì il marito insieme ai loro figli.segue